L’immortale
di Catherynne M. Valente
Fazi, 27 giugno 2023
Traduzione di Tiffany Vecchietti
pp. 346
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (eBook)
Questo è ciò che significa immortale. È solo la sua morte che muore, Koščej va avanti all’infinito. (p. 107)
Immaginate di entrare in una fiaba, non in quelle a cui siamo abituati - dove spesso è completamente assente qualsiasi richiamo all’ideologia e alla cultura del luogo -, ma in una fiaba russa inserita nel contesto storico della Rivoluzione d’ottobre e le guerre mondiali. L’opera di Catherynne Valente è un retelling della storia di Koščej l’immortale e, come Propp insegna, vi sono più oggetti magici, aiutanti e oppositori, ma non è subito chiara la linea di confine tra di loro, perché nel corso della narrazione, fino alla prima metà del libro, ho trovato i loro comportamenti oscillanti tra la bontà e la cattiveria, talvolta la perversione.
Chi era Koščej? Nella tradizione russa è raffigurato come un vecchio satiro avaro e seduttore di giovani fanciulle, con la qualità di essere immortale, grazie alla separazione della sua anima dal corpo, custodita gelosamente in un luogo impensabile e praticamente quasi introvabile. Chiunque l’avesse trovata avrebbe decretato la sua morte. Nella fiaba rivisitata da Valente, Koščej è un avvenente giovanotto straricco, che possiede meravigliose residenze ai quattro angoli della Russia e auto tecnologiche che si guidano da sole (oppure l’autista c’è, ma è invisibile… chi lo sa?!) e sposa una fanciulla bella, dall’animo gentile, che conosce a memoria l’opera di Puškin, Marja Morevna. Anche in questa storia Koščej è immortale, è una sorta di zar di Russia, lo zar della Vita.
La particolarità di questa fiaba è che ogni aspirante marito atterra come uccello nel giardino della ragazza che ha avvistato, si trasforma in un bel giovanotto in divisa e le chiede la mano. Questo succede alle tre sorelle maggiori di Marja Morevna:
Era primavera, e la pioggia mattutina aveva reso la loro strada, lunga e stretta, scivolosa e scintillante, tempestata di petali rosa bagnati. Marja osservava dal piano di sopra gli uccelli che si radunavano ancora una volta sulla grande quercia, aprendo e schioccando il becco sui fiori di ciliegio zuppi e increspati […]. Uno di loro, un tipetto bruno, dal suo ramo verde si sporse troppo in avanti, e senza distogliere lo sguardo dalla finestra di Marja, cadde pesantemente - dump, paf! - sul ciglio della strada. Poi l’uccellino balzò in piedi, e quando si raddrizzò, era un bel giovanotto in una bella uniforme marrone con una lunga fascia bianca, i bottoni scintillanti come il sole, la bocca rotonda e gentile. (p. 19)
Marja vede l’essenza, la vera identità avicola - diciamo così - dei pretendenti delle tre sorelle prima che si trasformino in giovanotti, ma non quella del suo Koščej, che lei vede per la prima volta direttamente nel suo aspetto umano, bello e dannato, alto, bruno:
Lui le prese la mano e lei fissò quell’uomo che si stava sporcando i neve i pantaloni…e quanto sembravano grandi i suoi occhi, e neri, spietati, astuti, vecchi. Eppure non era vecchio. Più vecchio di lei, ma avrebbe scommesso che non avesse più di vent’anni. Aveva ciglia lunghe e bistrate come una ragazza, e i suoi capelli svolazzavano al vento come una pelliccia di un cane selvatico. (p. 57)
Lei ne ha paura, ma non può dire di no alla sua richiesta di vivere con lui: i suoi modi imperiosi e gentili allo stesso tempo, «sebbene la spaventasse […] sembrava anche familiare, qualcosa già parte di lei, simile a lei anche nella forma delle labbra e nella curvatura delle ciglia» (p. 57). È lui: è il papà Koščej di cui parlavano i folletti, i domovoj, strane creature che vivono sotto le case della gente e si riuniscono in komitet per discutere e combattere contro le idee borghesi e la proprietà privata. Sono dei comunisti fatati, insomma e sono assolutamente bizzarri: anche le donne sono autorevoli matriarche coi baffetti, anche se più setosi di quelli dei loro compagni.
