Che libro potente, questo Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa di Michela Marzano! Sapevo fin dall'inizio che leggere e scrivere di un tema delicato come quello del consenso avrebbe richiesto grande intensità e attenzione da parte dei lettori. Eppure più volte ho avuto la necessità di chiudere per qualche minuto le pagine del libro, tenendo il segno con un dito, per riprendere subito dopo da dove lo avevo lasciato.
Partiamo da qualche osservazione: alla fine della lettura, trovo difficile chiamarlo semplicemente "romanzo". Diciamo che la matrice narrativa è un ottimo espediente per permettere all'autrice di entrare in empatia con i propri lettori; poi, però, alle vicende che riguardano la protagonista, Anna, si avvicendano altri materiali: testi giornalistici, passi di podcast, riflessioni sul cinema e sulla letteratura, note di costume, contributi tratti dai social,... Complice il fatto che Anna lavora per la radio francese e si occupa di inchieste che riguardano il mondo femminile e porta avanti un corso sul consenso con i propri studenti in ateneo, spesso l'io narrante si concede riflessioni che spaziano. Qualche volta riguardano ciò che Anna legge online, altrove ciò che ascolta o che guarda, leggendo i fatti sempre alla luce della propria vita. In effetti, ciò che abbiamo vissuto dètta continuamente come interpretiamo la realtà e modula inevitabilmente il nostro sguardo sul mondo.
Il vissuto di Anna non è semplice: alla scuola media ha subito le attenzioni di un professore che, con una scusa, le ha infilato la mano nella tasca del jeans. Attenzioni non richieste, a cui non ha saputo sottrarsi: questa pare una costante nella vita di Anna, che spesso cede a uomini che desiderano il suo corpo. E che sembrano, lì per lì, confermarle che è bella e degna. Poi, però, spariscono. E chi resta spesso le fa del male. Ecco perché, come in un refrain ossessivo, Anna si chiede più volte: Ma come fanno, le altre, a farsi sempre rispettare? La risposta, manco a dirlo, è difficilissima, se non impossibile, da trovare. Anche perché, occorre domandarselo, è proprio vero che le altre non hanno mai vissuto esperienze simili a quelle di Anna?
E pare, per tutto il libro, che la protagonista vada in cerca di risposte: il consenso non è solo un argomento dibattuto, anche a partire dal movimento #MeToo; è una fonte di riflessione per Anna tanto quanto per i suoi studenti. È oggetto di una ricerca costante, di un interrogarsi spesso appassionato, talvolta rabbioso, altrove mesto: tante volte Anna si è chiesta se il suo fare l'amore per via delle circostanze e non per reale desiderio o i suoi "no" forse troppo deboli siano alla base di stupri. Tante volte non ha voluto sentirsi vittima, perché le cronache parlano di stupro quando c'è anche violenza fisica; ma se c'è violenza psicologica e il consenso manca, come si possono definire quei rapporti?
Anna non ha risposte certe e d'altra parte il dibattito sul consenso è cosa recente: tuttavia, sa cosa non vuole per le nuove generazioni, e porta avanti con determinazione la sua speranza che il futuro riservi i cambiamenti tanto sperati. Ma cosa resta a lei? Come fare i conti con il suo passato, con ciò che forse ha rimosso?
Libro di grandi interrogativi (e senza facili risposte) e di riflessioni spesso delicate, da maneggiare con cura, Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa propone più passaggi in cui le lettrici donne si sentiranno urtate, altre volte comprese fino in fondo, altrove esortate a fare qualcosa. Almeno a non accettare più di tacere. Perché troppo spesso il silenzio è stato interpretato come consenso, quando invece era solo paura, debolezza, incapacità di difendersi.
GMGhioni