Un diamante nella neve
di Kate Quinn
Editrice Nord, 2023
Traduzione di Anna Ricci
pp. 448
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Trecentonove, tre-zero-nove, 309... questo il numero ufficiale dei nemici nazisti uccisi dal Mosin-Nagant, il fucile con mirino, di Ljudmila Michajlovna Pavliĉenko, cecchina sovietica negli anni della Seconda Guerra Mondiale, altrimenti conosciuta come Lady Morte.
Kate Quinn, scrittrice californiana di bestseller (uno su tutti, Fiori dalla cenere), prendendo spunto dalla storia vera della soldatessa più tosta dell'Armata Rossa, ha scritto un romanzo che si legge d'un fiato, sempre sostenuti da una tensione narrativa senza cedimenti. Un racconto che sa coniugare uno sguardo attento alle vicende storiche e una grande capacità di far emergere il lato umano di un personaggio che appartiene al passato.
Con le tasche piene di diamanti e il cuore carico d'odio, l'assassino osservava una cecchina russa stringere la mano alla First Lady degli Stati Uniti (p. 13)
È il 27 agosto 1942, la guerra è ancora ben lungi dal volgere al termine. Che cosa ci fa una soldatessa sovietica sui gradini della Casa Bianca? E chi è il misterioso uomo che osserva nell'ombra tramando evidentemente un omicidio?
Prende le mosse da qui il romanzo di Kate Quinn, proiettando fin dalle prime righe il lettore in un clima di tensione sottopelle. Si intuisce già che il cadavere che l'uomo vuole è quello del presidente Franklin Delano Roosevelt e quale occasione migliore se non l'arrivo a Washington di una cecchina da Mosca? Il piano che dovrebbe portare all'eliminazione del presidente e all'accusa di Ljudmila Pavliĉenko dovrebbe essere poco più che una formalità. Soprattutto per uno come lui, vecchio del mestiere. Del resto, chi mai potrebbe sospettare un colpevole diverso...
In un'alternanza, che il lettore scoprirà continua, poche pagine dopo si cambia scenario e si torna a cinque anni prima, quando una giovanissima Mila, sedotta da Aleksej Pavliĉenko, un fascinoso chirurgo, sposata e presto abbandonata, scopre che il figlio di cinque anni viene portato dal padre al poligono di tiro. Quell'uomo che lei ormai odia... In un lampo la decisione, se il piccolo deve imparare a sparare sarà lei a insegnargli. Mila si iscrive a un corso avanzato di tiro di precisione scoprendo così una vocazione. La decisione di arruolarsi nell'Armata Rossa pochi anni dopo, nel 1941, quando la Germania nazista invade l'Unione Sovietica, verrà di conseguenza.
Nasce così il mito di Lady Morte, la fredda e spietata cecchina che in 14 mesi al fronte ucciderà centinaia di nemici, verrà ferita seriamente quattro volte, incontrerà il vero amore e si trasformerà in un'eroina pluridecorata. A tal punto che, nel bel mezzo della guerra, verrà scelta per rappresentare la patria in un viaggio negli Stati Uniti nel quale la delegazione sovietica avrà il compito di cercare di convincere il presidente Roosevelt a inviare aiuti contro i nazisti. Lady Morte si trasformerà così in un personaggio pubblico. Fonte di curiosità per tutta l'America, verrà coinvolta in un giro di incontri e conferenze da Washington a New York, da Chicago alla California. Diventando nel contempo amica della First Lady. E pensare che Ljudmila Pavliĉenko, allo scoppio della guerra, era soltanto una giovane madre, studentessa di Storia all'Università di Odessa (Ucraina, quindi, e qui il romanzo induce a una serie di riflessioni sul concetto di patria, confini e guerre moderne) con il desiderio di diventare ricercatrice.
Il romanzo è tutto giocato sulla rotazione tra due piani e tempi di narrazione, tra il viaggio in America (quando, nell'ombra, un assassino, pagato da chissà quali poteri, sta tramando l'uccisione del presidente) e la vita precedente di Mila al fronte, durissima. Due momenti storici diversi che la scrittrice sa costruire utilizzando il crescendo narrativo. E se nella prima metà del romanzo prevale la storia di Mila cecchina in azione nelle varie fasi della guerra, la seconda parte vedrà una Mila diversa, in abito da sera, una Mila che, tra un cocktail e un ricevimento sul prato, non dimenticherà mai di essere una sniper.
E mentre nella prima parte del romanzo la tensione del lettore è sempre tenuta alta dalle scene di guerra, nella seconda, quando la vita del presidente è appesa a un filo il lettore si troverà a seguire le orme dell'assassino dietro a un'inconsapevole (ma non fino alla fine) Mila.
Il libro è narrato in prima persona, è Mila stessa a raccontarci la sua vita, vediamo con i suoi occhi gli orrori della guerra, percepiamo i pericoli con i suoi sensi, impariamo a guardare nel buio, respiriamo piano immobili osservando dal mirino delle figurine che si muovono e dopo un click spariscono dalla scena, sentiamo sulla pelle le ferite delle granate. Ed è proprio questa scelta, la prima persona, che, dal punto di vista del racconto, fa la differenza perché il lettore diventa parte della vicenda.
L'altro punto di forza del racconto è la capacità di dare un'anima, plausibile, fatta di cuore, sentimenti, amore, inquietudine, tensione fino allo spasmo a un personaggio storico, trasformandolo in una donna vera. Sono le pagine dell'amore con il tenente Lonja, dell'osmosi con Kostja, il cecchino partner (colui che, in battaglia, ha il compito di guardarti le spalle), un rapporto così intimo che va al di là dell'amore, le pagine dell'odio contro l'ex marito Aleksej che Mila si ritroverà tra i piedi sia in guerra che nel viaggio americano. E sono le pagine della guerra dove si assiste alla crescita di Mila che, precisa, dotata, coraggiosa, si trasforma da ragazzina con i libri in mano a micidiale soldatessa che in mano sa tenere, e bene, un fucile. E che con il conteggio implacabile delle sue uccisioni vince la diffidenza dei colleghi uomini. In un contesto molto maschile Ljudmila Pavliĉenko sa ritagliarsi in breve tempo un ruolo di primo piano.
Il ritmo della narrazione, incalzante e ricco di suspense, è sostenuto anche dai dialoghi concisi, mossi e sempre adeguati alla situazione.
Un diamante nella neve è l'esatta rappresentazione di come un romanzo debba essere costruito per catturare l'attenzione del lettore e per non lasciarla scemare fino all'ultima pagina. Tanta parte si deve alla storia vera della Pavliĉenko, una bomba narrativa (perdonate la metafora) che Quinn ha scelto di riportare alla luce: una vita incredibile che la scrittrice californiana ha trasposto in narrativa dopo un buon lavoro di approfondimento storico, come si evince dall'alternarsi delle vicende.
Ps. La storia di Mila Pavliĉenko ha ispirato anche un film, nel 2015, Resistance - La battaglia di Sebastopoli.
Sabrina Miglio
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