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La prima regina Tudor in “Elisabetta di York. L’ultima rosa bianca” di Alison Weir

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Elisabetta di York. L’ultima rosa bianca

di Alison Weir
Neri Pozza, 2023

Traduzione di Chiara Brovelli

pp. 575
€ 23 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)

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Finalmente Elisabetta aveva l’anello al dito ed era regina d’Inghilterra di fatto, oltre che per diritto di nascita. (p. 301)
Lo sappiamo, la dinastia Tudor affascina da sempre gli amanti della Storia inglese; ormai, conosciamo benissimo Enrico VIII e la storia drammatica delle sue sei mogli. A renderle giustizia, e farlo tornare alla ribalta, sono stati fondamentali i sei volumi di Alison Weir (qui la recensione al quarto). Al contempo, però, ci fermiamo, o meglio iniziamo, dalla vita di Enrico VIII, eclettico sovrano che segnò in modo indelebile il suo tempo, e non approfondiamo mai i personaggi storici prima di lui, ad esempio i suoi genitori. E, ancora una volta, ci viene in soccorso la nota autrice inglese che nel suo ultimo volume, Elisabetta di York. L’ultima rosa bianca, ci racconta la vita della madre di Enrico VIII: una donna al centro di intrighi politici del suo tempo.

Elisabetta di York è una di quelle figure che, sebbene siano state centrali nel loro tempo, oggi sono state eclissate da altre e, nel suo caso, dalla notorietà del figlio Enrico. Siamo in Inghilterra, nel 1470, quando Elisabetta aveva poco più di quattro anni e quando il regno di suo padre iniziava a essere scosso dalle guerre intestine tra York e Lancaster. Le due dinastie erano acerrime nemiche e si contendevano il trono inglese, senza esclusioni di colpi politici, matrimoniali (le nozze erano impiegate, com’era consuetudine, per stringere alleanze) e bellici.
Elisabetta rimase seduta, immersa nei suoi pensieri. Non v’erano certezze quando si trattava di alleanze stipulate mediante nozze tra reali, e un trattato poteva essere rotto o ignorato, se si presentava un’offerta migliore. Il suo futuro non era affatto certo… (p. 88)
Elisabetta, fin da quando era una bambina, si trova nel mezzo a queste lotte e ne deve quindi gestire le conseguenze psicologiche in primis di se stessa e poi della madre - Elisabetta Wydeville -, una donna fragile e debole, sempre diffidente e malfidata. Ecco, Elisabetta si dimostra, però, capace di gestire una madre complicata e ansiosa; questo sarà solo il preludio a una vita difficile, in cui gli intrighi politici saranno parte quotidiana della sua vita, o almeno nell’intervallo che ci racconta l’autrice. Sì, perché Alison Weir tratteggia solo una parte dell’esistenza dell’Ultima rosa bianca ovvero all’incirca quindici anni, in cui la primogenita è prima promessa sposa del Delfino di Francia (matrimonio che, però già a un’età adulta della ragazza, salta per un cambio di alleanze) e poi ancora costretta ad accettare la sovranità dell’Usurpatore, lo zio di Elisabetta. Insomma, la primogenita vive gli anni più turbolenti della Monarchia inglese in un tempo in cui le donne erano sacrificate con matrimoni per stringere amicizie. E non ho potuto non notare come la grande eredità della prima regina Tudor non sia stata quella di aver messo al mondo Enrico VIII (che rimane comunque una figura dal forte interesse storico), bensì sua nipote, Elisabetta I, la Regina Vergine. La sua personalità, il suo coraggio e, soprattutto, quello di non voler aver un ruolo marginale nel matrimonio con Enrico VIII («Eppure, non fu affatto felice di sentire che Enrico la definiva la sua consorte: sarebbe stata la sua regina, al suo pari», p. 295) rispecchia molto quello della nipote che, come lei stessa si definì, era sposa dell’Inghilterra.

L’Elisabetta di York. L’ultima rosa bianca trasporta il lettore in un’epoca affascinante, in un’Inghilterra lontana nel tempo ma di cui notiamo ancora oggi gli effetti, come l’attaccamento della popolazione inglese alla corona. Conosciamo così, prima ancora che un personaggio storico, una donna che seppe imporsi in un mondo prettamente maschile senza grandi atti clamorosi, ma che non si tirò mai indietro verso le cause e i principi in cui credeva. E qui riscontriamo il grande pregio dell’autrice, quello di rendere la Storia viva e mostrarci l’umanità di figure che, altrimenti, rimarrebbero solo sui libri di storia. E, sebbene i personaggi intorno alla donna siano molti, il lettore seguirà benissimo le vicende personali e politiche di Elisabetta, perché entrambe (sfera politica e personale) vanno di pari passo quando si ricopre un ruolo del genere. Lo stile poi dell’autrice fa il resto: la sua scrittura, per quanto colma di descrizioni degli ambienti e del vestiario, non risulta mai ridondante; anzi, contribuisce a ricreare nell’immaginazione del lettore un periodo storico tanto intrigante.

Giada Marzocchi