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«L’idea dell’ignoto è insopportabile all’essere umano»: il saggio di Patrik Svensson è un libro affascinante sul mare e sul bisogno di conoscenza dell’uomo

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L’uomo con lo scandaglio. Storie di mare, abissi e meraviglie
di Patrik Svensson 
Iperborea, collana I Corvi, 30 agosto 2023

Traduzione di Monica Corbetta

pp. 224
€ 18,00 (cartaceo)

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Ed è per questo che gli esseri umani hanno scandagliato le profondità. Volevano andare là dove non erano ancora riusciti ad arrivare. Volevano avere una qualche esperienza di ciò che non potevano vedere o toccare. Scandagliare gli abissi era visto come l’unico modo per placare la curiosità, entrare in contatto con quanto di più lontano e sconosciuto esistesse. L’uomo con lo scandaglio è l’uomo che cerca. […] l’uomo con lo scandaglio è chi cerca di comprendere se stesso e il posto che occupa nel mondo. (p. 121)

L’uomo con lo scandaglio è la seconda opera dello scrittore svedese Patrik Svensson ed è il titolo di un capitolo del libro omonimo nella traduzione italiana di Monica Corbetta per la casa editrice Iperborea. La figura dell’uomo che si lancia a esplorare gli abissi marini è una metafora ricca di significati, come si comprenderà leggendo il testo. Nella storia dell’umanità c’è sempre stato qualcuno, uomo reale o inventato dalla fantasia, che abbia incarnato la figura dello scandagliatore degli abissi: l’eroe omerico che nell’Inferno dantesco racconta di aver spronato i superstiti della nave a tornare in mare e superare le fatidiche colonne d’Ercole, i grandi esploratori che hanno scoperto nuove terre e nuovi mari come Ferdinando Magellano, gli scienziati della storia moderna e contemporanea che hanno sacrificato la loro vita alla conoscenza, non per profitto personale, ma a beneficio della collettività. Dietro la figura dello scandagliatore ci sono stati uomini comuni, semplici, come il panettiere fallito delle Highlands scozzesi, Robert Dick, cui Svensson dedica un capitolo del libro e che definisce propriamente «una figura appena abbozzata sul vetro appannato di una finestra» (p. 158), se paragonato ai grandi nomi della scienza:

Era un uomo come tanti, nella vita passava inosservato. […] il genere di persona dal carattere e dai contorni che nel migliore dei casi sopravvivono nella memoria per un paio di generazioni e poi svaniscono in fretta, finché non resta altro che un nome su una lapide. (p. 158)

Dick, che non aveva potuto studiare regolarmente, sentiva dentro di sé l’urgenza di conoscere i misteri della natura, aveva un'ardente sete di scoprire e, in una fortunata ricerca di fossili marini, trovò il primo esemplare di organismo che si era riprodotto per via sessuale - e non per divisione cellulare, come tutte le creature primordiali prima di lui: un Placoderma, che poi verrà battezzato Microbrachius dicki in suo onore. Eppure, prima di questa meravigliosa scoperta, la cui portata sarà riconosciuta solo successivamente nel 2014 con John Long, il nome di questo curioso e instancabile ricercatore in erba era praticamente sconosciuto e non era neppure comparso tra le pagine della monumentale biografia dello scienziato Hugh Miller suo amico, con cui aveva stretto un rapporto di collaborazione nella ricerca dei fossili completi, grandi e sconosciuti in quelle terre scozzesi, talvolta inospitali.

È una forma di curiosità che molti hanno, anche se non tutti. È la forza che dà impulso a quella raccolta di nozioni e sapere che abbiamo finito per chiamare «scienza». Ed è profondamente legata al desiderio. È l’uomo che accumula conoscenza perché non può farne a meno. È l’uomo sempre in contatto con un’umanità, un senso di appartenenza e un contesto che travalicano oceani e generazioni.                                                                                         

È l’uomo che osserva, descrive, esplora e studia. È l’uomo con lo scandaglio. (p. 160) 

La curiosità dello scandagliatore degli abissi, dell’esploratore, dell’astronauta, dello scienziato è di tipo epistemico: quel semplice panettiere non si accontentava dei libri di scienza che divorava, aveva bisogno di fare esperienze, toccare con mano quella determinata pianta, quella strana conchiglia, osservare e imparare empiricamente. È la curiosità che mira alla conoscenza in sé e per sé senza profitti all’orizzonte. È qualcosa di spontaneo, di autentico ed è presente, per fortuna, in molti esseri umani.

