di Olimpia Zagnoli
Electa, 2023
pp. 96
€ 12,00 (cartaceo)
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di Chiara Alessi
Electa, 2023
pp. 96
€ 12,00 (cartaceo)
Nella recensione presente su questo sito ai primi tre volumi di Oilà! – la nuova collana della casa editrice Electa a cura di Chiara Alessi dedicata a una selezione di donne distintesi nei rispettivi ambiti professionali per la loro capacità di aprire nuove strade e tracciare percorsi originali fino a divenire pietre miliari per le generazioni successive – il principale espediente retorico utilizzato prevede di partire dall’ultima parola di ciascuno libretto e di ricongiungerlo al rispettivo incipit. Uno stratagemma “ad anello”, questo, che evidenzia sia la breve distanza tra i due estremi in pubblicazioni concepite al di sotto delle 100 pagine, per una lettura (anche a voce alta) stimata in 45 minuti, sia la densità formale e contenutistica di prose che, proprio in conseguenza della misura breve, non lasciano nulla al caso o all’eccesso; ritratti come restituzioni d’autore, dunque, e che, pur sempre parziali e mai esaustivi, fanno della concentrazione una risorsa e una virtù. Sarebbe perciò interessante, a partire da parole come zuppa, Google e lontana, provare a replicare il medesimo espediente adesso che è in libreria la seconda “terzina” con protagoniste Lora Lamm (1928), Anna Castelli Ferrieri (1918-2006) e Lica Covo Steiner (1914-2008), raccontate, la prima, da Olimpia Zagnoli, e le altre due dalla stessa Chiara Alessi. Stavolta, però, sono i titoli nella loro interezza - tutti, come me già nel caso dei primi volumetti dedicati a Elsa Schiaparelli, Lisetta Carmi e Vanessa Bell, tratti da dichiarazioni delle biografate - a catturare l’attenzione di chi scrive questo commento e a rivelarsi il migliore spunto per parlare dei tre contributi.
Mette subito “appetito”, difatti, la citazione Come sale e pepe nella zuppa, frase scelta per l’unico caso all’interno della collana in cui la biografa, ovvero Olimpia Zagnoli, racconta una biografata ancora in vita, ovvero Lora Lamm: una similitudine che è un enunciato di stile e di poetica, e che si rifà al campo semantico del gusto, del cibo e della cultura gastronomica per riferirsi a un ambito altrettanto fondamentale per il “nutrimento” del genere umano, ovvero quello relativo alla vista, all’immagine e alla comunicazione visiva. Perché è proprio così, difatti, che Lamm – autrice, tra le molte cose, di alcune tra le più iconiche campagne pubblicitarie della Rinascente – risponde a Zagnoli quando questa – a sua volta una tra le più note illustratrici viventi, italiana di fama ormai internazionale – le chiede quali siano gli ingredienti imprescindibili nel loro settore: «osservare» e «dubitare» sono i verbi “speziati” del caso, ciò che non può in nessun modo mancare in fase di progetto, studio e disegno, ma sono anche, a ben guardare, il riassunto di una filosofia di vita che ricorda solo in prima battuta il metodo scientifico, e che al contrario non si “mortifica” mai attenendosi all’oggettività dei suoi risultati. Nel racconto di Zagnoli – che qui si espone come ammiratrice e si cimenta nei ruoli inediti di ricercatrice, intervistatrice e soprattutto scrittrice, e per la quale i continui rimandi e ricordi personali spizzicati tra le pagine non sono un mero riferimento al sé ma un modo ulteriore per rimarcare l’importanza dell’influenza della più anziana sulla più giovane – l’esaltazione gioiosa della creatività di Lamm prevale su tutto, attraversando i decenni a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso e arrivando fino alla contemporaneità, celebrando la bellezza di quei passaggi di testimone in cui i maestri, per essere tali, non devono avere necessariamente fatto lezione in aula agli allievi.
