Ci vuole grandissimo
coraggio per cimentarsi da un lato con i classici, dall’altro con un’opera
monumentale, sfaccettata e ricca di contenuti come Le Metamorfosi di Ovidio. L’entità dell’impresa si nota
immediatamente quando si sfoglia, oscillando fin da subito tra stordimento e
ammirazione, il volume di Daniele Catalli e Alice Patrioli, edito da L’ippocampo.
Nell’“Invito ai lettori” gli autori ricordano che nel mondo antico l’ospitalità
era sacra (chi poteva mai dire che non fosse un dio sotto mentite spoglie il
viandante che bussava alla porta?). Il volume vuole dunque farsi dimora accogliente,
spazio di esplorazione e condivisione, luogo in cui far germinare passione e
meraviglia. E chi, meglio dei padroni di casa, può accompagnare il visitatore,
permettergli di comprendere gli ambienti in cui si muove e aiutarlo a sentirsi
ben accetto? Ecco perché abbiamo voluto rivolgerci direttamente a loro, per
farci suggerire qualche chiave di lettura, il filo che ci accompagni attraverso
un labirinto che non è luogo di perdizione, ma scrigno di tesori da rivelare.
Affrontare
un’opera voluminosa e complessa come quella di Ovidio deve essere stata
una grande sfida intellettuale e artistica. Quali sono state le principali
difficoltà che vi siete trovati ad affrontare, nella selezione dei
contenuti e nelle scelte rappresentative?
Alice: Le Metamorfosi di Ovidio ci sono giunte
suddivise in quindici libri: un poema più ampio dell’Eneide. Di fronte a un testo così vasto e complesso, la prima sfida
è stata individuare un criterio di selezione: ci siamo concentrati sui racconti
di metamorfosi strettamente intese, che avrebbero dato maggiore possibilità
creative ai disegni di Daniele. Dopo un attento studio dell’opera, abbiamo
dunque tralasciato i libri dedicati ai cicli epici e ai temi politici (il VII,
e i libri dal XII al XV). Un altro criterio di selezione è stata la volontà di
rappresentare la più ampia gamma di passioni umane, che sono all’origine delle
metamorfosi: il desiderio, la superbia, l’ira, l’amore, per fare alcuni esempi.
A questo punto si è presentata la seconda sfida: riuscire a
mantenere la continuità tra un episodio e l’altro, ma in questo ci ha aiutati
Ovidio stesso, maestro nel collegare i miti tra loro. Nella maggior parte dei
casi i racconti che abbiamo selezionato sono consequenziali anche
nell’originale, nei rari casi in cui non lo sono, ho inserito nel testo brevi
passaggi narrativi simili a quelli che utilizza il poeta latino in modo da
conservare l’armonia della narrazione.
Daniele: Fin dall’inizio è stato chiaro che avremmo dovuto
operare una scelta. Come spiegato da Alice, volevamo concentrarci sulle
metamorfosi, tralasciando la parte politica dell’opera ma mantenendo una
continuità nel racconto della correlazione tra gli episodi. Un altro aspetto
importante è stato far dialogare il testo e i disegni, perché questi non
diventassero solo una ripetizione visiva delle descrizioni. In generale non
sono molto a mio agio con il termine illustrazione, perché questa, nell’accezione
più comune, prevede una sorta di dipendenza dal testo. Avevo già realizzato dei
disegni prima di iniziare a lavorare al progetto, quindi abbiamo cercato uno
scambio continuo di ruoli tra la rappresentazione visiva e le parole. In
pratica abbiamo deciso di eliminare il testo dove il disegno poteva servire da
racconto e viceversa.
