Ritual
di Dimitris Xygalatas
Feltrinelli, maggio 2023
Traduzione di Chiara Rizzo
€ 14,99 (ebook)
Molti associano i rituali a uno specifico contesto magico o legato al folklore, a pratiche sciamaniche o tribali, ma in realtà i rituali permeano la nostra vita molto più di quanto immaginiamo e la loro storia risale all’origine del tempo, anzi, come ci spiega l’antropologo Xygalatas, ha permeato la nascita della nostra stessa civiltà.
In questo affascinante saggio, lo studioso ci conduce attraverso i rituali che, dal Neolitico a oggi, hanno guidato l’umanità e realizzato un senso di comunità.
Partendo dalla sua esperienza sul campo, lo studioso greco ci porta alla scoperta di alcuni riti antichi e moderni, dall’affascinante camminata sul fuoco a San Pedro Manrique, in Spagna, in cui gli uomini del villaggio, e non solo, si esibiscono, fino ai rituali osservati negli animali, e ancora nei luoghi di aggregazione sportiva, all’interno dei templi o delle chiese e persino dentro le nostre case. Il lungo lavoro in giro per il mondo e gli studi della bioantropologia hanno permesso di giungere a conclusioni importanti, da un punto di vista storico:
Mediante la rievocazione simbolica di narrazioni collettive, il rito serviva da protolinguaggio radicato in grado di fornire un “sistema di supporto esterno” alla cognizione individuale: un passo cruciale sulla strada verso il linguaggio stesso. (p. 33)
Se queste teorie verranno via via suffragate da altre prove, ecco che l’importanza del rito diverrà, come in parte già è, fondamentale, nella creazione di ciò che siamo e di come ci siamo evoluti.
Attraverso una serie di prove e test, si può ipotizzare un utilizzo dei riti già in epoca preistorica, considerando che, come sostiene l’antropologo Roy Rappaport, il rito sarebbe «l’atto sociale basilare dell’umanità», e avrebbe quindi dato modo alla società stessa di nascere, trasformando «un assortimento eterogeneo di individui» in una comunità.
A testimonianza di ciò viene citato il sito archeologico, nel sudest della Turchia, di Göbekli Tepe, scoperto nel 1963 e datato a circa 12mila anni fa, contenente reperti che lo rendono un luogo di pellegrinaggio dei cacciatori-raccoglitori. Sconvolgendo anche la teoria storica, per cui la scintilla che avrebbe dato ordine alla civiltà possa essere stata l’agricoltura. L’essere divenuti stanziali, in seguito alla “Rivoluzione agricola”, ebbe in realtà delle ripercussioni devastanti.
Tra le caratteristiche del rito, che ci permettono di riconoscerlo, abbiamo l’incongruenza tra azioni e obiettivi, elemento che lo rende diverso dalle abitudini, ad esempio, perché mentre le seconde hanno un effetto sul mondo, i gesti nel rito «hanno una valenza simbolica e la loro esecuzione è spesso fine a se stessa».
I riti sono opachi in termini causa-effetto. Richiedono attenzione e concentrazione, perché implicano azioni simboliche che vanno ricordate, poiché devono essere eseguite con precisione. (p. 15)
Ad esempio, lo scambio delle fedi, durante un matrimonio, dopo aver celebrato la formula consueta. Se guardiamo al gesto ha una forte valenza simbolica, ma non ha conseguenze immediate sul piano giuridico, per quello dobbiamo apporre la firma su un documento legale.
In questo saggio si segue un percorso che si snoda attraverso vari capitoli, a partire da quello sulle specie rituali, soprattutto i riti dell’accoppiamento negli uccelli, i rituali di lutto nei delfini (molto significativi ed affascinanti) o ancora quelli dei primati. Da lì il saggio passa ad analizzare le prime forme umane di rito, in epoca preistorica. Una parte più psicologica spiega come alcune patologie (ad esempio, il disturbo ossessivo-compulsivo) abbiano delle affinità col rito. A questa osservazione, basata su studi e teorie ricavate da libri, si lega quella più importante fatta dagli antropologi in loco, ovvero cercando l’ordine laddove nascono i riti, che secondo Xygalatas devono essere studiati dal vivo.
Un quarto capitolo cerca di spiegare “il collante”, ovvero cosa rende le persone unite all’interno di un rituale e la differenza tra memoria semantica ed episodica; si lega direttamente a questo capitolo anche quello relativo all’effervescenza collettiva, che lo studioso spiega, portando diversi esempi:
È un qualcosa di cui molti di noi hanno esperienza. Se vi è mai venuta la pelle d’oca mentre ballavate insieme a migliaia di altre persone a un concerto, quella era effervescenza collettiva. (p. 107)
Ma per eventi collettivi possiamo anche considerare gli eventi sportivi o le manifestazioni a cui prendiamo parte. L’antropologo ha avuto modo di studiare sul campo cosa lega i partecipanti a un rito, cita, a tal proposito, un esperimento molto interessante.
Attraverso dei cardiofrequenziometri otteneva la misurazione del prima e del dopo, su soggetti che si apprestavano a fare l’esperienza della camminata sul fuoco. Le prima analisi mostrava un’assoluta sincronizzazione della frequenza cardiaca delle persone, nel corso della camminata sul fuoco. Il rituale creava quindi un’assoluta sincronizzazione fisiologica in chi lo praticava. Cosa ancora più incredibile risultava nell’analizzare anche lo stato delle frequenze di amici e parenti dei partecipanti, che era sincronizzato anch’esso.
Da questi studi ne derivano altri, ad esempio quelli sul “flow”, lo stato di coinvolgimento totale, in cui il sé diventa una cosa sola con l’azione, definito dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi, che lo ha anche legato all’effervescenza a cui si accennava sopra.
In presenza di questo genere di flow interattivo, il senso di sé si espande e l’individuo sperimenta un’unione trascendentale con il gruppo. (p. 130)
Visto che queste esperienze sono molto forti, lo studioso Durkheim ritiene che il fatto di percepirle come sacre potesse far pensare che la religione sia frutto di questi sentimenti, e quindi di rituali collettivi.
Leggendo il libro si impara che quando si tende a fondere la propria identità individuale, con quella collettiva, si parla di “fusione di identità”, questo e altri interessanti concetti sono spiegati nel capitolo che tratta il tema del “supercollante”.
Gli ultimi tre capitoli, dal titolo “Sacrificio”, “Benessere” e “Incanalare il potere del rito”, raccontano rispettivamente la fatica (in termini fisici ed economici), il benessere che il rito apporta alle nostre vite e anche il potere che ha ogni rito di incanalare il suo potere.
Considerando che c’è una sorta di selezione culturale, che rende alcuni riti più longevi di altri, la conclusione che lo studioso fa nel suo interessantissimo saggio apre una riflessione sul mondo moderno, ovvero il rito ha un senso oggi in quanto ci permette di esorcizzare le nostre paure, attraverso il rito siamo connessi, troviamo un senso e scopriamo chi siamo.
Un potere immenso, che va sempre più studiato e approfondito e ci permette di definirci come «la specie rituale».
Samantha Viva
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