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Una storia di marginalità sociale e umana in "Dentro la gabbia" di Stefano Cosmo

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Dentro la gabbia
di Stefano Cosmo
Marsilio, 2023

pp. 252 
€ 17,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
 
 
Fin dal principio Dentro la gabbia descrive una situazione di marginalità, geografica e umana. Ci troviamo nelle periferie di Marghera, alle soglie di una zona industriale grigia e avvelenata, dove il Petrolchimico allunga le sue ombre lunghe; il protagonista, Moreno, con la sua lunga barba e il corpo tatuato, si aggira tra bettole popolate da una “umanità sconfitta” (p. 11), in attesa di un importante incontro di Mma da cui dipende il suo futuro. Anche la sua, del resto, è una zona di confine: suo fratello è in carcere per un crimine in cui lui stesso è stato coinvolto e solo l’incontro con un uomo che ha creduto in lui l’ha tirato via dalla strada e da una vita di piccola criminalità per avviarlo su quella delle arti marziali, grazie alle quali ha imparato il rigore, la resistenza, una nuova disciplina del sé.
Non centrava l’arroganza, ma la consapevolezza. In Thailandia mi ero allenato duramente, e con i migliori. Avevo messo su muscoli e indurito le tibie a suon di calci contro sacchi pesanti e palme di banane. Chilometri di corsa percorsi sotto un caldo soffocante che mi succhiava via l’ossigeno. Ore di sparring con atleti più forti di me, per imparare, mentre i polmoni bruciavano, i muscoli delle spalle friggevano e la testa mi diceva di cambiare sport. Avevo ingoiato quintali di dolore e paura, imparando a addomesticarli. (p. 67)
In un’estate torrida, che fa fumare l’asfalto, solleva miasmi dalle acque stagnanti e confonde i pensieri, Moreno viene coinvolto, per la prima volta dopo quattordici anni che riga dritto, in una storia torbida. Il fratello Marco è stato infatti accoltellato in prigione per dei debiti ingenti accumulati con un boss della malavita locale, Paolo Trabacchin, e ora si aspetta che sia proprio Moreno a saldarli per salvare la sua vita e quella di Lili, la cognata da lui stesso amata. Per farlo, dovrà entrare al Combat Circus, un capannone dove si disputano incontri di lotta clandestini che alimentano un importante giro di scommesse e di traffici sotterranei. Spietato e senza scrupoli, Paolo Trabacchin sfrutta giovani immigrati, disperati e in attesa del permesso di soggiorno, per i propri scopi, facendone a un tempo, e indiscriminatamente, armi letali o carne da macello.
“Trabacchin cerca ragazzi cresciuti in mezzo a guerre e violenze, in posti dove il diritto di vivere te lo devi guadagnare ogni giorno. […] Non hanno imparato a combattere in palestre riscaldate con la musica di sottofondo, credimi. […] È per quello che la gente va al circo, no? Gli acrobati sono belli, i pagliacci divertenti, ma le belve… e quelle hanno un fascino particolare.” (p. 70)
Quasi prima di rendersene conto, Moreno, affiancato dall’allenatore e amico Giovanni, si trova nuovamente immerso in quegli ambienti da cui aveva provato a sfuggire, cambiando anche la propria immagine per non doversi più riconoscere come quello che era prima («allenamento dopo allenamento, goccia d’inchiostro dopo goccia d’inchiostro, il giovane criminale Moreno Zanon si era trasformato nel Barba, lottatore professionista di arti marziali miste», p. 137). Gli scontri a cui è costretto cambiano radicalmente per lui il senso del ring, che da luogo di sfogo e libertà diventa adesso una nuova prigione: «La gabbia non era più un rifugio né un confessionale. Era solo una gabbia. Per animali» (p. 137).

L’atmosfera che Stefano Cosmo vuole creare è quella del noir, anche nella scelta del suo protagonista: Moreno è un personaggio contraddittorio, in conflitto con se stesso, dominato da forti passioni che vorrebbe imbrigliare attraverso il combattimento, ma che spesso invece prendono il sopravvento. Prigioniero dei propri sensi di colpa, animo tormentato, negli anni ha fatto della menzogna una strategia di sopravvivenza, elevandola ad arte, e non esita a sfruttarla se lo ritiene necessario anche con le persone a lui care, con un intento protettivo che di fatto però le priva della possibilità di scegliere. Questo fenomeno interessa soprattutto la figura di Lili, unico personaggio femminile di rilievo, che appare infatti per buona parte del romanzo debole, incapace di cogliere ciò che le accade intorno, pronta a bersi qualsiasi bugia, quasi solo funzionale a giustificare le dinamiche emotive del protagonista, a cui d’altronde è attribuita la focalizzazione, interna ed esclusiva. Anche per questo, quando si svela il ruolo che Cosmo ha immaginato per lei, la svolta finisce per risultare straniante più che sorprendente.

La storia del triangolo amoroso costituisce un ramo collaterale della trama di cui non si avvertiva effettivamente il bisogno per lo sviluppo di un romanzo, per il resto, ritmato e avvincente nell’offrire rappresentazioni torbide e convincenti del mondo della malavita e degli incontri clandestini, con uno sguardo sotterraneo a tematiche sociali. Proprio nel descrivere la vita e il sentire del lottatore, tra allenamenti durissimi, precise strategie e incontri in cui ogni secondo può fare la differenza, Stefano Cosmo dispiega il meglio della sua prosa, che in questo risulta calibrata, efficace, centrata. In Dentro la gabbia, come caratteristico del genere, la distinzione tra bene e male, buoni e cattivi, non è mai netta. La moralità si impasta con la necessità e spesso giustifica cambi di fronte o strategie non ortodosse. Ciò è reso più plausibile anche da quella dimensione liminale di cui si diceva inizialmente e di cui la stessa Marghera è espressione:
Una connessione indissolubile mi legava la mia città, e di sicuro non dipendeva dalla bellezza. Per quella c’era Venezia. […] Marghera era il suo lato oscuro, ma più profondo, intriso di un’umanità forgiata da lotte operaie, licenziamenti, povertà, droga, crimine e voglia di rivalsa. (p. 249)
Fatto della stessa sostanza dell’ambiente che abita e che lo abita, anche Moreno lotta senza esclusione di colpi, letteralmente e metaforicamente. E se alcune delle svolte che animano la trama risultano tanto rapide e impreviste da spiazzare, la capacità di descrivere uno spazio fisico che è anche umano e sociale, di riportarne e renderne tangibile l’atmosfera e il senso di predestinazione, è il principale motivo per cui gli appassionati di noir dovrebbero tenere d’occhio la produzione narrativa di Stefano Cosmo. 
 
Carolina Pernigo