Fin dall’invito ai
lettori iniziale, dichiarate la tripartizione ideale dell’opera in tre
macro-sezioni tematiche interconnesse: animalia,
vegetalia, mineralia. A questa si sovrappone però una sotto articolazione
per argomenti (Diluvio, Desideri e tradimenti, Profezia, Sfide, Superbia,
e così avanti…). Questo fa pensare a una possibile fruizione non lineare,
più in linea con un’idea combinatoria. Quale tipo di approccio potrebbe
valorizzare maggiormente Le Metamorfosi, e perché? Avete
ritrovato questa idea di libertà anche nell’originale ovidiano?
Alice: Sì, il poema di Ovidio consente decisamente una
fruizione libera, non vincolata alla linearità del racconto. Tuttavia si tratta
di un carmen continuum, un canto
ininterrotto, che procede dalle origini del mondo fino all’età augustea, in cui
il poeta ha vissuto.
Abbiamo voluto
mantenere questa formidabile interconnessione tra le vicende, sia nel testo che
nelle immagini, ma, al contempo, ci è parso interessante fornire anche altre
due strategie di lettura, più vicine al gusto dei lettori contemporanei: una
legata all’ambito delle scienze naturali, l’altra connessa a temi
specificatamente umani. Dopotutto, Le
Metamorfosi possono essere lette sia
come un catalogo di elementi naturali sia come un atlante di passioni umane:
è questa combinazione a renderlo un poema così affascinante. Ai lettori
suggerirei di scegliere la fruizione che prediligono: quella lineare darà loro
la percezione di un flusso continuo nel racconto, quella selettiva consentirà
di concentrarsi su una sezione del racconto connessa a un tema specifico,
magari più vicino a un loro interesse del momento. Ad esempio, un lettore è
incuriosito dalle storie d’amore tormentate? Nella sezione Amori difficili troverà quel che cerca!
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Le Metamorfosi di Ovidio di Daniele Catalli e Alice Patrioti Edizione illustrata L'Ippocampo, 2023
pp. 296 € 25 (cartaceo)
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Daniele: Il progetto è nato con l’idea di realizzare una
versione de Le Metamorfosi che fosse
ispirata ai primi testi di scienze naturali ed alla loro rappresentazione della
natura, a partire dalla catalogazione di Linneo. In questo senso sarebbe
teoricamente possibile leggere il libro seguendo ad esempio, solo la parte
vegetale o animale, come un manuale scientifico. Se però l’originale di Ovidio
può essere visto come un fregio continuo, in un rapporto di causa effetto senza
apparente soluzione di continuità, per la nostra versione abbiamo scelto di
utilizzare dei capitoli tematici per una lettura quasi analitica degli eventi; un modo contemporaneo di vedere le cose,
legato alla necessità ossessiva di catalogazione della nostra società, ma
che al tempo stesso permette una lettura per temi. Nonostante questo, i
capitoli sono legati uno a l’altro, perciò non so se esiste un approccio
migliore di un altro, forse mi sentirei di consigliare la lettura del capitolo
più in linea con l’umore, perché, come giustamente fa presente Alice, Le Metamorfosi è anche un catalogo di
emozioni umane.
La suggestione che
accompagna il lettore durante la lettura delle vostre Metamorfosi inizia
fin dalle prime pagine, a fondo nero, dove si narra del Caos iniziale e
poi della separazione degli elementi, della creazione del mondo e
dell’uomo. Queste pagine, ma anche il concetto stesso della trasformazione
che è alla base dell’opera, mentre descrivono la definizione di un ordine
sottolineano l’interconnessione tra tutte le cose, che perdura al di là di
ogni tentativo di isolarle l’una dall’altra. Questo appare evidente nel
canto di Pitagora di Samo, che non a caso voi scegliete di porre in coda
al volume…
Alice: Il canto di Pitagora è l’estratto di un ampio
discorso che il filosofo tiene sul tema del vegetarianesimo (siamo nel XV
libro) e ci è parso una “postfazione” perfetta per il nostro volume: contiene
l’essenza delle Metamorfosi ovidiane.
