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Se la vita di Machiavelli diventa intrigante come quella di uno 007. "Il trono" di Franco Bernini

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Il trono
di Franco Bernini
Edizioni e/o, 2023

pp. 378
€ 18,50 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)


Alzi la mano chi non ha un tedioso ricordo scolastico legato alla figura del Principe in Niccolò Machiavelli e alla sua spregiudicata fonte di ispirazione, Cesare Borgia, detto il Valentino? Un po' come le pagine delle grida manzoniane, anche quelle legate alle virtù del Principe, che deve essere un po' volpe e un po' leone, nella maggior parte dei casi costituiscono un mero bagaglio mnemonico degli studenti italiani. 
Per fortuna, arriva un romanzo che fa scoprire quanto fuoco vi fosse nella vita di Niccolò Machiavelli e nella sua passione politica. Il suo legame con il Valentino si trasforma in una trama intricata e avvincente come una spy story.
Nel sonno, avverte dei movimenti giù in strada. Apre gli occhi, sente passi che si avvicinano al portone. Sono gli spezzaossa del Mangaldi, maledetto, doveva succedere prima o poi, pensa, mentre lo stomaco gli si stringe. Scosta la coperta logora, si alza, tende l'orecchio. Dagli orti vicini non arriva il canto delle allodole, non è ancora l'alba. Va in punta di piedi verso la finestra. Intravede attraverso le fessure, in basso, il chiarore di una lanterna. (p. 11)

Questo è l'incipit, in cui si comprende che il ritmo è serrato, il periodare breve segue le azioni di Machiavelli come una rapida macchina da presa. Siamo a Firenze nell'ottobre del 1502, Machiavelli è costretto a lasciare Firenze per un insieme di intrighi personali e politici. Il gonfaloniere Pier Soderini, dopo averlo fatto prelevare nel sonno, gli affida il compito di andare in legazione presso il Borgia, a Imola, con il ruolo di mandatario. Il suo compito è tergiversare, fare in modo che il Valentino non attacchi la Repubblica di Firenze, e intanto studiare i confini del principato che il Borgia aveva costituito in Romagna, il suo funzionamento, gli umori dei governati. Missione pericolosa, perché Niccolò Machiavelli dovrà, come ogni "spia" che si rispetti,  fare il doppiogioco, mandare messaggi in chiaro ai Dieci e messaggi scritti con inchiostro invisibile al gonfaloniere.

Questa trama già  avventurosa si arricchisce di altre due pericolose variabili: il fascino che Cesare Borgia esercita su Machiavelli e l'amore proibito con una ragazza dal Valentino tenuta prigioniera: Dianora Mambelli.

Ciò che Niccolò non si aspetta è la proposta che gli farà il Valentino, non appena si incontreranno ad Imola:

«E vi faccio una proposta: aiutatemi a scriverla voi la realtà. La mia storia. Io metterei le mie confidenza, voi la forma. [...] Questo incarico non interferirebbe con quello che vi hanno dato. Scriverete infatti in forma anonima, avrete così tanti soldi da saldare tutti i vostri debiti di usura e da vivere in agiatezza». (p. 44)

Bernini immagina che questa sia l'occasione che ha generato Il principe e, come in ogni buon romanzo storico che si rispetti, realtà e finzione si fondono in verosimiglianza, personaggi storici agiscono accanto a personaggi di fantasia (Dianora è uno di questi), in una vivida immagine del Cinquecento italico, delle laceranti lotte fra le città italiane, dell'ideale di Machiavelli e, sebbene in maniera ambigua, di Borgia, di rinverdire i fasti dell'antica Roma. Il romanzo risulta essere per certi versi anche un romanzo di formazione perché viene ben rappresentata la travagliata maturazione in Machiavelli dell'idea necessaria di principato, conseguentemente all'abbandono doloroso del suo ideale repubblicano. Questo passaggio è delineato attraverso dialoghi avvincenti con Cesare Borgia:

«Quello che voi chiamate equilibrio è soltanto confusione. Siete troppo intelligente per non capire che il potere non tollera limitazioni, per sua natura. Io lo trovo sano, voi no. Eppure avete di certo letto che in questo modo anche a Roma antica finì la repubblica. Dovete convincervi che questo è il tempo degli imperatori, dei re e dei principi». (p. 126).

La gestazione di questa idea politica in Machiavelli è ostacolata dall'affetto sempre più intenso per Dianora, figlia dei vecchi signori di Imola, che è stata risparmiata, a differenza della sua famiglia, solo per  assecondare i capricci del Borgia. Benché si tratti di un personaggio inventato, Dianora è stata costruita da Bernini leggendo i sonetti di una sua contemporanea, Isabella di Morra, poetessa segregata in un castello dal potere maschile. Inoltre, Bernini si è lasciato guidare dall'idea manzoniana che la voce più importante è sempre quella delle vittime (come scrive nella postfazione all'opera). Ne viene fuori un ritratto femminile fiero e tragico, desideroso di vendetta ma ancora capace d'amare, che donerà le proprie poesie a Niccolò insieme a documenti riservatissimi che consentiranno alla città di Firenze di sventare un agguato ordito da un traditore.

La ricerca storiografica, l'uso delle fonti e la riflessione sulla lingua sono presenti e ben usati, ma non appesantiscono la freschezza dell'azione e la forza delle passioni (quella amorosa e quella politica). Proprio grazie a questo perfetto equilibrio, Il trono è un'affascinante via d'accesso a una figura chiave della nostra storia e della nostra letteratura.

Deborah Donato