Personaggi bizzarri costellano la narrazione e la arricchiscono: fanno dispetti, sono maneschi e permalosi, quelli che vivono nel regno di Koščej amano farsi punire e picchiare, possono far diventare Marja piccola come loro e farla ritornare alle sue dimensioni originali (come Alice de Alice nel paese delle meraviglie). In ogni fiaba russa e slava che si rispetti c’è la baba-jaga, una vecchia megera, maligna, che spesso è aiutante del/della protagonista: la incontriamo a metà lettura e scopriamo che è, non solo la sorella, ma anche l’ex amante di Koščej. All’inizio del libro è interessante la figura di Licho, una vedova gobba, molto simile ad una strega che tornerà nelle pagine finali della storia:
La megera si fermò e, muovendo la testa rapida e decisa come un uccello, alzò lo sguardo verso la finestra. Gli occhi della vedova Licho erano neri ed enormi, come se le fossero sgocciolati sul viso, si fossero sciolti e le fossero scivolati sugli zigomi. Il suo sguardo era lacerante e pungente. (p. 45)
La vecchia possiede un libro di storia enorme, foderato di nero e invita Marja a leggerne le pagine: la fanciulla capisce subito che la versione che il libro dà dei fatti storici è diversa da quella che fanno leggere a scuola. È un libro che la inizia a quello che è il regno dell’Immortale, l’uomo che verrà e la porterà via per sposarla e regnare con lei su tutta la Russia. Ma sarà il suo unico amore?
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Immagine dei gadget del libro |
La più cara amica della fanciulla, una volta nel regno di Koščej, sarà Madame Lebedeva, una creatura bellissima, eterea, amante dei belletti e delle stoffe alla moda, ma anche Naganja, uno strano ibrido tra una fanciulla con ali da pipistrello e una pistola con mirino e proiettili in testa, e Zemleed, creatura di fango, rami e foglie. Nel comprendere come siano fatti fisicamente questi personaggi sono utili le card allegate al libro cartaceo: si tratta di gadget contenenti le illustrazioni di Alba Real (
@alba_r_art su Instagram).La vita come zarina al fianco di Koščej è un vero percorso; forse questa storia è anche un romanzo di formazione in senso magico: Marja deve imparare a conoscerlo, a entrare nel suo mondo fatto di violenza, punizioni, sangue, promiscuità, ghiaccio, fuoco. L’Immortale è parte di lei, si potrebbe dire che rappresenta la parte più oscura di Marja che lotta contro la sua parte di luce.
Non racconterò la trama della storia, ma aggiungo però che a un centro punto si inserisce nella narrazione anche un altro bel giovanotto, stavolta biondo, che si chiama Ivan Nikolaevič, e la storia prenderà un’altra piega.
I destinatari de L’Immortale sono soprattutto ragazzi e ragazze, cui la Fazi ha dedicato una speciale collana del suo catalogo nominata Lainya: credo che si tratti di un libro dalla lettura non propriamente agevole per essere pienamente apprezzato da un pubblico così giovane. La scrittrice si è ispirata alla fiaba slava di Koščej e l’ha inserita in un contesto storico ben preciso, ma complesso: i riferimenti alla Grande guerra che si trovano nel librone nero della megera Licho, evidenziati nel testo dall’utilizzo del corsivo, parlano dell’eterna battaglia tra la vita e la morte e chiamano in campo diversi regnanti indicati tutti come zar (la zarina del sale, lo zar degli Uccelli, lo zar della Vita, lo zar della Morte, c’è anche quello dello zucchero!) dietro i quali forse potrebbero celarsi i capi di Stato che parteciparono alle guerre mondiali. Alcune pagine, poche in verità, riportano le formule ripetute tipiche delle fiabe e della cultura orale e sono quelle relative alla casa e alla strada dove è nata e cresciuta la fanciulla destinata a diventare la compagna del potente Koščej. Il resto del libro, invece, è una narrazione che procede in maniera lineare, senza flashback degni di nota; a tratti, ricorda la sceneggiatura di un film. Tenuto conto delle diverse parole russe che rimandano al folkore e alla cultura russa, della fitta simbologia dietro alla storia di questo libro, sarebbe stato utile, secondo me, inserire un glossario e delle note - a fine testo oppure a piè pagina - per permettere ai lettori e alle lettrici di afferrare e apprezzare appieno la storia di Koščej e il lavoro di ricostruzione di questa antica fiaba russa da parte della scrittrice.
Marianna Inserra
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