I
ciliegi in fiore. Visti dai grandi maestri della stampa giapponese
A cura di Anne Sefrioui
L’ippocampo, 2023
Cofanetto con:
pp. 47 (opuscolo)
pp. 112 (stampe)
€ 22,00
Gli
appassionati del mondo orientale hanno già da tempo imparato a conoscere e
amare i cofanetti de L’Ippocampo dedicati alla celebrazione dei grandi maestri
della stampa giapponese, dai più noti come Hokusai e Hiroshige ai loro epigoni
otto-novecenteschi, in percorsi tematici
che coprono quasi due secoli di
produzione artistica e culturale. Dopo le vedute del Monte Fuji, i cicli delle stagioni ma anche il mondo degli uccelli,
o quello affascinante e misterioso delle geishe, la casa editrice riprende ora uno dei motivi più suggestivi e iconici anche
per il mondo occidentale: quello dei ciliegi
in fiore. Lo ricorda bene, per esempio, chiunque abbia letto Autostop con Buddha, il delizioso romanzo
di viaggio di Will Ferguson, che racconta la propria esperienza on the road sulla scia, appunto della
fioritura tanto attesa e celebrata da locali e forestieri:
Ogni primavera, un’ondata di fiori investe il Giappone. […] Lo chiamano Sakura Zensen, il “Fronte dei Fiori di Ciliegio” e ne monitorano l'avanzata con uno zelo che normalmente è riservato solo agli eserciti in marcia. Ogni sera i telegiornali forniscono un rapporto sull'avanzata, con mappe dettagliate che mostrano le prime linee, le linee secondarie e la percentuale di fiori in ogni singola area. […] Non esiste altro luogo al mondo in cui la primavera arrivi con tanta teatralità quanto in Giappone. Quando sbocciano, i fiori di ciliegio colpiscono come un uragano. […] Si dice che, durante la loro breve esplosione, i fiori di ciliegio rappresentino l’estetica della bellezza commovente e fugace: effimeri e delicati nel loro passaggio. Per celebrare una tale intensità emotiva in modo naturale si trangugiano grandi quantità di sakè e si cantano canzoni rauche fino a crollare esausti. È tutto molto rapido e meraviglioso. (W. Ferguson, Autostop con Buddha, cap.2)
In Giappone esiste un termine specifico, hanami, per definire la
“contemplazione dei ciliegi in fiore”, quasi un rito, che assume una
valenza ad un tempo sociale e intima, personale, a cui tutti partecipano
nella celebrazione di una bellezza
intensissima e fugace, che diventa metafora esistenziale, monito al carpe diem, a vivere con pienezza ogni
attimo.
Il
fiore di ciliegio, nelle sue sfumature bianco-rosate, riprodotte nelle
copertine telate del cofanetto e del leporello che racchiude, è un dono che cala, letteralmente, dall’alto,
e invita gli individui a volgere gli occhi in su, a lasciarsi avvolgere e
trascinare da un’esperienza che coinvolge tutti i sensi. Nell’opuscolo di
accompagnamento, la curatrice Anne Sefrioui descrive la nascita e l’evoluzione
di questo rituale attraverso il tempo, dalla pratica antichissima di meditare
sul tempo che passa in giardini fioriti, inizialmente di susini e peschi, fino
all’associazione della pratica dell’hanami
al sakura, il ciliegio autoctono, dapprima selvatico, poi invece
diffuso attivamente in parchi e luoghi
pubblici, dove la gente può radunarsi e condividere momenti di svago e
leggerezza. Connessa alla pratica della rappresentazione grafica è anche quella
della composizione poetica: la poesia è
un modo differente, ma sempre caro al mondo nipponico, di immortalare l’attimo
fuggevole, e al tempo stesso frammento
di bellezza da condividere proprio nel momento della contemplazione.
Nelle
settantotto stampe riprodotte nella
rilegatura a fisarmonica, da osservare rigorosamente nell’ordine che procede da
destra verso sinistra, si possono osservare tanto i ciliegi fioriti quanto le
attività connesse con la pratica dell’hanami.
Se da un lato sono infatti ben rappresentate tutte le occupazioni tipiche, anche nel passato, del tempo della
fioritura (passeggiate, gite in barca, danze e cortei, composizioni poetiche),
dall’altro l’utilizzo della xilografia
consente, come osserva Sefrioui, di restituire nel dettaglio la delicatezza del fiore, le sfumature
dei suoi colori, isolandolo o associandolo
ad altri elementi portatori di grazia ed eleganza, di volta in volta
giovani donne, o piccoli volatili, identificati con precisione naturalistica e
al tempo stesso però sempre anche simbolici (quest’ultimo è un filone tanto di
successo nella stampa ukiyo-e da
costituire un sottogenere specifico, il kachō-ga,
che significa “fiori e uccelli”).
Spesso protagonisti, insieme ai sakura, sono poi i paesaggi del Giappone, siano essi urbani o rurali, domestici o selvatici,
anonimi o celebri, come l’immancabile Monte Fuji da cui parte la rassegna, con
le celebri raffigurazioni di Hokusai e Hiroshige, che lo vedono sullo sfondo,
delineato nel suo inconfondibile profilo, a fare da contraltare ai ciliegi che
si affollano in primo piano, e in cui pare di sentire il frusciare della
brezza. Nel procedere dell’arco cronologico coperto dalle stampe, una volta
imboccato il Novecento, aumentano i dettagli e, soprattutto nei notturni, si fa
più palese la cifra di malinconia legata
alla consapevolezza dell’effimero, del tempo che passa e porta via con sé
la primavera e la giovinezza, come il fiore di ciliegio. Non cessa però mai,
dalla prima all’ultima stampa, il forte senso di fascinazione per il lettore,
in questo caso osservatore, o contemplatore, che si fa trasportare facilmente
in un altro tempo e un altro luogo, nelle narici ancora l’impressione di un
profumo lieve, gli occhi velati di rosa.
Carolina
Pernigo