Non vi sono solo uomini con lo scandaglio, ma anche donne! L’autore dedica un intero capitolo a una donna, una donna con lo scandaglio, la «biografa marina» Rachel Carson, autrice di importarti libri scientifici dedicati al mare, tra cui spicca Il mare intorno a noi, che ebbe immensa risonanza, nonostante gli strenui pregiudizi nei suoi confronti, essendo una donna scienziato. In un discorso da lei tenuto nel 1951 all’Astor Hotel di New York, disse:

Spesso le persone si stupiscono che una donna abbia scritto un libro sul mare. E ho notato che questo vale soprattutto per gli uomini. Forse si sono abituati a pensare che gli ambiti più interessanti della conoscenza scientifica siano di esclusivo dominio maschile. […] e alcuni uomini, anche quando lo riconoscono, si stupiscono che io non sia alta e robusta, un’amazzone, insomma. (p. 184)

L’uomo con lo scandaglio è un saggio narrativo dallo stile scorrevole e assolutamente coinvolgente, che omaggia la curiosità innata dell’essere umano, la curiosità epistemica - come lo scrittore tiene a precisare -, ma è anche un appello ad avvicinarsi al mare e alla natura in maniera più consapevole e rispettosa del delicato equilibrio e della preziosa connessione che c’è tra gli esseri viventi che abitano questa bellissima «biglia blu», come appare dallo spazio

L’opera si chiude ad anello: prima della parte saggistico-narrativa, Svensson spiega il suo amore per il mare e la curiosità verso tutto ciò che lo riguarda collegandosi alla sua infanzia, quando, con la madre cui dedica tutta l’opera, si recava in biblioteca e prendeva in prestito libri illustrati sulle creature marine. Con la figura materna ormai anziana e malata che aspetta che l’opera del figlio scrittore venga pubblicata, si chiude anche il libro. Nella parte centrale Svensson ricostruisce, con abilità tipica di chi sa il fatto suo con le parole, la storia delle prime esplorazioni spagnole e portoghesi, regalandoci un intero capitolo sul viaggio di Magellano, compiuto insieme all’italiano Pigafetta e ad uno schiavo malese, dal portoghese battezzato Enrique. Sono storie rocambolesche, condite con delle succosissime chicche storiche sconosciute ai più. Lo scrittore ci narra anche della prima catabasi negli abissi marini ad opera dell’americano Don Walsh e dello svizzero Jacques Piccard, che toccarono, nella notte eterna e fredda dell’Oceano Pacifico, l’abisso Challenger, la profonda depressione al largo tra Filippine, Giappone e Nuova Guinea conosciuta anche col nome di Fossa delle Marianne, che supera abbondantemente gli 11.000 metri di profondità sotto la superficie del mare.

Per i lettori desiderosi di meravigliarsi di fronte alla bizzarria e all’intelligenza della creature marine, vi sono anche capitoli dedicati agli squali, alle balene e ai capodogli (con opportuni riferimenti a quello di Moby Dick di Melville) e alle teorie evoluzioniste. Vi sono anche descrizioni dei primi strumenti rudimentali usati dai naviganti delle epoche passate, come la bussola cinese, i primi scandagli a mano, l’astrolabio, il sestante, le antiche carte nautiche. Queste sono pagine affascinanti e istruttive, che avrebbero bisogno, secondo me, di essere corredate di qualche piccola illustrazione per aiutare il lettore a comprendere meglio come fossero fatte le diverse strumentazioni nautiche citate nel libro.

Oggi, con le tecniche di navigazione che si sono notevolmente evolute e le attuali carte nautiche sono talmente dettagliate da rendere quasi inutile l’uso dell’ecoscandaglio e del radar per sondare gli abissi, possiamo ancora dire che non conosciamo neppure la metà dei tesori che ci sono in fondo al mare, l’incredibile biodiversità che contiene. Nonostante ciò, l’uomo ha depredato la natura marina prima di scoprirla del tutto:

L’immensità dell’oceano, con la sua presunta inesauribilità, ha giustificato una depredazione che non ha eguali. Una smodatezza, una miopia, un’ingordigia che letteralmente non avevano confini. (p. 106)

La caccia alle balene e il bisogno di sete e spezie costose hanno spinto all’esplorazione, l’esplorazione alla conquista, la conquista alla rapina e allo sfruttamento senza limiti. È possibile oggi porre rimedio al danno enorme che l’uomo ha provocato alla sua casa? L’uomo con lo scandaglio sarà non solo l’esploratore, ma anche la speranza di un lavoro collettivo per la salvaguardia del mare, il nostro «utero primigenio» (p. 129), il luogo da dove la vita ha preso inizio e che potrebbe forse fornirci la soluzione, con la sua biodiversità abissale ancora da scoprire, ad alcuni grandi problemi che ancora oggi affliggono l’umanità. Non bisogna mai dimenticare però che il segreto delle grandi scoperte sta nell’avvicinarsi alla natura senza smettere mai di provare la meraviglia di Richard Dick e di Rachel Carson e di pensare che quei tesori non siano inesauribili. La metafora del mare è una metafora ossimorica: nel suo interno si spiega la transitorietà della vita e la sua ciclicità legata però inscindibilmente al silenzio eterno.

Marianna Inserra