La caccia alle streghe in Europa è stata il risultato di un fenomeno di sterminio sistematico, oscurantismo religioso e repressione sociale e culturale che dal Medioevo al XVIII secolo, quando i roghi perpetrati dalla Santa Inquisizione in gran parte cessarono, provocò la morte di circa cinquantamila persone, come spiega Brian P. Levack nel suo saggio La caccia alle streghe in Europa. Tra queste, a pagarne in gran parte i conti sono state prevalentemente donne e le persone queer, la cui colpa è stata quella di fare parte di un sistema eteropatriarcale che attraverso la misoginia e l'intolleranza ha represso nel sangue e nelle fiamme qualsiasi tipo di esistenza che venisse considerata non conforme ai meccanismi giudaico-cristiani dell'ordine costituito.
Rebis, il nuovo fumetto di Irene Marchesini e Carlotta Dicataldo (Bao Publishing), si apre tra le fiamme di un rogo inquisitorio, sul quale stanno ardendo Viviana e Beldie, accusate di stregoneria e istigate a confessare i propri peccati, come si fa in punto di morte con le streghe. Allo spettacolo in pubblica piazza, in quello che sembra essere un villaggio qualunque in un paese qualunque dell'Italia medievale, assiste anche brevemente Girolamo, uomo rispettabile e padre di famiglia, che annuncia sin da subito agli astanti che non si tratterrà molto all'evento. Alle tavole della pira infuocata, infatti, si alternano quelle di una bionda signora, Annetta, è gravida e in punto di dare alla luce un bambino, è circondata dalle levatrici che la invitano a spingere e a fare respiri profondi, così come Viviana incoraggia Beldie a respirare a fondo le boccate di fumo che si eleva dalle fiamme, perchè è meglio morire asfissiate che arse vive. Annetta è la moglie di Girolamo, e tutti in paese augurano a Girolamo che la creatura che sta per venire al mondo sia un maschio, perchè quale sventura più grande può esservi di quella di generare una femmina, una meretrice del demonio, in un mondo tanto divorato dalle superstizioni da non lasciare spazio a un femminile che diverga dal suo compito deterministico? Da un lato una morte tra le fiamme, e dall'altro una nascita, quasi come al sacrificio di Beldie e Viviana corrisponda la rinascita attraverso il piccolo corpicino di Martino.
Le preghiere di Girolamo vengono esaudite, è un maschio. Tuttavia, c'è un ma. Il piccolo Martino è albino, e questo per lui può voler dire una cosa sola: morte. É cosa risaputa infatti che nel Medioevo gli Albini venissero accusati di stregoneria e bruciati vivi, perché la loro ipopigmentazione veniva considerata un segno del diavolo. Fortunatamente, Annetta si impone affinchè ciò non accada con il piccolo, che viene cresciuto nel radicale rifiuto da parte di suo padre Girolamo, nell'intolleranza da parte di suo fratello maggiore Arturo, ma nella benevolenza di sua madre e delle sue sorelle, con le quali intesse un rapporto speciale e intimo. Nel frattempo, il corpo arso dalle fiamme di Viviana viene gettato nel fiume, e trascinato dalla corrente raggiunge il bosco, dove attraverso ancestrali processi ritrova la vita, ed è qui che Viviana rimane, strega rediviva della selva, esiliata dalla comunità, a contatto con la natura e al riparo dall'odio e dall'intolleranza.
Intanto Martino cresce, e prova sulla sua pelle il sapore del
disprezzo dei suoi coetanei, che uccidono le larve che lui ha
meticolosamente recuperato dal terreno, e di cui riesce a salvarne
solo una, che mette al riparo sul davanzale della finestra di quella
capanna nel bosco dove Viviana risiede.
Sollecitato dal severo padre Girolamo a dover partire e abbandonare la comunità e la famiglia perché ritenuto una minaccia per la salvaguardia della fede e del benessere dell'intero paese, capeggiato dalla figura di don Corrado, sagrestano della chiesa del paese, Martino decide di fuggire nel cuore della notte e di trovare riparo nella casa di Viviana, con cui ha cominciato a intessere un rapporto di complicità e fiducia, aiutandola nella propria routine quotidiana di raccolta delle erbe mediche e dei cibi da preparare al focolare della capanna.
È a contatto con Viviana che Martino scoprirà se stesso e imparerà l'arte della magia, grazie alla quale conoscerà più a fondo la propria identità, rinunciando alla sua vita precedente, abbracciando la sua femminilità il giorno in cui indosserà un vestito di Beldie che Viviana aveva conservato in una botola, e scegliendo di essere consacrata con il nome di Rebis.
Il tempo aiuterà Rebis a entrare in contatto con i propri poteri magici e con la propria identità, e a ricostruire il legame spezzato dall'intolleranza con la sua famiglia perduta, e il bosco sarà lo scenario sul quale si muoveranno le pedine di questa storia di amore, fuga, perdita, ricerca, redenzione, rinascita e crescita che ci mostra un Medioevo dominato sì dall'odio discriminatorio, ma anche da una storia mai raccontata, quella della resistenza di soggettività divergenti che si alleano, che resistono, che rinascono dalle fiamme e si aggregano per danzare intorno al fuoco e contrastare la violenza di genere e l'ignoranza.
Con un tratto delicato, vivido, ricco e dinamico, i disegni di Rebis mi ricordano gli scenari silvani della Principessa Mononoke e del Mio vicino Totoro dello Studio Ghibli e la fragilità sacrale del rapporto tra infanzia e natura dei film di Alice Rohrwacher. Alle soglie del Pride Month, se vorrete riempirvi gli occhi di affreschi teneri e intimi come quelli di Rebi, e se come me fate parte di quella generazione che è cresciuta con le sorelle Halliwell di Streghe, sognando di fare parte di una congrega e di prendere a calci in culo i demoni (o il patriarcato, sono concetti per me abbastanza intercambiabili), questo delizioso fumetto farà al caso vostro. Da persona queer, trovo francamente incoraggiante l'emergere di nuove narrazioni che guardino al passato della storia europea restituendo visibilità e dignità allə nostrə compagnə dimenticatə dalla Grande Storia e soffocate dal fuoco delle fiamme del disprezzo.
Rebis, così come Viviana, e noi dopo di loro, siamo le streghe che non siete riusciti a bruciare.
Matteo Cardillo
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