Ciò che Ovidio ha espresso con la sua opera poetica, Pitagora lo esprime con un
discorso filosofico, che appartiene all’opera stessa! È dunque Pitagora che
parla, oppure Ovidio che si esprime per bocca del filosofo greco? Anche in
questo caso è impossibile isolare l’uno dall’altro. Nulla, nella visione di Ovidio, è isolato, singolo, ogni cosa è connessa
all’altra, la fine di un elemento coincide con l’inizio di
un altro: in quest’ottica anche la morte non è altro che un cambiamento di
forma o di stato.
Il mondo antico aveva,
per necessità, una connessione molto
stretta con gli elementi della natura, una contiguità che, con intensità
diversa a seconda delle epoche, è durata fino all’avvento dell’era industriale.
Leggere Le Metamorfosi oggi vuol dire
anche riscoprire la stretta connessione tra l’uomo e gli elementi della natura,
di cui egli stesso fa parte, anche se il mondo contemporaneo tende a
dimenticare questa evidenza. Con esiti catastrofici, come possiamo osservare.
Anche il testo di Ovidio cambia: assume, di racconto
in racconto, toni ironici, avventurosi, erotici, elegiaci, orrorifici. Lavorare
su un’opera così varia è stato entusiasmante: sia la narrazione che i disegni di Daniele mutano stile adattandosi
alle caratteristiche del singolo racconto. A volte le storie di Ovidio sembrano
assomigliarsi, ma a ben guardare non si ripetono mai identiche: è un’opera che
rivela straordinarie doti creative da parte del poeta.
Daniele: Pitagora ci ha aiutati in questa operazione di
comprensione e trovo interessante che lo stesso autore che studiamo a scuola
per motivi completamente diversi, sia inserito come postfazione in un’opera
letteraria. Un ottimo esempio di interconnessione tra campi “diversi”.
L’interconnessione tra le cose è un tema che si ritrova nella
rappresentazione delle metamorfosi nel libro, che avvengono spesso a cavallo
tra due pagine, cercando un collegamento
tra il prima e il dopo, tra causa ed effetto. Volendo, il libro potrebbe
essere anche letto da destra a sinistra, “riavvolgendo” gli eventi. In effetti
i disegni del libro sono tutti collegati, in un fregio continuo. Si potrebbe dire che l’intero volume sia
costituito di un unico disegno molto lungo (circa 40 metri, se ve lo state chiedendo). A livello visivo volevo
che lo stesso libro subisse delle trasformazioni. Ad esempio la pagina del
diluvio, per essere letta, va ruotata. L’intenzione era riprodurre il senso di
mancanza di punti riferimento che genera finire sotto un’onda molto forte.
Oppure: in un altro punto del libro c’è un’immagine divisa a metà. Per poter essere
vista completa è necessario piegare la pagina (la ricerca la lascio a voi). In
generale lo stile di disegno cambia adattandosi all’episodio, a volte è più
preciso, altre quasi abbozzato. L’inizio e la fine hanno uno stile poi molto
diverso dal resto proprio per questo loro ruolo di inizio e fine. Sono legati
al mito ma al tempo stesso sono anche punti
di contatto con la nostra visione del mondo. Se è vero che la letteratura
antica può dirsi incredibilmente contemporanea (o per meglio dire, senza tempo),
è anche vero che questa fa riferimento a un mondo in cui molti valori erano
completamente diversi dai nostri e la comprensione di questi valori è oggi
particolarmente complessa, a dispetto degli studi e delle traduzioni. Penso ad
esempio all’idea di colpa e di divinità
o lo stesso concetto di fato.
Andando un po’ fuori tema, una cosa che mi viene in mente è che
l’interconnessione ritorna nei miei lavori. Ad esempio una cosa che faccio
quasi sempre è nascondere piccoli frammenti di lavori precedenti nei progetti a
cui sto lavorando. Può essere un personaggio, un fondale o un pattern. Piccoli
dettagli, un fil rouge per dire,
sottovoce, che quello che stai guardando è il risultato di un processo continuo
e la conseguenza di un’evoluzione di stile ed interessi che non può essere
isolata dal resto. Naturalmente Le
Metamorfosi non fanno eccezione.
