"Andare per fari" di Luca Bergamin: un viaggio lungo 8mila chilometri alla ricerca di queste strutture, simbolo di luce, salvezza e mito





Andare per fari
di Luca Bergamin
il Mulino, 2023

pp. 170
€ 13,00 (cartaceo)
€ 9,50 (e-book)


Un viaggio lungo 8mila chilometri, dall'Adriatico di Trieste al Tirreno dell'Isola del Giglio, dalle spiagge del Salento al Golfo Ligure. Passando per la Sicilia, la Sardegna, la Calabria e tutte le altre regioni italiane bagnate dal mare. Andare per fari, l'ultimo libro di Luca Bergamin, giornalista e scrittore con il cielo e il mare nel sangue (basta dare un'occhiata a @lucasudest, il suo progetto Instagram che ha l'obiettivo di valorizzare il Sud e l'Est della nostra Italia) disegna un itinerario che ci fa navigare di faro in faro alla scoperta della storia, dei segreti e delle curiosità delle più belle sentinelle che punteggiano le nostre coste.

Viaggiando tra l'azzurro del mare e del cielo, come il colore scelto per la copertina del libro, si parte per un viaggio che ci porta lontano non soltanto nello spazio, ma anche nel tempo.
Che il faro abbia una valenza iconica, fisica e metaforica, poetica e architettonica, mitologica e letteraria è fuor di dubbio. Basti pensare a quanti modi di dire il faro porta con sé, legandosi al concetto di luce e a quello di salvezza.
Queste sentinelle del mare e degli uomini che lo solcano, poste in scenari naturalistici di straordinaria bellezza, suscitano nel nostro immaginario un sentimento di ammirazione che spesso travalica nell'emozione e successiva trasposizione artistica e letteraria. Al loro ruolo fisico di illuminare nel buio, condurre alla salvezza chi è in pericolo o in balia delle intemperie, si sovrappone quello simbolico di nume e baluardo psicologico nelle procelle dell'esistenza. (pp. 21-22)
Il fascino di cui sono ammantate queste torri, bianche per lo più, spesso spazzate dai marosi, belle nella loro solitudine, parlanti nel loro ritmico lampeggiare è conosciuto e sperimentato in tutto il mondo e in tutte le epoche. Lo stesso colosso di Rodi, una delle sette meraviglie del mondo classico (III secolo a.C.), fungeva da faro. A forma di enorme figura umana, la statua, raffigurante Elio, il dio del Sole (per ciò stesso simbolo di luce), sollevava un immenso braciere da cui si alzava una fiamma visibile ai naviganti. Il nome stesso, "faro", si richiama alla medesima epoca quando sull'isola di Pharos (da cui il nome), nel porto di Alessandria, venne costruita questa altissima struttura che aveva il compito di segnalare alle navi la posizione del porto.

Il libro di Bergamin (edito da il Mulino nella collana Ritrovare l'Italia) condensa in poche pagine tutte le notizie che su ogni faro descritto possono essere utili al lettore, sia a colui che è in viaggio e si ferma come turista a visitare la struttura, sia a chi invece legge in poltrona e si lascia cullare dalle onde della scrittura, segnandosi magari in agenda le location che più lo incuriosiscono.
Dei fari vengono fornite le caratteristiche tecniche, per gli appassionati del settore, altezza, latitudine, longitudine, distanza alla quale si percepisce il fascio luminoso e sua durata in secondi, specificità dell'ottica rotante, dei pannelli lenticolari, le lenti di Fresnel fino all'impiego dei led e dei pannelli fotovoltaici che tracciano il futuro dei fari. Molto interessante è anche l'excursus storico sulle tecniche d'illuminazione, dal fuoco dei primi fari, acceso con legna particolarmente resinosa perché facesse più fumo possibile, agli oli vegetali, come l'olio d'oliva, dalla paraffina all'acetilene che proiettò i fari nell'epoca moderna. Potente, trasportabile in bombole, questo idrocarburo segnò una grande svolta. E poi arrivò la corrente elettrica, che segnò una rivoluzione nella professione del farista. Perché il volume di Bergamin non si sofferma soltanto sui fari, ma ci racconta delle vite che consentirono alle lanterne del mare di svolgere la propria funzione, quei faristi, spesso accompagnati dalle famiglie, che s'immolavano a una vita dura, solitaria, faticosa. E che spesso si trasformavano in eroi quando si trattava, non così raramente, di salvare vite umane dai naufragi. Sono pagine vive e sentite quelle che raccontano dell'epopea dei faristi, una professione dai risvolti quasi mitologici.

Al contempo vengono raccontate le vicende storiche e geografiche delle varie torri d'illuminazione oltre alle curiosità che ogni faro porta con sé. Che sono gustosissime e di varia natura e spaziano dalla storia al cinema alla letteratura: scopriremo che tra i custodi della Lanterna di Genova ci fu anche Antonio Colombo, zio paterno di Cristoforo, uno che nella sua vita di fari ne vide tanti. Oppure che il faro di Capel Rosso, all'Isola del Giglio, fa bella mostra di sé nel film La grande bellezza, quando il protagonista Jep Gambardella raggiunge la punta dell'isola per riconnettersi alla propria giovinezza e ai suoi primi amori. O che Giuseppe Berto, lo scrittore de Il male oscuro, s'innamorò a tal punto del faro di Capo Vaticano, in Calabria, da acquistare un appezzamento di terreno a strapiombo sul mare, proprio nei pressi della lanterna. O ancora che lungo tutto il Salento ci sono ben 83 torri d'avvistamento, fatte erigere da Carlo V di Napoli, per prevenire l'arrembaggio dei Turchi. O che la prima donna farista d'Italia fu assai probabilmente Elisabetta Deriu a Capo San Marco, in Sardegna ... o ancora che uno dei fari più iconici, tanto da avere ispirato anche un romanzo, si erge sullo scoglio di Mangiabarche (nomen omen) sempre in Sardegna, davanti all'isola di Sant'Antioco. Solo per citare qualche aneddoto. Ma il lettore ne scoprirà molti altri, grazie alla penna di Bergamin. Che racconta e lascia il desiderio di saperne ancora di più.

L'unico scoglio, per restare in tema, del libro è la mancanza di un apparato iconografico adeguato (decisione evidentemente riconducibile all'agilità e alla maneggevolezza dell'edizione): non per tutti i fari citati sono presenti le foto e le immagini che invece sono pubblicate sono in bianco e nero. Scelta che costringe il lettore a cercare online le fotografie dei fari raccontati, un modo per legare le parole a un'immagine.

Il libro si chiude con una riflessione un po' amara. Per salvare queste strutture, che sono proprietà demaniali, spesso si ricorre alla decisione di venderle a privati che, molto spesso, le trasformano in resort di lusso, alla portata di pochi, togliendole di fatto alla fruizione comune. Non sarebbe bello trasformare queste torri in musei del mare o della vita dei faristi o della biodiversità marina? Al momento, si ha come la sensazione, però, che questa rimanga soltanto un'illusione. L'importante è comunque preservare e portare al futuro queste torri che da secoli sono simbolo di salvezza e protezione.

Sabrina Miglio