La rivolta
di Clara Dupont-Monod
Clichy, settembre 2023
Traduzione di Tommaso Gurrieri
pp. 216
€ 19,50 (cartaceo)
In Italia abbiamo conosciuto Clara Dupont-Monod con Adattarsi (Clichy), romanzo che mescola autobiografia e realismo magico nel raccontare la presenza di un bambino gravemente disabile in una famiglia e il suo rapporto ai fratelli, quelli che l’hanno conosciuto e quello venuto dopo. In una chiacchierata a Più libri più liberi lo scorso dicembre (qui l’intervista), l’autrice aveva sottolineato il suo interesse per famiglie non esattamente disfunzionali, ma lontane dalla norma. Famiglie che devono fare i conti con difficoltà che molti non conoscono, adattarsi a lutti dolorosi e in generale sviluppare una resilienza da leoni.
Ne La rivolta, libro del 2018 che l’ha fatta conoscere al grande pubblico, si ritrova un’altra di queste famiglie, questa volta ben più storica: protagonista è Eleonora d’Aquitania, leggendaria regina prima di Francia e poi d’Inghilterra, donna combattiva, vendicativa e immensamente intelligente. Sposa prima al re di Francia Luigi VII, lo abbandona per Enrico II Plantageneto, giovane re inglese dal quale avrà otto figli.
La rivolta del titolo è quella con cui Eleonora e i suoi figli intendono rovesciare il padre, sovrano crudele e isterico, e che li condurrà a sofferenze e fratricidi.
In questo romanzo polifonico sono Eleonora e il suo terzo figlio, Riccardo detto Cuor di Leone, a raccontare cosa significhi abitare una famiglia in cui non ci si può fidare del proprio padre, marito o fratello, e di cosa faccia l’odio al carattere di una persona.
La collera sostiene mia madre, mentre mio padre ne è indebolito. La sua è una rabbia grottesca, esplosiva, che ci fa vergognare. […] Lei riesce a costruire vendette che acquistano la forma dell’onore. Per Eleonora l’odio è una collera che invecchia bene. (pp. 75-76)
Il romanzo copre complessivamente un arco di tempo che va dal primo matrimonio di Eleonora fino alla terza crociata e alla presa di Gerusalemme da parte di Riccardo e Filippo Augusto di Francia. Siamo nel 1100, un secolo sanguigno che vede protagoniste vecchie istituzioni medievali, castelli con banchetti di cacciagione, tornei a cavallo e guerre sante condotte dai due schieramenti, quello cristiano e quello musulmano.
Il personaggio di Eleonora d’Aquitania viene fuori dal racconto di suo figlio come ieratico, una donna da ammirare e temere, carismatica, ma da cui non è facile essere amati. Non ci è riuscito il suo primo marito, i figli stessi ne hanno avuto poche dimostrazioni. È una figura di eroina protofemminista, forgiata sugli stessi valori guerreschi dei suoi colleghi uomini e più abile di molti di loro a comprendere le logiche del potere e le debolezze umane: suggerisce ai figli maschi di «non amare mai, o ti porteranno via tutto», e di uccidere un uomo sconfitto piuttosto che lasciarlo ferito, umiliato e vendicativo.
Ma per quanto sia presente dietro le manovre di guerra dei figli, per quanto cavalchi attraverso le sue terre e regoli i conti del demanio, è soprattutto nella sua veste di madre di figlie femmine che emerge la sua lungimiranza di veduta sulle potenzialità delle donne:
Mia madre ha sempre detto che, pur non potendo regnare come vorrebbero, le donne avrebbero potuto acquisire il potere attraverso la scrittura, ecco perché spingerà le sue figlie verso la letteratura e la poesia. (p. 54)
È sempre questa regina a fare da mecenate ai trovatori francesi, precursori di una poesia d’amore e di ideali cortesi che in Italia germoglieranno nella scuola siciliana prima e toscana poi. È lei a far comporre canzoni su «una coppia chiamata Tristano e Isotta» e su «un guerriero di nome Artù, chiamato “il re dei re”».
Non tutto è storicamente documentato, certo. Come scrive l’autrice nella postfazione, si tratta di un romanzo e non di una ricostruzione storica, per cui alcuni dettagli rimossi dalla storiografia sono necessariamente integrati dalla creazione letteraria. Ma la distinzione in fondo non è importante: Clara Dupont-Monod riesce a dare voce ad alcuni personaggi tradizionalmente tramandati come pedoni della Storia, svelandone invece le sfumature di carattere, gli affetti e i dolori che rendono più umano e comprensibile qualsiasi personaggio.
La rivolta è una lettura al tempo stesso istruttiva e commovente, si legge quasi di corsa per scoprire al più presto il dipanarsi degli eventi ma ci si ferma spesso su pagine intimistiche in cui coesistono aspetti spesso contrastanti di un personaggio: il dolore di Eleonora per la morte di un figlio, che cozza con il suo aspetto freddo e guerrigliero, o la sensazione di Riccardo, un futuro re dei re vittorioso in Terra Santa, di essere insignificante di fronte alla grandezza dei genitori:
La storia appartiene a quei due giganti e io sono solo un sassolino. […] Mi incoronano e ho la sensazione di non aver meritato niente. Mia madre ha un manto di seta rossa, così l’assemblea può vederla da lontano e adeguare i propri movimenti ai suoi. (p. 150)
Michela La Grotteria