In base a questa
interpretazione del mondo, quale ruolo è riservato all’essere umano?
Alice: L’essere umano è inserito nel flusso di
trasformazioni, ma, nell’opera di Ovidio, è spesso colui o colei che le provoca: sono le azioni e le passioni umane a
determinare le metamorfosi, che giungono come punizioni da parte degli dei,
atti di pietà o (raramente) premi.
Inoltre l’essere umano,
a differenza degli altri elementi naturali, si interroga su ciò che ha intorno,
si pone domande, lo racconta attraverso l’arte, cerca di modificare la natura
stessa.
Mi colpisce l’idea che
l’essere umano abbia necessità di
raccontare la realtà che lo circonda attraverso l’arte: è un’esigenza
antichissima. Nell’opera di Ovidio abbiamo almeno due esempi di narrazione
attraverso l’arte, tratti dal mito: la tessitrice Aracne e il poeta Orfeo.
Aggiungerei Dedalo, che invece rappresenta la creatività in campo, potremmo
dire, tecnico-scientifico: in fondo, è il primo a sperimentare un tentativo di
volo, modificando con ingegno le leggi della natura. L’essere umano agisce,
crea, immagina, sperimenta, non sempre con esiti positivi.
Daniele: Il ruolo dell’umano è probabilmente quello di porsi
le stesse domande da secoli, ottenendo risposte apparentemente diverse. Il
risultato in realtà non cambia, perché gli addendi sono quelli, quello che
cambia è l’interpretazione di quel
risultato sulla base di valori decisi a tavolino. Questi parametri, però,
cambiano nel tempo e quello che era religione o legge in un periodo storico
diventa scienza o superstizione in un altro. In fin dei conti, forse il ruolo
degli umani è accordarsi su dei
parametri di lettura e la capacità
di metterli di volta in volta in discussione è la cosa più umana che mi
viene in mente. E forse una maledizione.
Tra gli episodi
che ho trovato più drammatici ci sono quelli di Fetonte e Orfeo. Entrambi
sono accomunati da un grande slancio finito male, da un desiderio umano
che si scontra con la fallibilità, con la fragilità dell’individuo. Mi
pare che, anche a livello grafico, sia stata tentata un’operazione simile,
che li mette in rilievo più di altri circostanti. È effettivamente così?
Per quali ragioni e quali aspetti?
Alice: Sì, entrambi sono accomunati da un desiderio che è
al di sopra delle loro forze: Fetonte pretende di guidare il carro del dio
Sole, suo padre, e Orfeo, tentando di riportare in vita l’amata Euridice, crede
addirittura di poter sconfiggere la morte. Li accomuna anche l’esito
catastrofico della loro azione: Fetonte, avvicinandosi troppo alla terra, crea
incendi devastanti, in pratica surriscalda il pianeta, come avviene oggi con il
fenomeno del riscaldamento globale; Orfeo illude Euridice di poterle restituire
la vita, invece, voltandosi troppo presto verso di lei, la condanna
involontariamente a una seconda morte.
Vedo però una sensibile
differenza tra i due: quello di Fetonte è uno slancio egoistico, tipicamente
adolescenziale, invece il desiderio di Orfeo è mosso dall’amore per Euridice,
agisce per sé stesso, certo, per il desiderio di ricongiungersi alla sposa, ma
anche per lei. Infatti Ovidio ha la delicatezza di dirci che Euridice non
rimprovera lo sposo per il suo errore fatale, mentre Orfeo non se lo perdonerà
mai. Come il Sole non potrà dimenticare il dolore per la perdita del figlio, a
cui non ha saputo negare un dono tanto pericoloso.
