Il cognome delle donne
di Aurora Tamigio
Feltrinelli, luglio 2023
pp. 408
€ 19 (cartaceo)
€9,99 (ebook)
Rosa, sul cuscino che ancora sapeva dei capelli di Selma, si era messa a pensare che forse non era male avere tirato su tre figli che non sapevano cosa fosse il sangue. Voleva dire che in vita loro, tutto sommato, ne avevano visto poco. (p. 49)
Tre
generazioni di donne: madri, figlie, mogli e nipoti. È così che si potrebbe
riassumere Il cognome delle donne di
Aurora Tamigio: una vicenda che attraversa vite, sofferenze, matrimoni, morti e
secoli di storia italiana.
All’origine,
c’è Rosa, una donna che, al contrario del nome che porta, dimostrerà sempre una
forza straordinaria, trasportando sulle sue spalle i fardelli della sua vita e di
quelle delle figlie. La sua sofferenza inizia dall’infanzia: Rosa nasce in un
piccolo paese isolato della Sicilia in una famiglia umile e modesta, dove il padre
dimostra la propria frustrazione sulla figlia. Già da qui, s’intuisce la tenacia
della donna, che mai si piegherà alle violenze del padre e a quelle dei suoi
fratelli. A salvarla, arriva Sebastiano Quaranta: un uomo docile e gentile che,
non avendo una madre o una sorella, era «l’unico uomo al mondo a non sapere come suonarle» (p. 24). Insieme
scappano e si rifugiano in un piccolo paese di montagna, dove apriranno
un’osteria, la prima del paese. Ed è qui che incontriamo un luogo fondamentale per
i Quaranta e dove si dipaneranno le vite di tutti gli altri membri della
famiglia, perché la taverna diventa lavoro, casa, rifugio e sfogo, quando tutto
sembra andare per il verso sbagliato. E non tardano nemmeno ad arrivare i
figli: Ferdinando, il primogenito, Donato e infine Selma, la desiderata femmina.
Ferdinando sarà un uomo uguale al padre nel fisico, identico alla madre nello spirito: pronto all’azione, si scalda per le ingiustizie e non si perita
mai a difendere i propri genitori o fratelli. Donato è descritto, fin da
bambino, come riflessivo, tanto da abbracciare la vita ecclesiastica e infine
Selma, una ragazza che avrà ben poco della forza della madre, dimostrandosi
sempre succube ai bisogni maschili.
La
vita della famiglia Quaranta sembra quindi procedere bene: l’osteria è ormai
diventata nota in tutte le campagne, gli affari vanno a gonfie vele e i figli
si stanno integrando nella routine lavorativa. La Seconda Guerra Mondiale,
però, bussa alle porte anche del paesino montano e così anche Sebastiano
Quaranta riceve la chiamata alle armi. A Rosa, con tre figli ancora da
crescere, non resta che rimboccarsi le maniche e tirare avanti. E lo dovrà fare
per forza, perché Sebastiano Quaranta, da quella guerra, non tornerà più.
In tutta la sua vita, non aveva mai avuto davvero paura: si era difesa dalle cinghiate di suo padre, non l’aveva spaventata l’idea di lasciare la famiglia per seguire suo marito, non si era data pena di urlare chissà quanto durante i tre parti. Ma la guerra le aveva fatto conoscere il terrore e la realtà di restare sola e perdere chi amava. E, insieme a lei, anche i suoi figli avevano imparato a conoscere l’odore della paura. (pp. 42-43)
Nel
frattempo, Selma cresce, non avendo mai quella forza di Rosa, tanto da sposare
un uomo che «non era davvero niente di che» (p. 76): Santi Meraviglia, detto “Santidivetro”
per la sua pelle chiarissima. Il loro matrimonio darà alla luce altre tre
figlie femmine: Patrizia, Lavinia e Marinella, che saranno lo specchio di ogni
Quaranta. Sì, perché Patrizia avrà la vena polemica dello zio Ferdinando e lo
spirito di Rosa, Lavinia invece si dimostrerà calma e taciturna come la madre
e, infine, Marinella, la copia di Santi, tanto da essere la sua prediletta.
Non era sera, quella, per discutere. Patrizia lo capiva da sé quando suo padre era nervoso e non aspettava altro che attaccare briga. Ma non sopportava che avesse sempre lui l’ultima parola. Giù a valle le ragazze vestivano come volevano, guardavano la televisione e andavano in giro da sole. A lei, invece, toccava sempre obbedire e andare a prendere quel vino della malora. (p. 128)
Il Cognome delle
donne è un libro
che racconta quanto l’eredità famigliare (qui, soprattutto quella femminile)
pesi su ogni individuo e quanto ognuno di noi sia figlio delle generazioni
passate. È una storia di donne, quella che racconta Aurora Tamigio, che si
srotola negli anni che vanno dalla Seconda Guerra Mondiale fino a quelli più
recenti, perché la storia dei Quaranta s’interseca con quella italiana. La fine
della guerra, il boom economico, il voto alle donne o semplicemente l’arrivo
delle auto sono tutti fenomeni sociali che ben si riscontrano nelle loro vite. Quello
che, però, colpisce di più è l'avventurarsi, pagina dopo pagina, nelle vite di
ognuna di queste donne e percepire il loro diverso rapporto con i membri della famiglia. Ogni capitolo è, infatti, dedicato al loro personale e intimo
punto di vista: scopriamo così come il legame di Lavinia con la nonna era prezioso,
grazie alla passione condivisa per le erbe medicinali (nata quando Rosa fu
picchiata dal padre, tanto da rimanere allettata per un mese).
Non si era mai capito se, sin da piccola, ai tempi del paese, fosse Lavinia a stare in mezzo alle gonne di sua nonna oppure fosse Rosa che se la teneva accanto. Certo era che, a furia di starle sempre appiccicata, Lavinia aveva imparato dalla mamaranna cose che nessun altro sapeva. (p. 195).
L’autrice, attraverso le loro vite, racconta
una storia tutta italiana che potrebbe ricordare molto da vicino quella delle
nostre nonne e madri. Sì, perché, se la loro esistenza è sicuramente legata a
quella dei grandi fatti storici; a dar forma alla vita quotidiana però sono azioni e oggetti semplici che, forse a ben pensare, potrebbero riemergere
anche dai nostri ricordi, come la macchina da cucire Singer di Selma o i vinili
delle sue figlie. Questa storia universale viene raccontata da Aurora Tamigio con
caratteri privati, spesso umili, ma che ben dimostrano come Il cognome delle donne sia una vicenda in
cui vale la pena tuffarsi. E forse il significato dell’esordio di Aurora
Tamigio sta nel titolo, perché è anche sul cognome Quaranta, simbolo
intramontabile dell'eredità famigliare, che si aggrappano le donne di questa
storia.
Giada Marzocchi