Le rondini tornano anche in tempo di guerra: il nuovo romanzo di Hilary McKay, "Il volo delle rondini"


 

Il volo delle rondini
di Hilary McKay
Giunti, 2023

Titolo originale: The Swallows’ Flight
Traduzione di Elisabetta Gnecchi-Ruscone

pp. 282
€ 16,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
  
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Berlino, 1931. Hans ed Erik, dieci anni a testa e vicini di casa, stringono amicizia nel comune affanno per salvare tre piccoli rondinini caduti dal nido. Poco importa che siano così diversi (l’uno pragmatico e ilare, l’altro sognatore e grande idealista): li accomuna la volontà di pensare con la propria testa, il senso della giustizia, la passione per gli animali e, successivamente, per il volo, che ne farà due piloti per la Luftwaffe, l’aviazione militare tedesca. Mai allineati con il regime hitleriano, i due giovani crescono in una Germania sempre più fanatica, sempre più violenta, in cui è imprudente esprimere un pensiero diverso da quello dominante. Il loro rapporto, quasi fraterno, si basa quindi su conversazioni ironiche, rapidissime, su un linguaggio affettivo consolidato negli anni e che solo loro condividono.

Frattanto, in Inghilterra, anche due ragazzine cercano il loro posto nel mondo: sono loro il ponte con il romanzo precedente di McKay, La guerra delle farfalle (recensito qui), rispetto al quale Il volo delle rondini costituisce una sorta di sequel. Kate e Ruby sono infatti figlie rispettivamente di Peter e Vanessa e di Violet, ed entrambe figliocce di Clarry. Loro, come i due giovani tedeschi, rappresentano la generazione nata nel periodo intercorso tra i due conflitti mondiali. I loro genitori hanno combattuto, o assistito, alla tragedia della Grande Guerra, i ricordi sono ancora freschi, dolorosi, e hanno lasciato segni sui corpi e sulle menti. Tutti portano ancora nel cuore i cari perduti e tremano al primo addensarsi delle nubi sull’Europa, consapevoli che un nuovo scontro coinvolgerebbe non più direttamente loro, ma i loro figli. Mentre cercano di proteggerli, nascondendo loro le informazioni più preoccupanti, al contempo iniziano a fare calcoli e previsioni, e i più avveduti anche a lavorare nella speranza di impedire il peggio. Questo è quello che fa Rupert, ora funzionario del governo inglese, che fa la spola tra Londra e Parigi con incarichi diplomatici, ed è forse quello che più di tutti intuisce il pericolo.

La scelta di McKay è però quella di non fare degli adulti i protagonisti del suo nuovo romanzo: ci sono, certo, e sono portatori della memoria di quel che è stato, della Storia precedente. Strizzano anche l’occhio al lettore, curioso di conoscere le loro sorti dopo il finale agrodolce del volume precedente (e sorpreso da almeno un grande colpo di scena). Al centro dell’intreccio sono però i ragazzi, ancora una volta portatori di valori positivi in contrapposizione al delirio che imperversa nell’Europa centrale.
Ruby, dal carattere pungente e la lingua rapida, coglie immediatamente la lucida follia di Adolf Hitler:
“Come fanno ad ascoltarlo?” Chiese Ruby. “È più matto dell’uomo di latta. Più matto dello spaventapasseri. Più matto della strega cattiva, di quel tornado. Se si comportasse così da queste parti, lo porterebbero in tribunale per farlo calmare un po’”. (p. 141)
Ma anche Hans ed Erik, da una prospettiva più vicina e ancor più pericolosa, si chiedono come mantenersi coerenti con se stessi e con la propria etica pur militando a tutti gli effetti dal lato degli aggressori:
Spesso, in privato, Erik si grattava stanco la testa, cercando di ricostruire il percorso che lo aveva portato dai suoi kleine Schwalben, i suoi rondinini, a far parte del progettato attacco alla Francia. Non ci riusciva mai, e neppure Hans, quando lo consultava. (p. 163)
Non c’è risposta facile ai loro intimi dissidi, se non cercare di non fare il minor male possibile e continuare ad alimentare la speranza in un futuro diverso, in cui vivere una vita semplice e spensierata, a gestire un chioschetto dei dolci, o a lavorare come guardiani allo zoo di Berlino, per loro incarnazione di un tempo lontano, spensierato e pieno di meraviglia (“due marchi per una giornata intera di felicità”, 165).

Per tutti loro, Hans ed Erik, Kate e Ruby, la guerra – in questo romanzo presente in maniera meno diretta che nel precedente – diventa momento importante di rivelazione del sé. Ciascuno, a proprio modo, e nello specifico contesto in cui è inserito, deve maturare una personale forma di resistenza. Per Ruby sarà l’accettazione di un difetto fisico sempre mal tollerato e la riconciliazione col fratello Will. La timida Kate, invece, cagionevole di salute e sempre assistita in tutto, considerata da famigliari e amici sostanzialmente “inutile”, diventa colei che custodisce il ricordo, salvando la vita dalla dispersione tramite la scrittura. Il suo proposito, semplice ma potentissimo, “essere straordinariamente coraggiosa” (p. 125) diventa il propulsore per quello che è sicuramente il cambiamento più significativo dell’intero romanzo, per un’azione spontanea che va oltre la paura, mossa solo dal senso di ciò che si deve fare perché, in quanto giovane donna (e in quanto essere umano) non c’è alternativa. È al suo sguardo, puntualmente annotato in diari e quadernini, che l’autrice riserva un posto d’onore nella narrazione, come già a sua zia Clarry ne La guerra delle farfalle; questo peraltro non mette mai in ombra gli altri personaggi, grazie a una focalizzazione continuamente variabile, che concede spazio anche ai comprimari… e alla figura commovente e simbolica del cane Pax.

Protagonista nell’opera di McKay è però anche il periodo storico, qui evocato in una prospettiva ancora più ampia e complessa di quella aperta nel romanzo precedente. I riferimenti specifici, disseminati nel testo senza risultare didascalici, sono integrati da un glossario e da alcune note in appendice, ma certo li potrà apprezzare maggiormente il giovane lettore che abbia già qualche preconoscenza al riguardo. Detto ciò, la capacità dell’autrice di tratteggiare i personaggi con pochi tratti essenziali ma vividi e di costruire dialoghi vivaci e spesso spiazzanti, illuminati da un umorismo che non ci si aspetterebbe ma che riesce a non essere mai fuori luogo, fa di quest’opera una lettura gradevole anche per il pubblico già cresciuto, che apprezzerà la possibilità di leggere le vicende a più livelli di profondità.

Come le allodole del primo romanzo, le rondini evocate dal titolo assumono qui un valore metaforico, rappresentando la persistenza, l’eterno ritorno, il trionfo della vita su ogni forma di umana distruzione.
  
  
Carolina Pernigo