Difendere la Terra di Mezzo
di Wu Ming 4
Bompiani, agosto 2023
pp. 276
€ 14 (cartaceo)
€ 14 (cartaceo)
€ 8,99 (ebook)
Nella veste di una nuova edizione, questo saggio monografico di Wu Ming 4 - membro del collettivo di narratori Wu Ming - si ripropone aggiornato, ma con gli stessi intenti:
offrire una panoramica sull'opera di quello che è ormai un classico del Novecento [...] una riflessione critica che privilegi la contestualizzazione storica e le suggestioni letterarie rispetto ad altri tipi di approcci [...] riproporlo all'editore italiano in occasione della data simbolica del cinquantenario della morte [...] (p. 10)
Conservando la divisione in due parti il testo ci porta, ancora una volta, nel magico mondo di Tolkien: la prima intitolata "Spettri di Tolkien" ci racconta la nascita e il destino di un fenomeno letterario, il peso della sua eredità, ovvero ciò che viene definito "Tolkien dopo Tolkien", e tutto ciò che sta dietro al mito e al linguaggio creato dall'autore.
La seconda "Le pagine e il paesaggio" si concentra di più sugli Hobbit e il loro modus vivendi, sottolineando cosa significhi il titolo. Difendere la Terra di Mezzo è difatti non solo un imperativo letterario, ma (soprattutto) un invito presente, perché seppure Tolkien è osannato ovunque come un genio, il creatore di un nuovo genere letterario (o quantomeno il suo massimo esponente) negli ultimi tempi la narrazione su di lui ha preso delle pieghe preoccupanti.
In Italia spesso si sente dire che Tolkien è un autore di destra. Orrore, aggiungo, anche se Wu Ming 4 ha l'onestà di ammettere che Tolkien aveva delle idee "di destra". La strumentalizzazione della sua storia e della sua eredità non avrebbe potuto trovare concezione più tremenda ed ecco allora che saggi di questo tipo ci aiutano a svincolarci dal "tradimento" operato oggigiorno per riportare il terreno di discussione su argomenti più pacifici e prolifici.
In un'intervista proprio per Bompiani, Wu Ming 4 sostiene che «per certi versi Tolkien è un autore che ancora sconta l'appartenenza a un genere narrativo considerato minore, se non addirittura “para-letterario”. Dunque sarebbe bene liberarsi dagli schemi dei generi e ragionare di narrativa tout court. Dall'altro lato è pure vero che proprio avere scelto il genere fantastico ha reso fondativa la sua opera».
Difatti il saggio è una vera e propria difesa a spada tratta nei confronti della filosofia tolkieniana contro chi cerca di distorcere il messaggio: partendo da legendarium fantastico, l'autore sposta l'attenzione sulle matrici storiche, storiografiche, reali, spiegando il perché di certe scelte stilistiche o anche di semplice trama: penso ai giardini degli Hobbit, alla descrizione dei boschi, alla pace e alla neutralità della Contea, alla natura ibrida di Middle-Earth né pagana né religiosa, al simbolismo delle armi presenti ne Il Signore degli Anelli, all'assenza quasi totale d'ironia nella narrazione di quest'ultimo.
Si tratta di un testo che va ovviamente letto da persone che già conoscono il mondo di Tolkien, non dico che ne siano esperti, ma che quantomeno abbiano un interesse che va al di là della pura narrazione. Un interesse, per così dire, contemporaneo. La prosa è semplice, fila liscia e si legge in modo scorrevole.
Lo consiglio ai fan.
Deborah D'Addetta
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