di Cheluchi Onyemelukwe-Onuobia
pp. 288
€ 19,00 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
Dobbiamo fare qualcosa per passare il tempo, pensavo. Due donne in una stanza, mani e piedi legati. Non vedevo come poter fuggire. I nodi non riuscivo a immaginare di scioglierli, neppure avendo a disposizione cent’anni. E se anche ci fossimo riuscite, la stanzetta aveva solo una porta. Ogni volta che entravano e uscivano, sentivo il clic di un lucchetto. L’unica finestra era troppo piccola per farci passare una delle mie cosce, figuriamoci tutto il corpo. (p. 9)
Quattro sono i decenni della storia della Nigeria trattati e le due esistenze così diverse delle protagoniste si stagliano all’interno di una società ancora fortemente tradizionale e piena di contraddizioni, in cui retaggi antichi si mescolano all’avanzare di una modernità sempre più presente nelle città.
Urenna negava ogni responsabilità con veemenza… […] Così tornai alla terra rossa e polverosa del villaggio. I tetti delle capanne erano quasi tutti di lamiera, che avevano sostituito la paglia nel tempo in cui ero stata via. La gente viveva ancora in case di fango, ma ci aveva messo sopra un tetto moderno, come i cappelli ampi e colorati che Mummy e le sue amiche si mettevano per andare in Chiesa di tutti i santi. Nwokenta non era Enugu, però a separarle era il baratro del progresso. (p. 8.)
Gli anni passano, il Paese vive agitazioni politiche e sociali, le due donne hanno raggiunto diversi traguardi: Nwabulu ha un suo atelier da sarta e Julie segue i preparativi di nozze del figlio, tanto atteso, Afram, ma la vita ha in serbo per loro altro.
Un dramma inteso di una realtà ancora appannaggio degli uomini e della loro folle violenza, che cementa il legame tra le due donne, che si trovano inaspettatamente vicine e complici, per quanto le loro esistenze siano state distanti. Due vite, due donne è anche una storia di resistenza, in cui una straordinaria sensibilità emerge dalla scrittura dell’autrice, che cattura l’attenzione del lettore catapultandolo in un mondo denso di gesti quotidiani, di relazioni, di sapori e di profumi.
Preparai a Eugene la sua zuppa di onugbu preferita, piena zeppa di ogili piccante, azu asa, stoccafisso e carne di capra speziata; l’avrei accompagnata con l’igname morbido, schiacciato. Quella sera, quando entrò nel mio appartamento che profumava di zuppa onugbu, vide che aveva l’acquolina in bocca. Mangiò con appetito, facendo rumore. (p. 154)
Un finale davvero inatteso e imprevedibile conclude una narrazione appassionata, commovente e intrisa di coraggio, perché niente è più potente di «un legame fra due donne che facevano del loro meglio nel mondo in cui vivevano».
Emozionate, singolare, inedito.
Silvia Papa