Abbiamo sempre più difficoltà a comprendere il nostro presente e a fare un ragionamento serio sul futuro. La popolazione mondiale ha dovuto fare i conti, negli ultimi anni, con la pandemia, la guerra, la crisi economica e, come se non bastasse, a questi si è aggiunta una contro narrazione legata a teorie del complotto.
Di certo abbiamo sempre avuto tra noi cospiratori, ma adesso siamo portati a considerare questo fenomeno in maniera diversa. «Le storie cospirative incantano di nuovo il mondo, se non altro per popolarlo di demoni», ci dice Pierre-André Taguieff. È probabile che dietro questi fenomeni ci sia la difficoltà ad assegnare un significato agli eventi traumatici.
In questo volume Pierre-André Taguieff, filosofo, sociologo e storico delle idee, nonché direttore di ricerca onorario del Centro nazionale francese per la ricerca scientifica (CNRS), mostra come la cospirazione risponda a un’esigenza di comprensione dei fenomeni sociali in termini logici e coerenti.
L’assunto di partenza di questo saggio si focalizza sulla necessità di non banalizzare o minimizzare gli effetti del complottismo o l’esigenza a cui risponde, perché questo è già stato fatto in passato, derubricando il fenomeno a un’accezione di faciloneria o, peggio, a un fenomeno di psicopatologia sociale. Non possiamo certo ritenere che un fenomeno già studiato, seppur in maniera marginale, a partire dagli anni Settanta, sia semplicemente frutto di una massa di creduloni o di ingenui.
Il libro quindi ci invita a fare attenzione a questo fenomeno in termini più scientifici, cosa che è stata fatta già a partire dagli anni Duemila, ma che rende gli studi di psicologi sociali, antropologi e filosofi, relegati al campo del loro ambito di ricerca e quindi scollegati dal contesto reale e quotidiano dei tanti, che non hanno gli strumenti per accedere a studi così settoriali, ma devono fare i conti con i molti "perché" della nascita di certi fenomeni.
Si pone quindi il problema della creazione di un “ponte” tra queste diverse comunità, quella degli scienziati e quella della gente comune, invitando a un dialogo che sia costruttivo e non disfattista sulla questione, secondo quelli che dovrebbero essere i dettami del dibattito democratico.
Nei primi capitoli si tenta un approccio diversificato alla questione, nell’ambito del linguaggio in primis, in cui il termine ormai diffuso “teorie del complotto” dovrebbe essere sostituito da visione o mentalità cospirazionista o complottista.
L’elemento di diffusione di tale visione è stato fortemente incrementato dall’uso di internet e diffuso dai social in maniera esponenziale? Forse. Pur tuttavia non si può negare che i complotti esistano; ma, se di complotti è piena la storia politica del passato e del presente, ben altra cosa è privilegiare sistematicamente l'ipotesi del complotto in tutti gli ambiti, al punto da vederne ovunque.
Il pensiero complottista consiste innanzitutto nell'attribuire delle intenzioni consapevoli, degli interessi reali e delle strategie segrete ai presunti cospiratori per spiegare alcuni eventi sconcertanti che possono essere inventati di sana pianta, così come i soggetti collettivi accusati di cospirare, come per esempio "gli Illuminati". (p. 31)
Se dovessimo fare un identikit del complottista di certo potremmo trovare tratti comuni e ricorrenti, ad esempio: la passione per lo svelamento, il gusto delle rivelazioni, la passione per la denuncia delle potenze occulte o l'abitudine all'accusa indignata e alla condanna morale.
Non bisogna cadere nell'errore di certi anticomplottisti, suggerisce lo studioso, che finiscono per presupporre che i complotti denunciati siano sempre immaginari e le tesi sostenute sempre false o assurde.
Per comprendere quanto sia radicato lo spirito complottista all'interno della nostra società, basti ricordare che non si tratta di un'invenzione recente. Nella storia europea si privilegiano tre grandi narrazioni complottiste, tutte con pretesa di svelare un piano segreto di dominazione mondiale: il complotto giudaico, quello gesuitico e quello massonico. Il capitolo quinto si sofferma ampiamente su queste narrazioni.
Dopo la Rivoluzione Francese e con l'affermarsi di società democratiche si è acuito il senso dello smascheramento di fronte al nuovo potere, quello del popolo. È come se si credesse a stento a ciò che la democrazia professava. Se fino agli anni Cinquanta e marcatamente nelle società marxiste la paura dei complotti proveniva dalle cospirazioni borghesi o da quelle provenienti dal basso, dopo gli anni Cinquanta si impone un modello di complotto proveniente dall'alto.
È dalla fine degli anni Novanta che si cerca, invece, di dare una spiegazione a questi fenomeni, includendo le scienze sociali, la storia e la filosofia. Si immaginano responsabilità attribuibili a nemici immaginari del genere umano, che se in passato erano rappresentati da massoni, gesuiti, giudei o bolscevichi, vengono via via sostituiti da finanzieri, capitalisti, imperialisti neoliberali.
Il sistema per interpretare o spiegare tali complotti passa sempre da una rivelazione, poi si ha la condanna morale fino ad una vera e propria ideologia o mitologia del complotto stesso.
Il motore dei ragionamenti complottisti è l'insoddisfazione profonda provata nei confronti del mondo così com'è diventato, così come la delusione o la contrarietà provocate dalle spiegazioni ufficiali che si trovano nei media o nelle comunicazioni dei governanti per gli eventi respingenti. (p. 64)
Oltre ad analizzare le regole del pensiero cospirazionista e il fenomeno della conglobazione di argomenti, (ovvero quegli argomenti più disparati tutti raccolti insieme, per provare una tesi) non bisogna fare l'errore di amplificare i processi dovuti alla diffusione via social, che di sicuro ha incrementato la circolazione di queste tesi ma ricordare altresì che il bisogno di ordine, di comprensione e di senso sono essenzialmente derivanti da bisogni cognitivi, già esistenti.
Nel suo essere un universo in cui vive il relativismo cognitivo, Internet è di sicuro il luogo in cui si alimenta l'oscurantismo, perché da un lato si banalizzano i discorsi più seri, dall'altro si alimenta lo spirito di censura «mentre la cultura complottista vi banalizza il demone del sospetto». Il saggio elenca inoltre tutti i rischi della meta-cultura e dell'effetto "Dunning-Kruger" o effetto di sopravvalutazione, secondo cui individui poco qualificati sovrastimano le proprie abilità.
Non solo questi complottisti irriducibili non sanno di credere, ma credono di sapere. E il sapere che si riconoscono permette loro di individuare con certezza i loro nemici. È per questo che sono impermeabili all'argomentazione razionale. (p. 87)
Complottismo offre una prospettiva di certo poco edificante ma molto illuminante su un fenomeno che è divenuto centrale nel nostro tempo e sulle modalità più corrette di leggerlo e affrontarlo. Un saggio consigliatissimo per comprendere i rischi di questo complesso fenomeno e gli errori connessi alla volontà di negarlo o di banalizzarlo.
Samantha Viva