Daniele: La cosa che secondo me li distingue è che le loro
azioni hanno conseguenze diverse dagli altri episodi. Entrambi non subiscono
una metamorfosi nel senso “naturalistico” del termine, ma ne generano altre. Mi
sembra un buon esempio di vicinanza con
gli esseri umani moderni: siamo convinti, vivendo in una bolla egocentrica,
di essere inizio e fine di tutto, nel bene e nel male. Invece molto più spesso
le conseguenze delle nostre azioni vengono subite da qualcun altro o da
qualcosa altro. In particolare Fetonte, con il suo comportamento crea, per un
breve momento, una terra diversa da quella che conosciamo, o che stiamo imparando
a conoscere con i cambiamenti climatici. Il viaggio di Fetonte dura poco e il
suo narcisismo si consuma in poche ore, ma le conseguenze derivate dal suo atto
lasciano traccia. Diciamo che la sua impronta ecologica è stata notevole.
Parlando di letture contemporanee, Fetonte, alla fine, è solo il figlio un po’
viziato di un personaggio molto molto famoso e, per dimostrare questa
parentela, chiede al padre di fargli guidare la macchina di lusso. Solo che il
macchinone, in questo caso, è il carro del Sole. Sarei curioso di vedere
l’account instagram di Fetonte, ve lo immaginate?
#richdad#celeb#livingthedream#happylife#lifegoals#theultimateflex#sunisyourgod#apolloismydad
#bestdadever#byebyelosers
Le tavole
illustrate, che descrivono il processo della metamorfosi nel suo
svolgersi, evocano a tratti suggestioni contemporanee (penso ad esempio a
quelle riservate all’Homo sapiens, come la XVII). Quali sono gli elementi
di modernità e attualità che avete riscontrato nella realizzazione del
volume? In che modo le Metamorfosi
ci parlano ancora?
Alice: Le
Metamorfosi ci parlano ancora perché le passioni e la natura
umana non mutano nel tempo: la superbia, la generosità, la sofferenza per un
amore non corrisposto, lo slancio verso un corpo desiderato, l’ambizione verso
un’impresa ardita sono sentimenti e situazioni che conosciamo benissimo e in
cui ogni lettore si può riconoscere, a seconda del suo temperamento. La
letteratura antica, anche se risponde a codici di comportamento e valori
diversi dai nostri, racconta l’essere
umano con grande libertà e per questo ci
riguarda tutti.
Il testo non è
attualizzato, ma fedele all’originale, dunque abbiamo riservato ai disegni di
Daniele il compito di inserire nell’opera elementi del mondo contemporaneo (un
carro armato nell’età del ferro, un Canadair che tenta di rimediare agli
incendi di Fetonte, per esempio).
Daniele: Le Metamorfosi, come gran parte della letteratura
classica, è un’opera incredibilmente contemporanea, proprio perché gli addendi
sono gli stessi. Ho però voluto inserire degli elementi moderni per evitare di
cadere nella trappola della rappresentazione romantica del mondo antico che
genera, secondo me, una certa lontananza. In particolare l’Età del Ferro mi è
servita da ponte con il contemporaneo. Se Ovidio la descrive come un’epoca
tremenda, in cui i peggiori istinti trovano sfogo, cos’è oggi, per noi, L’Età
del Ferro?
C’è stato un
episodio (o una trasformazione) che vi ha suggestionato maggiormente, o
che è stato più intrigante da rappresentare?
Alice: Ne sceglierei due: Biblide e la storia di Ceice e
Alcione. Biblide mi ha colpito per l’abilità del poeta nel descrivere i moti
dell’animo di una donna che ama, ma pur non avendo speranza di essere
corrisposta (Biblide si innamora di suo fratello Cauno) non rinuncia a
esprimere la passione che prova. Non avendo il coraggio di dichiararsi di
persona, Biblide scrive una lettera, una splendida lettera d’amore. Il gesto
stesso di scrivere la lettera mi è parso di una modernità sorprendente.
