Impossibile individuare il momento preciso in cui il dottor Lorenzo Righi cominciò a scivolare verso l'abisso. Se avesse preso nota di tutte le patologie che si era autodiagnosticato, forse le avrebbe prese anche lui meno sul serio, ma le diagnosi sbagliate le cancellava. (p. 47)
Con Ogni rancore è spento, Claudio Piersanti torna a raccontare l'età matura, così come ha fatto in Quel maledetto Vronskij, che gli è valso la finale dello Strega 2022. Solitario forse perché incapace di mantenere relazioni sentimentali; ipocondriaco fino a trasformare la sua ossessione in ore di studio indefesso; refrattario a manifestare i sentimenti: queste sono le caratteristiche che delineano rapidamente un protagonista complesso, Lorenzo Righi. Benché sia un dottore affermato e il suo lavoro (svolto piuttosto cinicamente) in una casa di cura d'élite gli abbia garantito una notevole ricchezza, Lorenzo socialmente è un inetto: quando rientra nella sua grande casa è solo o tuttalpiù c'è Betty, la sua domestica, che gli rivolge attenzioni che la rendono quasi materna. Il protagonista si sente solo, ma fa di tutto per restarlo, per non arrischiarsi a dare e chiedere amore: preferisce finire le sue storie prima che diventino a tutti gli effetti relazioni collaudate e, soprattutto, ha tagliato del tutto i ponti con la sua famiglia d'origine, dopo la morte di sua madre. Del padre sa solo che è in Brasile, dove si è risposato e ha avuto un'altra figlia. L'unica preoccupazione di Lorenzo nei confronti del genitore è trovare un modo per non lasciargli niente in eredità. Sì, perché è convinto che morirà prima del padre ottuagenario.
È un po' per questo, ovvero per pensare a un testamento, che Lorenzo torna a frequentare Paolo, che lui si ostina a chiamare "Mezza Sventola", soprannome della loro giovinezza. L'uomo, suo coetaneo, ha fatto una scelta di vita molto diversa: scialacqua le sue enormi ricchezze tra mogli molto giovani (che si avvicendano e gli chiedono assegni di mantenimento da capogiro), droga, alcol, cibo e piaceri vari. Tutti, manco a dirlo, di estrema qualità. In realtà, l'edonismo di Paolo e il terrore di ammalarsi e morire di Lorenzo rispondono alla stessa mancanza di desideri, come arriveranno a un certo punto del romanzo a dirsi:
«Forse la mia noia e la tua paura della morte sono due facce della stessa medaglia» disse Paolo.«Sono le facce della vecchiaia». (p. 97)
Poi ripiombarono nel loro felpato silenzio che anziché allontanarli li univa in una strana fratellanza. Come due esploratori spaziali osservavano stelle e pianeti attorno a loro. Le parole dello stupore finiscono, lo stupore resta, muto e perfetto, più loquace di qualunque lingua. (pp. 150-151)
Eppure non è solo la ritrovata amicizia con Paolo a sconvolgere la routine di Lorenzo. Ci si mette la sedicenne che Lorenzo si ritrova fuori da casa: si tratta di Rosalba, la figlia che suo padre ha avuto in Brasile. Dunque, tecnicamente... la sua sorellastra! La ragazza è venuta a chiedergli aiuto, ma per che cosa? E soprattutto Lorenzo riuscirà ad abbassare le sue difese? E cosa farà, poi, con Gloria, la bella dottoressa con cui inizia a uscire?
Insomma, in Ogni rancore è spento Claudio Piersanti offre al suo protagonista la possibilità di fare i conti sia col passato sia col futuro, ma questo richiede a Lorenzo Righi di mettere da parte l'attenzione maniacale che rivolge a sé stesso e ai suoi minimi sintomi. E per un ipocondriaco (che peraltro nega di esserlo) questo non è affatto facile.
In Ogni rancore è spento, che talvolta ha il passo della commedia e altrove sembra preparare una tragedia, Piersanti manda in scena un protagonista che esita a salire sul suo palcoscenico, perché non conosce le parole migliori né i gesti per calarsi nella propria vita. Lo stile, che privilegia la paratassi e i dialoghi, non manca però di regalare frasi che, con alcuni guizzi lessicali, ci ricordano che Piersanti è un grande scrittore, anche quando scrive una storia che ben si presterebbe a essere resa sullo schermo.
GMGhioni
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