L’inferno a Crinale, nell’entroterra ligure. "Buio Padre", Il nuovo romanzo di Michele Vaccari dal sapore gotico e pieno di colpi di scena


Buio padre
di Michele Vaccari,
Marsilio editore, aprile 2023

pp. 384
€ 18,00 (cartaceo)
€ 9,99 (eBook)


Se avete intenzione di organizzare una festa per salutare un caro amico che deve trasferirsi in un altro luogo, non pensate di farla in una chiesa sconsacrata: sembra che porti male. A pensarci bene, nelle nostre moderne città, dominate da case e palazzi, dove gli spazi verdi scarseggiano - ad eccezione dei cimiteri (precisazione voluta, dopo capirete il perché) - , è veramente difficile trovare chiese abbandonate e sconsacrate, ma Buio padre, ottavo romanzo di Michele Vaccari, ha una ambientazione d’eccezione:
Crinale ha nel nome la sua carta d’identità. Il paese domina un altopiano inusuale che costeggia le colline, facendo da spartiacque  tra le due dimensioni che definiscono il territorio provinciale su cui insiste la Valle. La prima ha nelle spiagge, nelle estati bollenti, nel capitalismo turistico, nella bulimia del traffico e passeggiate sul lungomare il suo perimetro esistenziale; la seconda è la sua ombra, nel vero senso della parola. Oltre Crinale, infatti, la valle assume i contorni di un immenso buco nero, un mondo altro, dove a comandare sono i suoni boschivi, la ruggine dei cartelli elettorali risalenti agli anni Ottanta […] (p. 64)

Siamo nell’entroterra ligure, in un paese di poche anime, in Val Graveglia, lontano dalla vita frenetica della città e dalle orde di turisti: Crinale è un ambiente quasi fuori dal tempo, luogo d’elezione per raccontare storie d’avventura dal sapore gotico. Tutto comincia quando un gruppo di amici, Raul, Adamo e Dafne organizzano una festa a sorpresa per salutare l’amico Vinicio, il cui papà è stato licenziato dalla segheria della Valle ed è costretto quindi a trasferirsi con la famiglia in un’altra città. Questa meravigliosa festa, a cui tutta la gioventù del paese aspira a partecipare visto l’hype che Raul è riuscito a creare nelle chat di gruppo, si terrà in un luogo da brividi: «la chiesa maledetta, come l’aveva ribattezzata per attivare un istinto diabolicamente seduttivo, era diventata in pochi giorni la notizia». (p.12)

Raul all’inizio della storia è il leader del gruppo, l’organizzatore della festa, in lui non scorre il “sangue del paesano”, perché proviene da Tortona, da una città: questa festa deve assolutamente riuscire, gli serve per far vedere quanto vale agli occhi dei ragazzi e delle ragazze di Crinale. Raul spicca tra tutti per i capelli precocemente bianchi, che porta lunghi e che nervosamente raccoglie con le mani quando ha bisogno di concentrarsi e di agire subito. È lui il personaggio del romanzo che conosceremo per primo; lo ameremo sin da subito, nonostante l’atteggiamento sulle prime un po’ narcisistico. Adamo, del gruppo, è l’amico queer, segretamente - almeno lui pensa che lo sia - innamorato di Vinicio, che presto dovrà salutare. La ragazza del gruppo è Dafne, detta anche Death, sia un po’ per il look che sfoggia, sia e soprattutto per il lavoro che svolge suo padre, custode e becchino del cimitero del paese. Il giorno, anzi la notte della festa arriva e si prospetta come un successone fino a quando, nel bel mezzo della baraonda, scoppia uno spaventoso temporale e subito dopo un boato fa tremare tutta la Valle. Un costone di Montebuio, ai cui piedi sorge Crinale, si stacca dalla montagna e si trascina addosso al villaggio, provocando morte e distruzione. La descrizione della catastrofe ha toni biblici:

[…] dal versante di Montebuio che guarda al paese, inizia a prendere autonomia una costola di roccia, Eva nella sua genesi: i contorni della frattura si dilatano via via  che le frustate inflitte dall’acqua aumentano di intensità e di volume. Quando il bombardamento diventa serrato e assoluto, si compie il peccato originale: l’alluvione infierisce sul contorno della spaccatura fino a completarne la mutilazione. La dorsale di terra, magnetite, melma e arbusti scarni, ormai libera da ogni suo nesso con la montagna, corre lungo il sentiero di costa, prima di scivolare e precipitare nel corso d’acqua sottostante, lasciando a vivo la parete che contiene il cuore ascoso della montagna: un antro dimenticato, rimasto ostruito per oltre cent’anni. (p. 63)

