#PercorsiCritici - n. 46 - Tra equinozi e primi venti freschi: libri sulla fine



Se è vero che "non ci sono più le mezze stagioni", come recita l'adagio, è altrettanto vero che in questi giorni si sente ripetere da più parti che queste sono le giornate in cui cade l'equinozio d'autunno. Sentite già il profumo di zucca che si spande nell'aria, il rumore del forno che si riaccende dopo mesi e quel piacevole tepore che rilascia nell'aria? Possiamo dire che la fine di settembre porta con sé la consapevolezza che l'estate sia davvero finita e che per le vacanze lunghe bisognerà attendere il giro dei mesi. Quindi, messi nell'angolo più in fondo dell'armadio (per non cadere nella nostalgia!) costumi e/o scarponi da montagna, in queste settimane si fanno i conti col senso della fine. E per rendere più leggera questa sensazione o, per meglio dire, per non sentirvi soli, abbiamo pensato di proporvi una carrellata di libri sul tema, declinato in vari modi.


Il primo libro che viene in mente è proprio Il senso di una fine, di Julian Barnes (Einaudi), un romanzo in cui l'autore (che con questo libro ha vinto il Booker Prize nel 2011) racconta la storia di un dolore che porta alle estreme conseguenze, ovvero il suicidio. Quindi, con il concetto di fine possiamo sì intendere il termine di una vita, ma volendo si può estendere anche all'intera umanità. Più scrittori, infatti, hanno dedicato le loro pagine a un'immaginaria fine del mondo conosciuto, dando vita a diversi scenari. Uno di questi è Manon Steffan Ros, che in Il libro blu di Nebo (Neri Pozza, 2023) dedica pagine intense a una madre, Rowenna, e un figlio, Dylan, che devono ricostruire la loro esistenza in uno scenario post-apocalittico. Per farlo scelgono di aggrapparsi alle parole e alla volontà di raccontare la loro storia in un quaderno blu, quello del titolo, il quale raccoglierà le due visioni.

Sicuramente la recente pandemia ha fornito materiale per questo sentimento - possiamo anche dire paura -di fine del mondo conosciuto. Sulla scia questa sensazione, tre autori, Emmanuela Carbé, Jacopo La Forgia e Francesco D'Isa, hanno indagato questo sentimento lungo la storia dell'occidente, in La fine del mondo. Prima, durante e dopo la catastrofe (effequ, 2020). Tra gli eventi citati, anche la Seconda guerra mondiale, e a tal proposito, anche in affinità con Il libro blu di Nevo, non può non venire in mente la vicenda raccontata in La storia (Einaudi, 1974), di Elsa Morante, in cui una madre e un figlio devono reinventarsi in un mondo distrutto dalla violenza bellica.

Fine del mondo, quindi, ovvero universi conosciuti che crollano su se stessi, lasciando solo macerie. Tale immagine, così forte e potente, è possibile intenderla anche in senso metaforico, quando si parla della chiusura di una relazione. Qualche anno fa, nel 2006, Ilaria Bernardini ha raccontato queste fratture in una raccolta di racconti, intitolata proprio La fine dell'amore (Isbn edizioni, 2006), ripresi poi in un libro del 2014 per corredare gli scritti con una serie di illustrazioni (La fine dell'amore. Graphic short stories, Hop! edizioni, 2014). Bernardini ci racconta, con estremo realismo ed efficace delicatezza, che la fine di una relazione riguarda paure, disagi ed emozioni, ma anche una quotidianità interrotta (il cambiamento nel numero dei bicchieri), che porta tanta sofferenza.

Sullo stesso tema, in tempi più recenti, Mavie Da Ponte ha pubblicato per Marsilio Fine di un matrimonio (2023), in cui l'autrice indaga le sensazioni che maturano nella protagonista, in una discesa sempre più oscura verso l'apatia, fino alla lenta rinascita.

Anche la fine di un'età può essere una chiusura da elaborare, in particolare il passaggio dall'infanzia all'adolescenza: non solo perché con l'abbandono dell'età infantile viene meno una serie di ferme certezze e radicate abitudini, ma anche perché nel giro di poco tempo ci si trova a fare i conti con richieste, dinamiche e sentimenti che ci appaiono del tutto nuovi. E se poi ci si mette anche il bullismo, è davvero dura. La violenza del gruppo dei pari può essere davvero un fenomeno difficile da affrontare e a raccontarlo ci ha pensato Luca Azzolini, in Ragazzi selvaggi (DeA Planeta, 2021). Un romanzo che mira a suscitare l'empatia, arma fondamentale nel contrasto a questo tipo di fenomeni.

Tanto nel mondo letterario, quanto in quello cinematografico o delle serie tv, la parola fine può non essere facilmente ben gestita: quando infatti un autore si trova a dover chiudere una vicenda che ha portato avanti per anni, non è escluso che incontri il malcontento dei propri lettori. Se ciò non avviene, resta comunque una grande tristezza, per una saga a cui ci eravamo abituati e a cui non vorremmo rinunciare. Si potrebbero fare molti esempi, sia in casa nostra (Alessia Gazzola e l'Allieva per Longanesi, per dirne una, da cui poi è stata tratta una fiction Rai di grande successo, con la bravissima Alessandra Mastronardi) che all'estero. Per quest'ultimo caso, possiamo citare la saga dei Cazalet (Fazi editore), che resiste ancora dopo decenni.

Tuttavia. non tutto è perduto: la fine di qualcosa può significare anche l'inizio di qualcos'altro, e lo sa bene Emma De Tessent, che in Non è la fine del mondo (Feltrinelli, 2016) si ritrova a dover fare i conti con un imprevisto lavorativo nella casa di produzione cinematografica per cui sta trattando i diritti di un rinomato - ma altrettanto riservato - scrittore giapponese. Si vedrà costretta a rivedere i piani, per capire che forse dietro ad una porta chiusa si cela un'altra possibilità.

Insomma, tante sfaccettature per un tema che non è mai uguale a sé stesso.