Nell’episodio di Ceice e
Alcione si racconta di una coppia di sposi separati da un evento tragico: un
naufragio, in cui Ceice perde la vita. La descrizione del naufragio tocca corde
profonde: Ovidio descrive la disperazione dei naufraghi, i loro ultimi pensieri
rivolti alle persone care che non rivedranno. Nel mondo antico ogni viaggio per
mare era considerato un rischio, ma oggi, quella stessa descrizione ci ricorda
il dramma dei naufraghi che tentano di attraversare il Mediterraneo per
arrivare in Europa. La sorprendente
bellezza dei classici risiede nel loro restare identici, mentre cambia lo
sguardo e l’esperienza di chi li legge: così, nella descrizione di un
naufragio tratto dal mito, possiamo scoprirci commossi per un dramma
contemporaneo. Ma almeno per Ceice e Alcione c’è un finale sereno: vengono
trasformati una coppia di martin pescatori, detti anche alcioni.
Daniele: Io direi Aracne. A parte il momento della
trasformazione, nel mito si racconta degli arazzi della gara. Da una parte
abbiamo il talento inarrivabile di Aracne, dall’altro il lavoro di una Dea.
Entrambi sono descritte come le tessiture più belle mai viste. In questo senso
la scrittura ha il vantaggio di poter contare sulla fantasia di chi legge, ma
come fare con il disegno? Come rappresentarli? Voglio dire: come si disegna
l’arazzo più bello mai visto? La scelta è perciò caduta su una
non-rappresentazione, ovvero il punto di vista del pubblico che assiste alla
gara, che guarda l’arazzo da dietro, al rovescio, intuendo le immagini tramite
i fili colorati. Si tratta forse dell’unico disegno “astratto” del libro, una
rappresentazione che c’è, ma che va anche immaginata.
Per concludere vorrei mettere in rilievo un dettaglio che ho trovato
divertente: in coda al volume svelate la possibilità, per il lettore, di accedere
a contenuti inediti online… ma solo se sarà in grado di scovare una password
nascosta, percorrendo il labirinto del Minotauro, che si incontra in itinere.
In questo modo ciascuno ha la sua piccola sfida, si sente ancora più implicato.
Volete raccontarci da dove viene questa idea e dare una piccola anticipazione
della ricompensa per chi affronta e supera la sfida?
Alice: L’idea è di Daniele e dunque lascerei a lui il piacere di
raccontare com’è nata, ma posso dire che l’ho apprezzata moltissimo: non solo
rende il libro “interattivo”, ma lo espande in uno spazio “altro”, che si
arricchisce continuamente. Trasmette l’idea, molto ovidiana, che le metamorfosi
siano potenzialmente infinite.
Daniele: Nei miei lavori ci sono spesso delle diramazioni, declinazioni
dello stesso tema in vari formati. Ad esempio lo stesso soggetto può diventare
un libro, una performance, una serie di stampe, un’installazione, può essere
arricchito da un audio oppure da collaborazioni con altri artisti. Nessuna
forma esclude l’altra. Per Le Metamorfosi
ho realizzato diversi pezzi che non hanno trovato spazio nel libro (serigrafie,
incisioni, sculture, animazioni, burattini…). Mi piace idea che un progetto possa espandersi in diverse
direzioni senza limiti di tempo o di tecnica. Per il labirinto (che è un
personaggio a tutti gli effetti, come spesso è l’architettura) volevo
trasmettere la sfida di attraversarlo e riuscire anche ad uscirne, perciò mi
sembrava giusto dare un piccolo premio. La password dà accesso ad una pagina che
contiene una serie di materiali inediti, ma anche studi, schizzi, riferimenti
artistici e storici. Non è una pagina
statica, ma verrà aggiornata nel tempo. Chissà forse un giorno questa
pagina diventerà un libro e magari in questo libro ci sarà un altro codice che
aprirà altre porte. E così via.
A cura di Carolina Pernigo
Immagini e foto degli autori riprodotte su autorizzazione della casa editrice
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