Che cosa pensate quanto vedete un uomo o una donna vestiti con abiti a righe? Dopo aver letto il nuovo libro di Michel Pastoureau, sappiate che non avrete più lo stesso sguardo su questo celebre motivo che oggigiorno disegna molti tessuti ed è impiegato un po' in tutti gli ambiti, dall'abbigliamento all'intimo, dalle tappezzerie ai tessuti per la casa, dalla cancelleria alla pelletteria,... Il celebre storico dei colori francese in questo agile saggio disegna un interessantissimo percorso culturale, che ha al centro le righe.
Nel suo centinaio di pagine, il saggio si sofferma soprattutto sul Medioevo: le righe erano motivo di scandalo, segno di trasgressione e spesso avevano una connotazione negativa. Se in campo religioso erano stati più volte criticati e addirittura condannati i mantelli a righe dei carmelitani, in letteratura erano rappresentati con abiti "sbarrati" i personaggi negativi i traditori (ad esempio, Gano della Chanson de Roland). Nella società laica, questa scelta di abbigliamento era riservata agli emarginati o ai reietti, ai servitori, ai condannati, alle prostitute,...
Perché le righe erano tanto osteggiate? Pastoureau lo spiega cercando di portarci a osservare persino i colori e i disegni dei tessuti con occhi diversi da quelli di oggi e ricordandoci che il concetto stesso di varietas era negativo nel corso del Medioevo. E questo valeva non solo per i tessuti, ma anche per i manti degli animali: se rigati o maculati, si trattava di belve ingannatrici e/o feroci. Persino la zebra per un certo periodo è stata creduta pericolosa!
Una breve carrellata nel mondo dell'araldica ci mostra come, a partire dal XII secolo, con particolare intensità però nel XIV, le righe abbiano assunto altre connotazioni: esisteva un codice precisissimo (e cervellotico) per descrivere le diverse tipologie di righe impiegate negli stemmi e decriptarne il senso.
Se a partire dal XVI secolo iniziamo a distinguere anche delle righe "buone" e perlopiù queste marcano i vestiti della servitù (spesso a imitazione di una certa moda africana), esistono anche righe "aristocratiche" o mondane, che trovano un nuovo slancio dal 1755. La cosiddetta americanofilia fa sì che la bandiera a stelle e strisce suggerisca e legittimi una nuova moda. Così durante la Rivoluzione francese il tricolore anima anche una tendenza ad avere almeno un capo di vestiario o un accessorio bianco, blu e rosso.
Tappezzerie, tessuti e tende a righe verticali sono ovunque nel periodo ottocentesco, con la funzione non ancillare di allargare gli spazi, sfruttando le illusioni ottiche. Bisogna pur sempre ricordare che le righe hanno anche un impiego diverso, lontano dalla mondanità: ad esempio, invadono il mondo della marina, continuano a essere impiegate per le divise dei condannati ai lavori forzati e nel Novecento tristemente saranno associate alle vesti lacere dei deportati nei campi di concentramento durante la Seconda guerra mondiale.
Queste e altre considerazioni di Pastoureau mostrano quanto un elemento estetico sia stato impiegato nei secoli con funzioni simboliche altamente diverse, intrecciandosi profondamente alla storia e alle tendenze della società. Ecco perché questa nuova pubblicazione per Ponte alle grazie non offre a noi lettori solo curiosità sul passato; è un'occasione per attraversare la storia in modo diverso da quello tradizionale, rintracciando nell'impiego delle righe, di secolo in secolo, uno specchio rilevante di paure, bisogni, istanze rivoluzionarie, desideri di autoaffermazione o marchi del diverso, dell'escluso. E indosseremo i nostri capi rigati con la consapevolezza di tracciare noi stessi, con le nostre scelte, un pezzo di storia.
GMGhioni