L'esordio eclettico di Alice Sivo: «Mangime in compresse per pesci tropicali»

 

Mangime in compresse per pesci tropicali
di Alice Sivo
Racconti edizioni, giugno 2023

pp. 164
€ 14,00 (cartaceo)
€ 5,99 (ebook) 

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Stanotte ho cambiato posto, boccia e fondale ai pesci mentre dormivano, così domani quando si svegliano non ci capiscono più niente. Magari gli darò anche una compressa, così forse gli sembrerà di essere andati a mangiare in trattoria.
Volevo che provassero la sensazione di non essere più a casa loro. All’improvviso, senza possibilità di scelta, messi solamente di fronte al fatto compiuto. (p. 17)

164 pagine, venticinque racconti, altrettanti personaggi in buona parte connessi da legami di natura variabile (a volte un solo accenno, un fugace incontro per strada; altre volte il destino di due vite che si separano lungo il percorso): è questa la sfida d’esordio di Alice Sivo, che abita a Roma – o meglio al Pigneto, come ci tiene a specificare nella biografia sulla bandella di destra – e che a Roma ha deciso di ambientare tutte le sue storie. Una sfida coraggiosa esordire con una raccolta di racconti che, oltretutto, solo all’apparenza sono di semplice lettura ma poi, sotto un primo strato ricoperto di ironia pungente e linguaggio colloquiale, rivelano un cuore fatto di solitudini esistenziali e incertezze.

Incerte sono le vite e la quotidianità dei personaggi: che siano adulti, bambini o altro, tutti gli abitanti di questo piccolo mondo moderno sembrano galleggiare a mezz’aria, sospesi fra uno ieri migliore  o quantomeno ritenuto caro, un luogo in cui tornare con la memoria , un oggi sfuggente e un domani avvolto nel fumo indefinito di ciò che non si conosce e che pertanto rappresenta una sfida.

Incerti sono anche i legami. Venticinque personaggi che si rincorrono, si sfiorano, a volte si passano accanto domandandosi chi sia quel tizio seduto al tavolo, perché mangi da solo, e poi tornano a concentrarsi su se stessi, presi da quell’urgenza di cui sopra. Utilissimo è lo schema che si trova in quarta di copertina, quell’insieme di linee e tratti che unisce i puntini esistenziali e che ricorda le costellazioni astronomiche. Fuori da questo schema, tangenziale a tutto il resto – e che tutto il resto domina e osserva  c’è quell’IO autobiografico, la Alice Sivo scrittrice che trova il proprio corrispettivo nell’unico personaggio, la Alice personaggio, legato a tutti gli altri punti. Alice Sivo conduce con noi lettori questo gioco che fa a cazzotti con la sospensione dell’incredulità necessaria a leggere le opere di fantasia, perché in diverse occasioni sappiamo di star leggendo un’opera di finzione – è Alice stessa a dircelo: la Alice scrittrice e la Alice personaggio – ma in molte altre siamo invece immersi nella realtà creata per noi. È un continuo stare dentro e fuori, come un pesce indeciso se rimanere nell’acquario o saltarne fuori: nell’acquario, dove c’è l’acqua, c’è la vita, eppure è vita finta perché quel luogo è costruito su misura per i pesci; o fuori, dove l’acqua non c’è e c’è invece la morte, eppure è quello il mondo vero. Quindi la domanda torna forte, una volta che ci si interroga su cosa stiamo leggendo: meglio restare dentro i racconti, dove c’è una finzione a tratti rassicurante, o uscirne fuori, dove la realtà può essere insidiosa?

A proposito di finzione, c’è un ultimo punto che vale la pena affrontare. Nei racconti di Alice Sivo tutto vive: gli adulti, i bambini, gli animali, la frutta, anche gli oggetti. Così, ci ritroviamo nei panni di una sleppa di fagiolo – che è già una contraddizione, perché la sleppa, a Roma, è una cosa grande, mentre il fagiolo è una cosa minuscola – o di un buco nel cartongesso, che resta in vita soltanto finché il muratore non termina le riparazioni. C’è una sorta di animismo che regna sulle storie di Alice Sivo: anche gli oggetti hanno qualcosa da raccontare, così come anche gli animali sono partecipi delle vite degli uomini. Fra loro e noi – cioè fra ciò che non è umano e ciò che lo è – sussiste uno scarto esistenziale che porta a una diversa comprensione della realtà e che obbliga il lettore a entrare in occhi che sono altri, come altra è la loro natura. E così i pesci, costretti a vedere i film insieme al loro proprietario, ne danno interpretazioni diverse. In questo scarto – in questo qualcosa di inafferrabile – c’è un fascino che è forse il vero potenziale di questa autrice. Su questo, da lettore, vorrei vederla concentrata nei prossimi progetti.

Mangime in compresse per pesci tropicali segna un esordio interessante da seguire. Alice Sivo ha una scrittura fuori dagli schemi, che sotto una spolverata di eclettismo riesce a celare l’inimmaginabile. Sarà bello osservarla ancora.

David Valentini