La pietra e lo specchio
di Alan Garner
Neri Pozza, maggio 2023
Traduzione di Irene Abigail Piccinini
pp. 144
€ 15,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
La cassa era piena. Disposti fra strati di seta c'erano tazze, piattini, piatti da portata e brocche di dimensioni grandi e piccole: colorati, tinta unita, semplici, argentati, dorati ritorti; scene di danza, scene di uccisioni; navi, oceani, mari; bestie, uccelli, pesci, balene, mostri, case, castelli, ville, palazzi; cherubini, satiri, ninfe; montagne, fiumi, foreste, laghi, campi e nuvole e cieli. (p. 14)
Joe Coppock, un ragazzino che vive da solo in una casa in mezzo alla brughiera in un luogo senza tempo, trova tutto questo quando apre la cassa di Treacle Walker, uno stracciaiolo ambulante che, in cambio di un osso di agnello e di un vecchio pigiama di Joe, gli offre di scegliere due tra gli oggetti in suo possesso. Joe, tra tutta la chincaglieria, sceglierà una pietra e un magico unguento. Questi strumenti gli permetteranno di andare al di là del limite della materia, del mondo e anche del tempo normalmente inteso fino a non capire più ciò che è sogno da ciò che è realtà.
Il nome di Alan Garner è, per il pubblico italiano, meno noto di quanto non sia per il pubblico anglosassone e, in caso di conoscenza, è legato alla letteratura per ragazzi. Il più noto tra i suoi titoli è The owl service, da cui è stata tratta una serie tv alla fine degli anni Sessanta, vincitore, tra gli altri, della Carnegie Medal, premio britannico per romanzi per bambini e ragazzi. Pochissimi titoli dell'autore sono tradotti in italiano e anche i pochi titoli sono di difficile reperimento, quindi La pietra e lo specchio, da poco edito da Neri Pozza, è di fatto il primo approccio all'immaginario dell'autore che per la ricchezza dell'interpretazione del folklore inglese viene spesso accostato a J.R.R. Tolkien, quando si tratta di dargli un posizionamento. Proprio come Tolkien e C.S. Lewis, anche la produzione di Garner si scinde tra titoli per ragazzi e titoli per adulti. La pietra e lo specchio vive nello spazio ibrido tra i due filoni: ha un'impostazione favolistica – un misterioso venditore di carabattole che cede oggetti magici a un ragazzino con un'ambientazione in un non-tempo e non-luogo – e il rispetto della regola del tre per ogni prova e ogni scambio di battute tra i personaggi, ma - è bene dirlo subito - è un testo che sfida il lettore e gli richiede tutta la sua attivazione mentale. Come ogni storia breve, sembra quasi più importante lo spazio bianco tra le righe rispetto a quello che c'è scritto.
«Tu hai scelto l'incantagione».«Io mai».«Ma sì che l'hai scelta. La scelta è stata tua. Avresti potuto scegliere luccicumi. Non li hai scelti». (p.126)
Il mondo in cui si ambienta la storia appare dai confini reali molto ristretti ed è, al contempo, reale e inquietante. Joe vive da solo, non sono menzionati adulti o genitori, si sta curando, come tanti bambini, l'occhio pigro e l'unica connessione temporale è il passaggio di Noony, uno sferragliante treno, che ogni giorno a mezzogiorno segnala a Joe l'ora esatta. I luoghi – Podere Fienile, Grande Prato, Campo Sabbia Piccolo – sembrano le invenzioni dei bambini per rendere avventurosi i luoghi della quotidianità.
Joe si trova su quel confine sottile tra infanzia ed età adulta, tra fascinazione e cinismo. È un personaggio sulla soglia, diviso a metà, come mostrano i suoi occhi: si sta infatti curando l'occhio pigro e se per il dottore, l'unico adulto reale e realistico che vediamo nelle pagine, è fondamentale riportare i due occhi allo stesso livello, per le figure magiche del romanzo, la divisione nella vista è un valore aggiunto.
«Cos'hanno i miei occhi?»«Hai l'incantagione» disse l'uomo. «Solo in quell'uno. E non è brutta cosa, se ne hai il sapere. Sarà lei a governare mentre ti impratichisci e a quel punto starai un fillilù. Ma abbisogni di tutti e due. Ciò che vede è visto». (p. 52)
Joe riesce quindi a restare legato alla realtà tramite l'ancora del treno Noony ma, grazie agli strumenti ottenuti da Treacle Walker, può addentrarsi nel fantastico cadendo addirittura nelle pagine dell'unico fumetto che ha e che tiene come una reliquia e che lo portano a lottare con i personaggi che lì si trovano. Ricordano quasi i sogni lucidi di Corto Maltese quando sprofonda nei dipinti delle Elvetiche o nei segni incisi del continente di Mu. La pietra con inciso il cavallo, dal potere di pulire e sigillare porte e oggetti, e l'unguento per aprire la vista vengono, tra l'alto, ottenuti con lo scambio di due oggetti densi di significato: un vecchio pigiama e una scapola di agnello. Come a dire che Joe deve liberarsi dell'innocenza e dell'infanzia per mantenere l'incantagione e poter vivere sul confine del reale e dell'immaginifico con cognizione di causa. Anche se, a ben pensarci, la differenza tra ciò che crediamo concreto e ciò che è frutto dell'indefinito è ancora più sottile del confine tra infanzia ed età adulta.
«Da quanto sei lì?» domandò Joe. «Nella torbiera».«Da un favo di tempo».«E quanto sarebbe?»«Da allora fino adesso. E tu?»«Io cosa?»«Quant'è che stai lassù nella bella casa con il camino?»«Da sempre. Vivo lì».«E quanto è "sempre"?» (pp. 72-73)
Così Thin Amren, l'uomo nudo che vive nella palude e che è, insieme a Treacle Walker, l'unico personaggio, scardina con ironia una certezza basilare di Joe, ovvero il senso del tempo. Tempo che in questo romanzo diventa liquido, esplora la coesistenza di diverse realtà e diverse versioni di noi.
La pietra e lo specchio non è semplice. Certamente è una favola e un percorso iniziatico e la scarsa conoscenza dell'immaginario dell'autore può essere un limite per chi vorrebbe leggere questa storia come un avvincente romanzo fantasy. Sono pagine che sembrano volerci confondere e Joe dà voce al pensiero del lettore accusando Treacle Walker. Ma in queste pagine non andiamo in cerca di ciò che c'è al di là dello specchio: dobbiamo esplorare gli atomi che compongono il vetro e scoprire che, nello spazio vuoto tra gli atomi, ci sono infiniti mondi, infinite possibilità e infinite versioni di noi.
Giulia Pretta