Barrabás arrivò in famiglia per via mare, annotò la piccola Clara con la sua delicata calligrafia. Già allora aveva l’abitudine di scrivere le cose importanti e piú tardi, quando rimase muta, scriveva anche le banalità, senza sospettare che, cinquant’anni dopo, i suoi quaderni mi sarebbero serviti per riscattare la memoria del passato, e per sopravvivere al mio stesso terrore.
LO SFONDO STORICO
UN ROMANZO DI DONNE FORTI E VOLITIVE
I poteri mentali di Clara non davano fastidio a nessuno e non causavano grandi disordini; si manifestavano quasi sempre in fatti di poca importanza e nella stretta intimità della casa. Certe volte, all’ora dei pasti, quando erano tutti riuniti nella grande sala da pranzo della casa, seduti secondo uno stretto ordine di dignità e di gerarchia, la saliera cominciava a vibrare e subito si spostava sulla tavola tra bicchieri e piatti, senza l’intervento di alcuna fonte di energia conosciuta né di alcun trucco da illusionista. Nivea dava una tirata alle trecce di Clara e con quel sistema otteneva che sua figlia abbandonasse la sua distrazione lunatica e restituisse la normalità alla saliera, che di colpo recuperava la sua immobilità.
DUE VOCI PER PARLARE DI TRE GENERAZIONI TRA TRADIZIONE PATRIARCALE E VENTI DEL PROGRESSISMO
La sua strana bellezza aveva una qualità perturbante alla quale neppure lei riusciva a sottrarsi, sembrava fatta di un materiale diverso da quello della razza umana. Nivea sapeva che non era di questo mondo ancora prima che nascesse, perché l’aveva vista in sogno, perciò non si era sorpresa del fatto che la levatrice avesse cacciato un grido nel vederla. Appena nata Rosa era bianca, liscia, senza grinze, come una bambola di porcellana, con i capelli verdi e gli occhi gialli, la creatura piú bella che fosse nata sulla terra dai tempi del peccato originale, come aveva detto la levatrice facendosi il segno della croce.
Rosa viene avvelenata per errore e in circostanze misteriose; la sua morte getta nella disperazione più profonda sua madre Nivea, la sorella Clara (che da quel momento si rifugia in un ostinato mutismo che spezzerà per annunciare dieci anni dopo il suo matrimonio), Esteban Trueba che stava lavorando duramente in miniera spezzandosi la schiena per mettere da parte il denaro per costruire una casa e sposare la bella Rosa.
Quella notte credetti di avere perso per sempre la capacità d’innamorarmi, che mai piú avrei potuto ridere o inseguire un’illusione. Però mai piú è molto tempo. E l’ho potuto sperimentare in questa lunga vita.
Il giovane, dopo la perdita dell’amata, decide di lasciare il lavoro e di investire il denaro che aveva messo da parte nel terreno delle Tre Marie («quella è terra di nessuno, un ammasso di pietre senza legge») e così lavora senza sosta per far fruttare il terreno e dare ordine e attività agli abitanti di quel villaggio abbandonato e senza guida. Esteban si rivela un padrone abile e giusto, ma ha un appetito sessuale particolarmente robusto e ricorre alla violenza fisica per placare i suoi più selvaggi istinti, disseminando figli bastardi che non riconoscerà per tutto il villaggio e paesi limitrofi, fino a quando non deciderà di sposare Clara, la cognata mancata, che, quando l'aveva vista per l'ultima volta, era solamente una bambina. La ragazza accetterà di buon grado la proposta di matrimonio e si mostrerà una moglie compiacente, ma, in qualche modo, sfuggente, tanto da gettare il marito, follemente innamorato di lei, nei tormenti più atroci:
Vedendola col naso arrossato dal vento e ridente per qualsiasi pretesto, Esteban giurò a se stesso che prima o poi lei l’avrebbe amato cosí come lui aveva bisogno di essere amato, anche se per ottenerlo avesse dovuto ricorrere agli espedienti piú estremi. Si rendeva conto che Clara non gli apparteneva e che se lei avesse continuato ad abitare in un mondo di apparizioni, di tavolini a tre gambe che si muovono da soli e di carte che scrutano il futuro, la cosa piú probabile era che non gli sarebbe mai appartenuta. Non gli bastava neppure la spregiudicata e impudica sensualità di Clara. Desiderava molto piú del suo corpo, voleva appropriarsi di quella materia imprecisa e luminosa che c’era nel suo intimo e che gli sfuggiva anche nei momenti in cui sembrava agonizzare di piacere.
ALBA, L’ULTIMA EROINA
si dava il turno per risiedere lí, o almeno per assistere alle riunioni spiritistiche, alle chiacchiere culturali e alle conversazioni politiche, quasi tutta la gente importante del paese, compreso il Poeta, che anni dopo sarebbe stato considerato il migliore del secolo e tradotto in tutte le lingue conosciute della terra, sulle cui ginocchia Alba si era seduta spesso, senza sospettare che un giorno avrebbe seguito il suo feretro con un mazzo di garofani insanguinati in mano, tra due fila di mitragliatrici.
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