Quando i quattro amici, con stupore e preoccupazione, arrivano al paese, è ormai l’alba e Crinale è irriconoscibile, uno spettacolo spaventoso; basta un’occhiata a quello che rimane del paese dove si è nati e cresciuti, il bar, la tabaccheria, la salumeria, la scuola… che nel cuore dei giovani protagonisti dilaga la disperazione e i sogni di un futuro radioso vengono spazzati via. L’alluvione ha segnato un punto di non ritorno, anzi due: primo, dopo quella notte i padri sono irriconoscibili, assumono strani atteggiamenti, in secondo luogo, anche la montagna non è più la stessa, un misterioso antro è adesso componente del paesaggio e chiave di questo avventuroso romanzo, anticipato dall’iconica copertina.

Il padre di Dafne comincia stranamente a comportarsi come la defunta moglie, assume gli stessi atteggiamenti, lo stesso tono della voce. Come se non bastasse, la figlia lo sorprende una notte a recitare nel cimitero dietro casa strane cantilene, misteriose quanto inquietanti ed una sera lo trova in cucina a prepararle funghi per cena, nonostante sapesse dell’allergia di lei. Le cose non quadrano in ogni famiglia: Adamo trova suo padre appeso a un castagno, in fin di vita e con in mano un biglietto sul quale vi è scritto il nome di uomo: scopre così la bisessualità del padre, proprio lui di cui temeva il giudizio il giorno che avrebbe dovuto rivelare il suo orientamento sessuale. 

Toccanti le pagine in cui Raul alla disperata ricerca del padre, saluta il castagno davanti casa ormai sradicato dall’alluvione:

Scende ancora di qualche passo, lo sfiora appena: sradicato, disteso, arreso, ucciso, al centro del prato: non potrà più diventare grande insieme a lui. Gli sfiora la chioma, il suo modo di dirgli addio, la mano che fa un terribile sforzo a distaccarsi dalle foglie puntute, la testa ormai oltre […] (p. 114)

Il genitore di Raul, alla ricerca del quale si erano mossi gli agenti e i volontari del paese, non si trova da nessuna parte: appare dal nulla dopo molte ore, in una stanza di casa sua, come se nulla fosse, sereno e soddisfatto per la fortunata raccolta di funghi. Ma tutti si accorgono che non è più lui, è troppo strano.

Tutti i padri sembrano dei fantasmi, degli zombie che si muovono guidati da una volontà che non è più la loro. Ciò che è successo al papà di Vinicio è altrettanto misterioso e inquietante: è invecchiato e si è indebolito in pochi istanti, non si regge in piedi, tra le mani ha uno strano fungo bianco, molto carnoso, le cui lamelle si sfaldano facilmente. La presenza dei funghi collega tra loro le storie delle diverse famiglie colpite dal disastro. Lascio al lettore il piacere di scoprire il ruolo che essi hanno nel romanzo e l’avventurosa storia di questi quattro ragazzi, diversi tra loro, ma legati da fraterna amicizia. Non saprei dire a quale personaggio io mi sia affezionata di più, mi sono piaciuti tutti e quattro, perché Vaccari li ha resi credibili, verosimili, ciascuno di loro con le proprie debolezze ed il proprio carattere. Vinicio, Dafne, Raul, Adamo sono giovani con una propria complessità, ma anche una certa “limpidezza” che li avvicina ai giovani di oggi. 

Buio padre è il romanzo in cui Vaccari ha deciso di provare l’elemento dark, gotico, misterioso, condito però da una certa ironia che, direi quasi, in alcuni punti, mi è apparsa “giocosa”, come se si fosse divertito anche lui a scrivere questa storia godibile e coinvolgente che lascia anche tanti spunti di riflessione sul valore dell’amicizia, sulla potenza della natura depredata, sul «male intimo» che scatena la perdita di un genitore.

«È come se la vendetta dei funghi fosse questa» riflette Raul a voce alta. «Farci sentire abbandonati, vulnerabili, costretti a mostrare al mondo la parte più nuda, più debole, più…».   «Scura. Brutta. Vera.» (p.280)

Marianna Inserra