di Emma Smith
traduzione di Laura Serra
Mondadori, 2023
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Noi tendiamo a considerare la nostra affezione per i libri in termini emozionali o cognitivi, anziché tattili o genericamente sensoriali. Tendiamo a sottolineare più l'incontro con il contenuto che la sensazione di averlo tra le mani, il fruscio delle sue pagine o l'odore della sua rilegatura. Ma se pensate ai libri che sono stati importanti per voi, forse scoprirete che il loro contenuto era indissolubile dalla forma in cui vi erano stati presentati. (p. 9)
Ogni lettore, in effetti, sa che malauguratamente dovesse smarrire l'edizione in cui dieci anni prima lesse Il processo di Kafka o Il vecchio e il mare di Hemingway, la copia con le sottolineature, forse anche con la copertina strappata o una macchia di caffè - a me capita sempre - al centro della pagina X, be'...sarebbe assolutamente inutile andare in libreria a ricomprare Il processo di Kafka o Il vecchio e il mare di Hemingway. Non sarebbe più il nostro libro!
Le parole si possono ristampare in varie forme, dalle quali tendono a essere ridefinite, mentre i libri sono ostinatamente, irriducibilmente presenti. Secondo David Scott Kastan, questa distinzione fotografa la differenza tra la scrittura, che è «platonica» o essenziale, e i libri, che sono «pragmatici» o contingenti. È su tale dimensione fisica che io mi concentro qui. Questo saggio non è uno studio della scrittura platonica, ma un saggio sui libri «pragmatici». (p. 11)
Le opere letterarie non esistono in uno stato ideale e immateriale: a Emma Smith interessa il loro essere fatte di carta e di pelle, di fatica e di lavoro. Nel saggio si dà centralità all'inscindibilità di forma e contenuto, nel libro, che viene chiamata bookhood (in italiano, "librarietà"). La librarietà indica l'attenzione per l'aspetto fisico del libro: la carta, la rilegatura, le illustrazioni di copertina, le biblioteche e le collezioni. Significa soprattutto coinvolgere tutti i sensi (quanti di noi odorano le pagine di un libro prima di cominciare a leggerlo?) e non solo la vista nel momento della lettura.
Date queste premesse nell'introduzione, mi aspettavo qualcosa di più coinvolgente e meno "libresco" (la battuta è d'obbligo) nei capitoli che ripercorrono la storia del libro da Gutenberg al Kindle. Si parte proprio dall'invenzione di Gutenberg, che viene di molto relativizzata dall'autrice, per passare alla nascita dei tascabili, al libro come status da mostrare in ritratti e fotografie (da Madame de Pompadour a Marilyn Monroe in posa con l'Ulisse di Joyce), fino alla nascita del concetto di "classico" e al problema della censura.
Trova quindi spazio la figura del collezionista, colui che è in preda a un impulso che nel mondo moderno viene codificato con il nome giapponese tsundoku, ossia la tendenza ad accumulare libri che non vengono letti per l'irresistibile brama di comprare libri, anche se i nostri scaffali già ne contano decine (o centinaia) di non letti. Dal capitolo VIII al capitolo XI, si affronta il tema del rogo dei libri, dell'Indice dei libri proibiti dall'Inquisizione, ma anche del nuovo tipo di censura, quella fatta in nome dei valori democratici e della inclusione (il caso Roald Dahl insegna).
L'ultimo capitolo è intitolato Che cos'è un libro? perché, se è vero che il libro finora è stato concepito come simbiosi di forma e contenuto, l'avvento degli e-book e degli audiolibri ha radicalmente messo in discussione la "forma" libro, privilegiandone il contenuto. Alla fine, Smith risponde in modo a mio avviso affascinante:
Il libro diventa libro nelle mani dei suoi lettori. È un oggetto interattivo. Un libro che non è maneggiato e letto non è affatto un libro. (p. 262)
Con un'interessante bibliografia e un accurato indice dei nomi, Una magia portatile è realmente, come indica il sottotitolo una Storia alternativa del libro e dei suoi lettori.
Deborah Donato