Unboxing Pandora
di Fabio Pia Mancini
Bao Publishing,
2023
pp. 184
€ 23,00 (cartaceo)
€ 10,99 (ebook)
Dissacrante e inaspettato, Unboxing Pandora parte dal mito per farlo a brani: Clori (quasi sacerdotessa di Pandora, come ci tiene a ribadire lei stessa) si avventura nei fondali oceanici per incontrare le Sirene, piccole creature alate con il dono della preveggenza. Ci va malvolentieri, trascinata dalla compagna d’avventure Echidna e da una buffa sfinge dalle fattezze feline. È polemica, sfacciata e attaccabrighe. Avrebbe preferito recarsi dai più noti oracoli di Delfi, che le avrebbero rivelato la stessa verità che sente ora: che le risposte in merito al suo futuro sono già dentro di lei. È per un atto di fiducia (o forse di sfida), e non senza tentennamenti, che la ragazza inizia a raccontare la propria storia, che comincia per lei alle soglie dell’età adulta, nel
momento della delicata decisione sulla via da intraprendere. Non essendo
concesso alla donna grande spazio nella società del suo tempo, e non volendo
consacrarsi al matrimonio e alla vita domestica come la sua amica Galatea, Clori
sceglie di diventare sacerdotessa,
ma non riesce a sospendere il suo
pungente spirito critico: cerca spiegazioni razionali per tutto, e spesso
le risposte non la soddisfano. Soprattutto non la convince lo scarso
misticismo, l’ipocrisia del ruolo che dovrebbe rivestire. Dal suo slancio di
ribellione, dal rifiuto di accettare una quotidianità monotona da esecutrice di
compiti e pratiche imposti da altri, da una vera e propria furia iconoclasta deriva l’impulso di aprire il vaso intorno a cui si articolano il mito e il culto.
Ma, contro ogni aspettativa, dal vaso escono
effettivamente tutti i mali del mondo
(tra cui il dolore, il rancore, l’acne, le unghie spezzate, e il nefando
“Sandalo con calzino”, che subito l’aggredisce senza scampo), lasciando
indietro solo la goffa Pigrizia, che vorrebbe far paura, ma risulta invece
tenerella e cicciottina. Speranza, che ha le fattezze delicate di una giovane
donna pronta a divorare – letteralmente – i mostri, affida a Clori il compito
di recuperare a ogni costo i mali dispersi.
Fabio Pia Mancino lavora sfruttando le contrapposizioni cromatiche per far
emergere le figure dai fondali. Le ambientazioni sono spesso realizzate in toni
verdazzurri, mentre sono esplosioni di rossi aranciati le creature che
fuoriescono dal vaso. L'effetto che ne deriva è un connubio riuscito tra evocazione dell'antico e figurazione contemporanea.
Tratto caratterizzante dell’opera è però, più ancora del colore, l’ironia, utilizzata in modo sistematico per disinnescare le
situazioni più drammatiche e al contempo attualizzare la narrazione. Le
citazioni di Saffo si alternano a quelle da Ritorno
al futuro, i pretendenti della bella Galatea scatenano una rissa in
dialetto romanesco, e l’esito è quello di un
assoluto e continuo spiazzamento del lettore.
Al centro c’è la rivendicazione di autonomia di una giovane donna immersa in un
contesto patriarcale. Di fatto, quello che tratteggia l’autore è uno scenario
quasi esclusivamente al femminile, in cui sono le donne a smascherare gli stereotipi maschilisti in mezzo a cui sono state
cresciute, o a rivelare come i miti siano sempre narrati da uomini, e tendano a
una rappresentazione ingiusta o sminuente del mondo muliebre. Emblematico è il
caso di Echidna, “madre dei mostri” e
“divoratrice di figli”, che in
realtà, divenuta da secoli intollerante al lattosio e alla carne umana, vive
pacifica nella sua grotta bevendo the da tazzine decorate da Efesto, mentre “assassini e macellai che la tua gente chiama
eroi” (p. 91) vanno diffondendo falsità sul suo conto.
La stessa storia della vera Pandora, la prima
donna, “piena di doni”, viene riletta
per diventare omaggio a un femminile ingiustamente sottostimato.
I capitoli in cui il graphic novel si suddivide sono intitolati con i nomi greci di vasi
di diverso formato, a segnalare il filo conduttore, la scintilla d’avvio, della
vicenda, ma anche il progressivo
disvelamento della protagonista (in primo luogo a se stessa), che fa di
quest’opera uno stranissimo romanzo di
formazione. La lotta per l’emancipazione non è infatti lineare, e spesso si
rischia di perdere di vista l’obiettivo. Tanto più la gente la reclama in
quanto cacciatrice dei mali del mondo, quanto più la vita di Clori rivela la
sua superficialità, la sua cifra di vuoto. La fama che circonda l’eroina (“ogni tanto gli iperborei la chiamano feic
nius”, postilla Gorgo, la Pigrizia che sempre l’accompagna) è un castello
fatto d’aria, a cui conduce un sentiero lastricato con un fondo di verità. E il
percorso per comprendere la natura del viaggio, della missione, è lungo e
complesso, e implica uno sprofondare della protagonista non solo nel fondo del
mare, ma anche di sé. Il vaso, il peso
che per tutto il viaggio porta con sé, viene infine risemantizzato, così
come la Speranza che contiene, e che rischia di diventare un freno, un’ancora
che tiene avvinti a un passato di illusioni, piuttosto che spingere a guardare
lucidamente al proprio avvenire.
Dietro le sue battute irriverenti, Unboxing Pandora si rivela quindi in
conclusione portatore di un messaggio profondamente serio, su cui è bene
riflettere nell’ottica di una giusta considerazione di quei pesi che ci
affliggono e che paiono "intrasportabili", e di quei beni a cui invece rischiamo
di affidarci troppo.
Carolina Pernigo
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