“Il vostro Gran Benefattore, il paladino delle donazioni, in realtà è un imbroglione. È un nazista, avrei dovuto ammazzarlo”.
Cosa pensereste, se una sera del 2004 all'Opera di Chicago un ottantatreenne puntasse una pistola contro un suo coetaneo stimatissimo, accusandolo di essere stato un gerarca nazista? Inizia con questa scena spiazzante Volevo solo averti accanto, di Ronald H. Balson.
Il soggetto a puntare la pistola è Ben Solomon, ebreo di origine polacca, mentre l'altro uomo anziano è Elliot Rosenzweig, illustre magnate di Chicago, considerato da tutti un benefattore illuminato, ragion per cui è stato insignito di numerose onorificenze. Inutile dire che Ben Solomon viene subito arrestato, ma Rosenzweig decide di non denunciarlo, perché non vuole infierire oltre. In fondo, lui per primo è stato in un campo di concentramento e i numeri tatuati sul braccio glielo ricorderanno per sempre, dunque preferisce scusare quell'uomo, tanto più che si è presentato con una pistola scarica. Agli occhi della gente, anche questo comportamento non fa che provare la magnanimità di Rosenzweig, ma non per Ben: no, lui è davvero convinto che dietro quel volto che non vedeva da sessant'anni si nasconda Otto Piatek, un Haupscharführer nazista.
L'evento attira l'attenzione mediatica e Solomon è chiaramente additato da tutti come una persona disturbata, visto che ha osato provare a intaccare la proverbiale reputazione di un miliardario tanto amato. Ma la vita di Rosenzweig è davvero così irreprensibile?
A occuparsi della questione sarà l'avvocata Catherine Lockhart, dell'importante studio Jenkins & Fairchild. In realtà non subito Catherine mostra interesse per la vicenda di Ben Solomon, di cui dovrebbe occuparsi pro bono, contrariamente alla politica del suo studio. Il suo amico Liam Taggart, però, fa di tutto perché Catherine conceda almeno un po' di tempo a Ben per ascoltare la sua storia. E Ben si prende tutto il tempo necessario, perché occorre tornare indietro nel tempo, alla sua infanzia in Polonia, a Zamość, con una storia che parte in modo dolce e che si fa via via più cruda:
“Il suo vero nome è Otto Piatek e un tempo era il mio migliore amico. Siamo cresciuti insieme in Polonia. Eravamo una sorta di triumvirato: io, Otto e Hannah, eravamo inseparabili. Non sapevo che fosse sopravvissuto alla guerra fino a quando non l’ho visto in TV un paio di mesi fa. Non so bene perché, probabilmente me lo aveva suggerito Hannah, ma ho cambiato canale e sono finito su un documentario sui mecenati. È stato lì che l’ho rivisto, seduto nel suo meraviglioso ufficio, che si faceva chiamare Elliot Rosenzweig.”
E da qui muove una storia delicata e piena di colpi di scena, che si dipana lungo due piani temporali (il presente e il passato nella storia di Ben), mostrando come realtà, simulazione e manipolazione possano intrecciarsi. Inutile dire che, per come Balson ha costruito il romanzo, è facile empatizzare con Ben Solomon e sperare che, dopo tanta sofferenza, l'uomo possa arrivare alla resa dei conti tanto desiderata.
GMGhioni
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