Una donna nell’ombra. Le memorie di Gina Lombroso
di Silvia Di Natale
Edizioni Clichy, 5 settembre 2023
pp. 355
€ 19,50 (cartaceo)
A chi è appassionato della storia della malattia mentale, non sarà sfuggito il nome di Cesare Lombroso, noto psichiatra ottocentesco che si è inserito nel dibattito medico del suo tempo, sebbene le sue teorie non fossero sempre state accolte con favore. Oggi, a più di cento anni dalla sua morte, approfondiamo ancora la sua vita e il suo lavoro, attraverso le parole della figlia, che nelle sue memorie ripercorre la propria storia famigliare, raccontando anche l’umanità del padre, una figura che, altrimenti, sarebbe rimasta solo nei manuali di settore.
Gina Lombroso, nel corso della sua vita travagliata, ci propone il ritratto di un genitore, prima ancora che di un medico. Ed è dalle sue parole che emerge un uomo “borderline”, dedito al lavoro (e poco alla famiglia), protagonista del dibattito psichiatrico dell’epoca che si circondava di giovani medici, pronti a carpirne i segreti del mestiere.
Qualsiasi persona, non importava com’era vestita e che aspetto avesse, poteva rivelare capacità insospettate, opinioni inconsuete, aspetti inusuali, purché non facesse parte della cerchia, ahimè assai ampia, dei noiosi e degli stupidi. Papà era il primo a divertirsi, si interessava di tutto e di tutti. (p. 26)
Gina era la secondogenita della coppia Lombroso e, fin da bambina, dimostrò la stessa curiosità del padre: tra tutti i figli, forse fu l’unica a dimostrare la bramosia di conoscenza tipica dello scienziato, sebbene il suo carattere fosse, per la maggior parte delle volte, un ostacolo. La famiglia Lombroso, infatti, non si discostava dalle concezioni dell’epoca, nonostante le teorie del padre fossero all’avanguardia, almeno in quel momento. La figlia, come del resto sua sorella, era stata educata ad avere un’anima quieta e remissiva (come si addiceva al genere femminile); solo con sua sorella o con il padre Gina si dimostrava attenta, curiosa e battagliera. D’altronde, il ruolo che ebbe nella famiglia dimostra quanto fosse propensa alla calma: era lei, infatti, l’addetta alla pace, la paciera dei fratelli. Questo non significa però che anche davanti alle situazioni della vita, in età adulta, abbia continuato con quest’atteggiamento. Quel che certo è che avere un padre così famoso fu un onere (più che un onore) per tutti i figli, perché, se anche il padre era perlopiù assente, le sue direttive non mancarono mai e questo fin dalla sua infanzia, come quando li bandì alcuni giocattoli perché «atti più a ridurre l’intelligenza di un bambino che a stimolarla» (p. 17). Insomma, quella del padre fu una figura dominante nella vita di Gina e da cui lei non si staccò mai del tutto, sebbene in età adulta abbia espresso le sue capacità, dimostrando finalmente la sua indole intellettuale, già peraltro manifestatasi quando Gina aiutava il padre nelle sue ricerche. In questo caso, tuttavia, Lombroso le faceva solo dattilografare i suoi appunti o articoli, relegandola dunque a un ruolo di “assistente” più che di giovane scienziata.
[…] mi costringeva a immergermi esclusivamente nei suoi pensieri che erano spesso abbastanza contorti, in ogni caso non tanto facili da seguire per una bambina, per giunta quasi del tutto digiuna di scuola come me. Per di più quel continuo cercare di pensare con la sua testa non mi lasciava il tempo di seguire i miei pensieri e di approfondirli. (p. 45)
Una donna nell’ombra è una testimonianza unica, non solo sul noto psichiatra, ma su una donna che ha saputo farsi strada, portando un cognome così pesante e soprattutto muovendosi in un momento in cui alle donne era concesso molto poco sul piano lavorativo.
Leggere le parole della figlia di Cesare Lombroso è sicuramente un modo per entrare in contatto con una figura storica, scientifica e letteraria che, come spesso accade, è stata in parte eclissata dal nome del padre. Sì, perché se oggi sentiamo il cognome Lombroso, a pochissimi sovverrà il nome di Gina, ben più facile quello del padre. Questo libro avrà, quindi, anche il grande merito di far scoprire al lettore una giovane donna che, anche nel silenzio, riuscì a oltrepassare i confini imposti dalla società dell’epoca e affermarsi prima di tutto come intellettuale e poi come figlia del famoso medico. Questo libro è, inoltra, un affresco sorprendente del dibattito psichiatrico tardo-ottocentesco e primo-novecentesco, perché a casa Lombroso non mancarono certamente le personalità culturali che, in un modo o nell’altro, entrarono in contatto con la giovane e la sua famiglia. È quindi un racconto privato, personale, storico e pubblico insieme.
Credetti di capire: l’anima della donna era l’anima di Gina, una donna disposta a sacrificare persino la sua intelligenza e il suo talento pur di non dispiacere a una persona amata. Il mio difetto non era la mancanza di originalità, di intelligenza o di coraggio, ma l’eccesso di amore. (p. 305)
Giada Marzocchi