La forma del ghiaccio
di Linda Tugnoli
Editrice Nord, aprile 2023
pp. 357
€ 19,00 cartaceo
€ 9,99 (e-book)
Ci sarà davvero la mummia egizia in quella casa antica sulla curva? E il sarcofago? E il leone impagliato? Guido se lo chiede da sempre, in paese se ne parla da anni e tutti favoleggiano sui tesori che la villa custodisce. Quella dimora vagamente inquietante, affascinante nella sua decadenza, quasi ricoperta da una vegetazione lussureggiante che ai suoi occhi di giardiniere avrebbe bisogno di maggior cura, suscita, nei compaesani di Valle Cervo, un senso di rispetto, deferenza e soggezione.
Soprattutto da quando, tre anni prima, sulla montagna che sovrasta il paese, erano stati ritrovati i resti mummificati dell'alpinista gentiluomo. Così era stato chiamato quel cadavere, vestito di tutto punto, alla moda alpinistica di cinquant'anni addietro, che era stato avvistato da alcuni turisti del ghiacciaio.
Un morto che pareva elegantemente appoggiato a un pilastro di neve solidificata, la schiena dritta, la faccia di cera, una sciarpa scozzese rossa svolazzante e degli occhialoni da aviatore inizio secolo. (pag. 16)
I resti, sputati fuori dal ghiacciaio in perenne movimento, appartenevano al proprietario della bella villa lungo la strada. Un eccentrico industriale di Torino, viaggiatore, intellettuale, collezionista, studioso, scienziato che tutti credevano scomparso durante una spedizione in Africa. Il ritrovamento del cadavere sulle montagne di casa naturalmente aveva dato il via a una serie di ipotesi. Chiacchiere alle quali le due figlie, rimaste uniche proprietarie della villa, avevano opposto un riservatissimo silenzio.
Ossessionato dalla vicenda, Guido si fa accompagnare dal gestore del rifugio suo amico al luogo dove è stata ritrovata la mummia congelata dal tempo e dal ghiaccio. E qui accade l'impossibile: Guido ritrova un preziosissimo e antico orologio d'oro, appartenuto sicuramente all'alpinista gentiluomo, Aldo Lorenzo Ferrero.
Prende il via da questo fatto il giallo di Linda Tugnoli, un romanzo di ampio respiro che sa risalire, raccontando di personaggi e vicende in maniera accattivante e vivida e grazie a un uso sapiente dei flashback, all'epoca storica del Fascismo, anni nei quali trovava spazio la scenografica vita di Ferrero, Guido, giardiniere-investigatore (che Tugnoli ha già reso protagonista di altri due romanzi), un passato da creatore di profumi a Parigi, ha una certa sensibilità, un certo "naso" e una curiosità sufficiente a dargli quella predisposizione a ficcarlo nelle vicende che gli appaiono misteriose.
Dopo la tragedia che ha interrotto la prima parte della sua vita, si è rifugiato nella valle dell'infanzia, un luogo chiuso, quasi dimenticato, dalla quale esce raramente e poco volentieri. Ora cammina per le sue montagne, abita solo nella vecchia casa dei genitori, ha pochi amici fidati e fa il giardiniere. Immaginarsi la sua meraviglia quando, sceso a Torino per restituire l'orologio alle figlie dell'alpinista, si ritrova in un cortile cittadino che è una vera giungla tropicale con bambù, papiri, palme e banani. E non è tutto, dopo aver suonato il campanello, viene introdotto in una casa stracolma di piante da appartamento anche rare, amorevolmente accudite dalla primogenita di Ferrero, un'anziana e dolce signora dagli occhi verdi come le sue piante. Tra Guido e Lelia si innesca subito una consonanza di interessi e quando l'anziana signora lo invita a dare un'occhiata al giardino della villa di vacanze di Valle Cervo, Guido non sta più nella pelle, finalmente potrà vedere se la mummia, il sarcofago e il leone impagliato esistono veramente. Lelia però non sembra molto interessata all'orologio e nonostante sia evidentemente un pezzo di enorme valore si dice sicura che una cosa così "pacchiana" non poteva certo appartenere al padre. All'interno dell'orologio ci sono però tre iniziali, ALF.
Ci sono tutti gli ingredienti per un mistero che non manca di solleticare la curiosità di Guido. E il giardiniere non esiterà a mettersi nei guai pur di andare in fondo alla vicenda.
Tugnoli tesse una fitta ragnatela intorno al lettore portandolo in un mondo appartato, fermo a mezzo secolo prima. Lelia, che vive in una granitica venerazione per i genitori, ha mantenuto le case esattamente com'erano al momento della loro scomparsa. Per lunghe pagine il lettore viene accompagnato, stanza dopo stanza, a osservare tutte le collezioni di oggetti di Ferrero, libri antichi e soprattutto cimeli di viaggio, e della moglie, appassionata di porcellana e ventagli. Lunghe descrizioni anche dei giardini e delle piante che avviluppano il lettore raffreddando però in parte la trama. Ma una volta terminato il libro, si è naturalmente portati a ripercorrere quegli elenchi che sembravano sterili, ma in realtà contenevano tracce importanti. A saperle leggere.
E mentre il libro si dipana lentamente per almeno due terzi, da un certo punto in poi l'intreccio subisce una brusca accelerazione che porta dritti al finale inaspettato. Un climax di suspense necessario ma che forse non basta a correggere, all'interno del romanzo, la distribuzione dei pesi delle varie parti che lo compongono.
Incisiva la rappresentazione dei protagonisti principali: Guido il montanaro dall'anima un po' bohémienne, l'amico Osvaldo, fatto della stessa natura della montagna, Lelia, sognatrice, gentile e raffinata, così diversa dall'androgina sorella Carla, burbera e spiccia. Un po' da cliché la raffigurazione del custode della villa, l'Armando. E mentre i personaggi comprimari rimangono un po' sullo sfondo, vivida si staglia, dai ricordi delle figlie, dalle scoperte fatte da Guido, dalla storia che, tassello dopo tassello si ricostruisce, la figura di Aldo Lorenzo Ferrero e dei misteri che segnano la sua vita e la sua morte. Interessante, a questo proposito, la capacità dell'autrice di concatenare passato e presente perché tutto si incastri come in un puzzle a più strati temporali. Un passato dal quale esce la storia vera, poco conosciuta, di Pisorno, il nome dato agli stabilimenti cinematografici siti a metà tra Pisa e Livorno (ecco il toponimo) dai quali uscirono tutti i film di propaganda tesi a celebrare il Fascismo e Benito Mussolini.
Tra i personaggi che invece fanno sentire la propria presenza imponente c'è la montagna, quella parte di Alpi, sita nel Biellese, così ancora (fortunatamente) poco bistrattata dagli uomini. Una montagna ruvida, riservata, silenziosa, un po' restia a dare confidenza e a farsi conquistare. Proprio come gli uomini e le donne che la abitano. Proprio come Guido che fatichiamo a immaginare a proprio agio sui boulevard parigini. E quella stessa montagna che, per più di cinquant'anni si è fatta custode del mistero, coperta silente e gelida, ha deciso che è tempo di spiegazioni, di giustizia e verità.
Sono tanti, tantissimi i temi che Tugnoli maneggia e nel quale il lettore potrebbe rischiare di perdere il filo... fortunatamente il piglio concretamente montanaro di Guido serve a fare da guida... e scusate il gioco di parole.
Da un finale vorticoso, acceso da qualche lampo horror e forse sull'orlo della verosimiglianza (ma in un giallo è un ingrediente accettabile), il lettore scoprirà la verità.
Sabrina Miglio