di Cesare Pavese
Torino, Einaudi, 2021
€ 10,50 (cartaceo)
Scritto nel 1940 e pubblicato nove anni dopo, assieme a Il diavolo sulle colline e Tra donne sole, La bella estate, di Cesare Pavese, è un romanzo intimo e delicato, in cui il sottile gioco delle parti tra i personaggi diventa un raffinato gioco di incontri. Siamo a Torino, nell'Italia degli anni Trenta, e Ginia è una ragazza di sedici anni che vive col fratello Severino e lavora presso un atelier. La vita scorre in maniera ordinaria e tra un'uscita con le ragazze e un caffè in piazza, Ginia stringe un'amicizia particolare con Amelia, ragazza bruna e seducente, la quale arrotonda posando per i pittori. Come la falena con la fiamma, Ginia è irresistibilmente attratta dal mondo - così diverso dal suo - che le racconta Amelia e pian piano inizia a seguirla durante le sue sessioni di posa, entrando così nell'ambiente artistico torinese. In particolare, fa la conoscenza di due pittori, Rodrigues e Guido, e di quest'ultimo Ginia si innamorerà perdutamente. Ben presto però, il quadro di mondanità e divertimento che in apparenza la vita di Amelia sembrava offrire, si sgretolerà, rivelando particolari prima non immaginabili. Ginia, così, affronta un percorso di crescita in cui la conoscenza degli altri le offre particolari nuovi sulla sua persona e, soprattutto, le farà oltrepassare la soglia tra infanzia e adolescenza.
La bella estate è un romanzo che in poco meno di cento pagine mostra magistralmente la crescita di una ragazza che alle soglie dell'età adulta si sente ancora bambina mentre vorrebbe essere già donna. Attorno a lei, le amiche frequentano già degli uomini, sanno già cosa vuol dire "andare nei prati" mentre lei si trova a occuparsi del fratello Severino e a gestire la casa come una donna di famiglia. Tuttavia è giovane, vivace, vuole entrare nella pienezza della vita, con quella sicura fiducia verso il futuro e quell'incoscienza caratteristica degli anni dell'adolescenza. L'incipit, in tal senso, è poetico e illuminante:
A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e traversare la strada, per diventare come matte, e tutto era così bello, specialmente di notte, che tornando stanche morte speravano ancora che qualcosa succedesse, che scoppiasse un incendio, che in casa nascesse un bambino, o magari venisse giorno all'improvviso e tutta la gente uscisse in strada e si potesse continuare a camminare camminare fino ai prati e fin dietro le colline. (p. 3)
Ed è questa voglia di vivere appieno la vita e l'amore che porta le ragazze a entrare in rapporto coi maschi e a partecipare alle feste. Tuttavia per Ginia il momento di trovarsi sola con un ragazzo ancora non è giunto e silenziosamente si insinua in lei la sensazione di non essere al passo con le sue amiche, in particolare quando Rosa le svela di essere anche lei di essere stata con un uomo: «le pareva di essere stata truffata e lasciata a far la bambina mentre gli altri si divertivano» (p. 6).
Questa sensazione bruciante di voler essere come le altre, questo senso di inadeguatezza che serpeggia silenziosamente dentro l'animo di Ginia preparano l'entrata in scena di uno dei personaggi determinanti della storia, Amelia: scostante e superba, più grande di tutte («compariva solo di tanto in tanto, le sere di quell'estate, e non dava confidenza a nessuno ma rideva con tutti, perché aveva diciannove o vent'anni», p. 8), attira subito l'attenzione di Ginia, che si sente immediatamente attratta dal suo savoir-faire. La sua è un'attrazione irresistibile perché lei, ancora poco più che bambina, vede in Amelia una donna ormai nel pieno del suo sviluppo, capace di sedurre gli uomini con la sua sola presenza, capricciosa e volubile. Pian piano il rapporto tra le due diventa più stretto e sarà proprio la smaliziata Amelia a condurre Ginia a casa di due pittori, Rodrigues e Guido, che segneranno un altro punto di svolta del romanzo.
Pavese riesce magistralmente a mettere in scena la crescita di una ragazza, che durante l'estate dei suoi sedici anni diventa donna, e a rappresentare il miscuglio di sentimenti che si agita in Ginia, mentre lascia alle spalle la sua innocenza. L'imbarazzo che prova nel guardare il corpo nudo di Amelia che posa per i pittori e la sua sicurezza nell'esporsi provocano in Ginia un forte disagio: mette a confronto il proprio corpo, ancora immaturo, con le curve sinuose di Amelia, e si chiede se Guido, di cui si innamora, potrà mai apprezzarlo; tuttavia è attraverso quello sguardo che - come in uno specchio - Ginia assume la consapevolezza di essere donna e di poter essere capace anche lei di ricevere le attenzioni di un uomo.
Pavese racconta con straordinaria abilità l'evoluzione di un sentimento: le attese febbricitanti con cui la protagonista attende e cerca il suo innamorato Guido, il batticuore con cui sale le scale, la tenerezza e le emozioni contrastanti che le stravolgono il cuore, la difficoltà e la bellezza delle prime esperienze. Tuttavia, ben presto, altre emozioni ben più fosche si uniscono a queste: il rapporto tra Amelia, Ginia, Rodrigues e Guido, infatti, diventa sempre più morboso e si agitano in Ginia dei sentimenti contrastanti, compresa la gelosia. Sarà la rivelazione di un segreto che riguarda Amelia a stravolgere gli equilibri e sconvolgere il corso degli eventi.
La bella estate, quindi, è il racconto di una stagione che cambierà per sempre la vita di Ginia e segna il suo passaggio all'età adulta, con tutto ciò che ne consegue: il suo progressivo allontanarsi dalla casa e da Severino, che compare sempre meno nel romanzo, al pari delle amiche, segnano la progressiva crescita della ragazza, così come la girandola di sentimenti che le sconvolge il cuore. Il finale, in tal senso, è emblematico, e in particolare la frase scelta per chiudere il romanzo: quello che importa, infatti, non è tanto arrivare a unire tutti i punti e dare le risposte a ogni interrogativo, ma è la volontà di rappresentare un quadro, in un cui condensare, in un'immagine breve e fugace, l'incanto e la terribilità della giovinezza.
Valentina Zinnà