Le regole dello Shangai
di Erri De Luca
Feltrinelli, maggio 2023
pp. 109
€ 14,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Una regola dello Shangai è dimenticare il giro precedente. È opposto agli scacchi, dove i giocatori ricordano le mosse delle partite. Lo Shangai sparecchia. Io somiglio al gioco, mi faccio dimenticare subito. (p. 37)
Erri De Luca, amatissimo autore napoletano, torna in libreria con un lungo racconto più che un romanzo. Le regole dello Shangai pubblicato da Feltrinelli, in poco più di cento pagine racconta dell'incontro fortuito (ma forse non casuale, in qualche modo predestinato) tra una giovane ragazza Sinti e un orologiaio appassionato del gioco dello Shangai.
Cosa c'entrano questi due personaggi così peculiari col gioco dei bastoncini? I protagonisti non hanno nome, ci spiega il perché lo stesso autore in apertura e, in un altro modo meno svelato, nel finale: non vuole dargli un volto, preferisce che ogni lettore conferisca loro le fattezze che preferisce. La ragazza fugge dalla familia, da un matrimonio combinato con un uomo molto più grande di lei; il vecchio orologiaio si isola dal mondo, si accampa nei boschi e ogni giorno, senza mai sbagliare, gioca a Shangai.
In tanti anni di allenamento - le dita ferme sono servite sia al gioco che all'arte di riparare oggetti minuscoli come gli ingranaggi di un orologio - non ha mai fatto tremare i bastoncini: giocava una partita solitaria contro se stesso senza la minima esitazione. Quando la ragazza entra nella sua vita le cose cominciano a cambiare. Lei impara da lui le regole del gioco, impara a scrivere, a conoscere il mare; lui a dare un nome agli alberi, a sentir parlare corvi e orsi, a porgere la mano per una lettura.
Non faccio distinzione d'età. Tu mi chiami vecchio, va bene, ma io sono lo stesso tuo coetaneo, vivo nello stesso tempo. Le generazioni per me non esistono. Finché siamo vivi siamo contemporanei. Siamo due persone. (p. 52)
Non potrebbero essere più diversi nel carattere: tanto lei è ribelle quanto lui calmo, tanto selvatica quanto lui saggio. Prenderanno il meglio l'uno dall'altra, intrecciando un rapporto così puro da essere unico.
La prima parte del racconto è composta solamente da dialoghi, una caratteristica che mi ha molto sorpresa; la seconda invece da una serie di lettere e pagine di un quaderno rivelatore (entrambi ricchissimi di colpi di scena). Lo Shangai non è altro che una metafora, simbolo di una vita precedente in cui il vecchio non era vecchio, ma giovane e innamorato, in cui aveva un lavoro misterioso che, stranamente, includerà anche la sua nuova conoscenza.
La prima parte del racconto è composta solamente da dialoghi, una caratteristica che mi ha molto sorpresa; la seconda invece da una serie di lettere e pagine di un quaderno rivelatore (entrambi ricchissimi di colpi di scena). Lo Shangai non è altro che una metafora, simbolo di una vita precedente in cui il vecchio non era vecchio, ma giovane e innamorato, in cui aveva un lavoro misterioso che, stranamente, includerà anche la sua nuova conoscenza.
-Siamo tutti strani quando spuntano i sentimenti.[...]-Quella settimana continua a succedermi. (p. 23)
Ho avuto modo di assistere alla presentazione del libro presso "Foqus - Fondazione Quartieri Spagnoli" di Napoli: Erri De Luca ha parlato per circa un'ora di tutt'altro, del '900 in senso ampio (la storia del libro è ambientata in un generico 1900), delle migrazioni, della guerra e ciò che ha tenuto a ribadire è l'importanza delle domande.
"Quando ero piccolo e mia madre mi faceva delle domande io non rispondevo. Stavo zitto" ha detto, "Poi, crescendo e avvertendo la necessità e l'obbligo di farlo, mi sono reso conto che inventavo le risposte".
Ne Le regole dello Shangai le domande sono tantissime: la nostra protagonista Sinti ne pone in continuazione, e anche l'orologiaio, curioso della cultura e della vita così "stravagante" del popolo vagabondo, farà altrettanto. Che le risposte siano inventate mi pare ovvio, trattandosi di una storia di fantasia, ma conoscendo un po' l'autore nulla è da escludere, tant'è che quando mi sono avvicinata per farmi autografare il libro è stato proprio lui a pormi una domanda.
"Lo sai che il tuo nome significa 'ape'?".
Avrei voluto replicare in modo arguto e intelligente, ma me ne sono rimasta imbambolata ad annuire.
"Uno vede la vita come un fiume, uno come un deserto, un altro come una partita a scacchi con la morte. Io la vedo sotto forma di un gioco di Shangai fatto da solo" dice il vecchio vagabondo, raccoglie ciò che può dalla vita come si fa coi bastoncini, uno per volta, stando attento a non "ferire" gli altri.
Quella di De Luca è una storia d'amicizia, di empatia per il prossimo, nonostante le condizioni sfavorevoli della vita o i suoi pericoli. Ho detto che i due non potrebbero essere più diversi, ma in qualcosa si assomigliano: nell'amore per la libertà e per la ribellione, una palese, l'altra taciuta.
E forse il nostro vecchio mente a se stesso quando dice che gioca a Shangai perché a ogni giro si dimentica quello precedente: nel corso della storia lui tornerà spesso sul suo passato, sul suo amore mancato, sulle occasioni perdute, sulla sua vita incredibile, dimostrandoci che anche se ci sforziamo di cancellare una "mossa" sbagliata, quella può restare vivida nella nostra memoria e avere conseguenze enormi per le persone che amiamo.
A controbilanciare, la giovane invece rappresenta il coraggio di osare: nonostante anche lei nei dialoghi usi ancora il "noi" per riferirsi alla famiglia da cui è fuggita, avrà la forza di andare oltre, di prendere in mano la vita senza rimorsi e rimpianti.
Deborah D'Addetta
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