Qui e altrove
di Nike Gagliardi
Dialoghi, 2023
pp. 82
€ 14 (cartaceo)
Dodici racconti brevi, un costante cambiamento di prospettiva e punto di vista, un sovrapporsi di piani narrativi, un genere che - forzatamente - potremmo far rientrare nel fantastico, ma che forse più precisamente rinegozia continuamente nelle 82 pagine il suo senso, giocando a schivare ogni forma di incasellamento.
Qui e Altrove non è una lettura lineare con un incipit, una trama e un excipit, non è una raccolta di racconti con un messaggio definito e dei finali esplicativi. Qui e Altrove è un testo spesso disturbante, nel senso che pone il lettore davanti alla difficoltà del comprendere, privandolo volutamente dell'immediatezza, lasciando a lui o a lei il compito di interpretare, decriptare e attribuire un valore alla complessità. Ogni tanto leggendo capita di pensare: eh, che fatica! Ma poi riflettendoci si tratta della stessa fatica che si prova nella quotidianità durante i tentativi di ricerca di significato, e in quelli di evitamento di significato.
Il primo racconto, «L'Appartamento», esplora il significato della parola casa, dal materiale all'immateriale, dal senso stretto al senso lato, dal letterale al simbolico. Esiste un punto di fusione tra i due poli? E, se sì, quanto a lungo siamo disposti a cercarlo prima di arrenderci? Connotato da un potere evocativo usualmente oggetto della poesia, riesce invece attraverso la prosa a scardinare le convinzioni, sussurrando direttamente nell'orecchio dell'irrazionale, stabilendo che è in effetti la sfera emotiva a dare forma agli avvenimenti.
«La speranza è l'ultima a morire» sembra una messa in scena, con tono talvolta grottesco, del mito di Eros e Thanatos. Il racconto parla di una coppia in crisi, di questioni economiche da affrontare, di incomprensioni, di percorsi che una volta convergevano e invece poi divergono. Ma parla anche di proiezioni, di paure, di bisogni, dell'amare troppo che a volte è espressione manifesta del non amare affatto, dei sentimenti in luce e di quelli in ombra, della pulsione dell'amore e della pulsione della morte, appunto. «Laura mi guarda, è appena tornata e non osa muovere un passo, si limita a giudicarmi ferma sulla soglia...» (p.20) il testo ci restituisce un'immagine plastica dirompente ovvero l'assenza di comunicazione, che non è tanto definibile odio, quanto distanza (emotiva)
Ingombrante e pervasiva la componente psicologica in «Di notte» e in «Giovanna». Nel primo un branco di lupi viene tallonato insistentemente da un automobilista, che vuole sfiancare, sfinire, portare allo stremo gli animali. Ma chi sono quei lupi? Esistono, sono lì per strada o camminano nella mente dell'uomo? Ci sono dei passaggi che fanno pensare al brano Com'è profondo il mare di Lucio Dalla, nello specifico alla frase «il pensiero come l'oceano non lo puoi bloccare non lo puoi recintare». «Giovanna» indaga il meccanismo della rimozione: «Ridere? Ridere? Teresa si coprì il volto con le mani» (p.57) Così la moglie del protagonista reagisce alle parole del marito, che dice di aver comprato il romanzo di una loro ex compagna di classe per poterne ridere assieme. Il libro di Giovanna racconta di una violenza subita molti anni prima. Il lettore scopre insieme al personaggio, acquisisce informazioni insieme al personaggio, ad un certo punto il lettore è il personaggio, fino invece a volerne totalmente prendere le distanze.
«Daniele» è scritto con il ritmo di un girone dantesco, un girone dell'inferno, che racconta il ripetersi, la condanna, con il linguaggio di una ballata ma in prosa. Disturbante la semiotica animale attribuita ad un umano in «Una convivenza difficile», disorientante per chi, come noi, come tutti noi, ha l'estenuante bisogno di incasellare l'identità, e lo fa per sopravvivere. In alcuni tratti dei racconti, che rimandano ad associazioni di immagini, sembrano apparire per qualche frazione di secondo scene dei film di David Lynch.
Il tema che certamente fa da cornice a tutti i racconti è quello del percepito rispetto alla realtà, interrogandosi costantemente su quanto ci sia di vero nella percezione, e quanto ci sia di soggettivo nella realtà. L'assenza di risposte, se non attraverso altre domande si fa elemento talvolta di curiosità, altre di fastidio, nell'accezione fisica e anche in quella letteraria.
Emblematico «Qui e altrove», il racconto dal quale è tratto il titolo, forse perché si tratta del racconto capace di racchiudere anche tutti gli altri, personalmente quello che ho preferito. Uno studente adolescente isolano e poco alfabetizzato, una docente originaria di Milano trasferitasi in Sardegna ma non a suo agio in un contesto che sente arretrato, il tema del giudizio, quello dell'apparenza, le parole che nonostante la grammatica poco corretta restituiscono un sentire autentico e in contatto con la propria coscienza, dall'altro lato le parole che nonostante la grammatica formalmente perfetta diventano simulacro di finzione. L'idea dell'autrice Nike Gagliardi di restituirci questo anche graficamente, con l'espediente narrativo e grafico di un tema scolastico corretto con i testi barrati rappresenta un input interpretativo interessante e stimolante, segno di una letteratura capace di presidiare molteplici linguaggi, attivando i lettori, nei loro processi cognitivi ed emotivi.
Insomma, siamo davanti a una raccolta di racconti che è l'opposto del didascalico, e che quindi non mi dilungo oltre nel descrivere, anche perché in effetti non sono certa di aver letto ciò che è o ciò che sento possa essere.
Rossella Lacedra
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