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Quando si inceppa il Grande Destino: "Hikikomori. Il re escluso" di Mignolli e Locati

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Hikikomori. Il re escluso
di Maria Sara Mignolli e Alessandro Locati
Feltrinelli Comics, 2023

pp. 224
€ 19,00 (cartaceo) 
€ 8,99 (ebook)


Se alcuni componenti d’arredo, e l’utilizzo delle macchie di Rorschach, farebbero pensare allo studio di un terapeuta, l’assenza di un interlocutore visibile per il protagonista, che riprende ad alta voce le domande ricevute portandole così alla nostra conoscenza, e l’atmosfera rarefatta creano un ambiente quasi onirico: è davvero qualcosa che avviene nel mondo reale, questo percorso di scavo compiuto dal personaggio principale, o non piuttosto un lento sprofondare dentro se stesso, un momento di autoanalisi in cui fare i conti con il proprio passato, con il buio in cui ha rischiato di naufragare? Per mantenere questa ambiguità il graphic novel di Maria Sara Mignolli e Alessandro Locati non offre nessuna risposta all’uomo sofferente che si interroga, e lo mostra invece, immerso nella poltrona di pelle, impegnato in una continua metamorfosi: è ora il bambino che non riesce ad affrontare le sconfitte, ora l’adolescente con il volto deformato dagli schermi, o mostruoso di fronte al giudizio degli altri, ora il principe ranocchio, ora invece il re nudo, esposto nella propria umana miseria, solo la corona a richiamare il passato glorioso.

Il sottotitolo dell’opera,
Il re escluso, fa riferimento alla fiaba di Andersen, I vestiti nuovi dell’imperatore: anche in questo caso, infatti, il protagonista vive prigioniero di un’illusione: per eccesso di protezione gli viene negata una verità che avrebbe portato forse a una crescita di consapevolezza, e rimane invece stolido, inerme, autocompiaciuto, mentre tutti intorno ridono di lui e della sua pretesa superiorità. È questo, più che il titolo principale, a offrire la chiave di lettura del volume: se “hikikomori” descrive infatti l’esito del processo, il momento in cui il protagonista sceglie di recludersi volontariamente nella propria camera per sfuggire al mondo di fuori, che fa paura e respinge, cercando consolazione in una penombra in cui nessuno può vedere e irridere, e nei videogames in cui poter finalmente essere chi si vuole, ciò che è più interessante è il percorso che ha condotto a questa risoluzione. 
Il protagonista si sente infatti vittima di un inganno: viziato e iperprotetto, cresce convinto di essere un piccolo Lord, un gioiello prezioso, brillante e chiamato a grandi cose. Le aspettative che gravano su di lui, a cui spesso non corrispondono uguali prestazioni, generano un prima sottile, poi sempre crescente, senso di inadeguatezza, mai però esplorato, finché la vita non lo mette a confronto con la verità nelle prime circostanze in cui si trova al di fuori dell’ambiente protetto della famiglia (competizioni sportive, un campo estivo con i coetanei, e soprattutto la realtà alienante della scuola superiore).
In quegli anni il Grande Destino era in atto e io pensavo che sarebbe stato un crescendo di successi. Ci tenevo a fare bella figura con tutti, non volevo deludere nessuno. […] Anche se non capivo bene che cosa fosse, il dispiacere, lo riconoscevo. Lo leggevo negli occhi degli altri. Il dispiacere e la delusione che passano nello sguardo e non ti attraversano, ma ti investono. Quello sguardo dispiaciuto per me, di me, mi restava appiccicato.
L’impatto con la realtà è violento e genera in lui non tanto mortificazione, quanto incredulità: «per la prima volta in vita mia qualcuno non mi aveva riconosciuto. Non mi aveva considerato il migliore. Non aveva capito che io… ero un re». Da qui in poi, la vita del ragazzino è un lento franare: il moltiplicarsi delle situazioni di difficoltà, di incomprensione, l’impressione di un tradimento perpetrato, l’incapacità dei genitori nel gestire la sua crisi, il corpo che si ribella e somatizza un crescente malessere, la distorsione dello sguardo, che lo porta a vedere gli altri come elfi – creature elette e luminose – e se stesso come il nano grottesco e informe, indegno di far parte del gruppo. Da qui, la scelta dell’isolamento pare al protagonista quasi inevitabile: 
Non avevo altra scelta. Dovevo sparire. Annullarmi. Se non hai più un corpo, nessuno ti vede. E non puoi più vergognarti.
Profondamente solo, anche nel momento della lettura retrospettiva del proprio passato, il “re” cerca di venire a patti con quel che è stato, ricostruendo passo dopo passo un itinerario doloroso e una faticosa riemersione. Il graphic novel gioca sulla contrapposizione di diversi piani temporali, utilizzando gli acquerelli e le sfumature cromatiche per sottolineare gli stati emotivi dei diversi momenti (i colori caldi, gialli e arancioni, per gli attimi di felicità, quelli in cui si credeva ancora al Grande Destino; i verdi-azzurri della disillusione; i colori vivaci per il mondo virtuale, e il grigio uniforme del presente). Con tratti minuti, e muovendosi sempre tra il piano della realtà e quello della percezione alterata del protagonista, gli autori tratteggiano con cura le dinamiche psicologiche che possono stare alla base del fenomeno sempre crescente degli hikikomori, mostrandone la profondità e il radicamento. Ne emerge un quadro malinconico, ricco di elementi simbolici e libero da ogni tentativo di proporre soluzioni definitive, che può offrire una prospettiva di riflessione interessante ai lettori, specie se impegnati in ambito educativo o a contatto con adolescenti.
 
 
 Carolina Pernigo