In Io so quel che mi faccio e Vorrei far vedere una strada che va all’infinito Chiara Alessi delinea i profili di due donne volitive, coraggiose, visionarie e, ciascuna a suo modo – “partigiane”, in senso sia figurato sia storico: da una parte Anna Castelli Ferrieri, che fu, nella poliedricità del suo impegno, anche la “signora italiana della plastica” o per meglio dire l'anima fondatrice femminile della Kartell, iconico marchio nostrano leader nel settore; dall’altra Lica Covo Steiner (all’anagrafe Matilda Maria Covo), grafica e designer nonché staffetta durante la seconda guerra mondiale e attivista politica per tutta la vita. Ancora una volta, come è nell’identità programmatica della collana, la prevedibile ovvietà del pur meritatissimo encomio - e le lodi, del resto, non mancano e non possono mancare in casi come questi, nei modi espliciti e impliciti sempre pretesi dalla giustezza del merito e dall’altezza delle proprie azioni - viene disattesa dalla “diagonalità” del punto di osservazione: così, se nel primo caso l’affermazione perentoria del titolo (dichiarazione profetica pronunciata da una Anna bambina) è un leitmotiv di consapevolezza e di sicurezza di sé che accompagna Castelli Ferrieri nel corso della sua intera carriera e finanche nelle occasioni in cui le è stato necessario rivendicare le proprie idee in modo meno “composto, elegante, ordinato e borghese” del consueto, nel secondo libro l’auspicio tutto rivolto al domani (al sempre, in fin dei conti) circa un percorso “che non si conclude” serve a sottolineare la proiezione futura di valori eterni come la collettività, la partecipazione e la sorellanza sperimentati con grande intensità durante la Resistenza ma fondativi di un credo laico duraturo e declinato in pubblico e in privato, in Italia come in Messico, nel lavoro come negli affetti e nelle amicizie. Nel racconto breve ma carico del carisma di due figure femminili uniche scomparse nel primo decennio del nuovo millennio, due amiche, due professioniste i cui destini si incrociano anche in occasione di una mostra importantissima e dall'iter complesso come Esistere come donna (1979-1983) e i cui ritratti in bianco e nero ancora ci guardano dalle prime pagine con occhi pieni di empatia e sfida (un gioco dell’intelligenza, s’intende, per donne, come loro, di pensiero e di azione), ci sono Compassi d’Oro e oggetti d’arredo iconici esposti nei più importanti musei, ci sono incarichi prestigiosi e progetti pionieri, scuole e mostre, riviste da dirigere e fogli su cui disegnare, materiali e tecniche da brevettare ex novo e obiettivi (anche fotografici) tramite cui restituire la propria visione del mondo e dei suoi abitanti; e ci sono, sì, anche uomini, compagni, consorti, complici e sodali. Nessuna “dolce metà”, a dispetto delle simbiosi (anche di quelle d’affari o, come nel caso, di Lica, dell’onomastica, se è vero che lei e il marito Albe Steiner erano noti – con una crasi che stupirà i più creduli della contemporaneità assoluta di certi vezzi linguistici – come i Licalbe); nessuna “parte di”, si diceva, e anzi, con ogni evidenza e pur nell’unione appassionata delle rispettive forze, semplicemente altri “interi”.
La seconda triade del nuovo progetto Electa non deluderà dunque le aspettative di chi ha già apprezzato i volumetti d’esordio, ma lo farà, se così si può dire, alzando la posta, ovvero il livello di difficoltà inteso come riconoscibilità immediata delle biografate: Lora Lamm, Anna Castelli Ferrieri e Lica Covo Steiner furono senza dubbio tre donne eccelse, ma non si può negare il fatto che la loro eccellenza (escludendo dalle statistiche l’allenato pubblico degli appassionati e degli addetti ai lavori) non abbia ancora scalato le vette pop altrimenti raggiunte da Elsa Schiaparelli, Lisetta Carmi e Vanessa Bell, i cui nomi e traguardi, sebbene con vari gradi di edulcorazione e diluizione, sono oggi noti ai più. Lungi dall’essere un demerito, proprio questa scelta rappresenta il valore aggiunto del progetto curato da Chiara Alessi, che, contrariamente a quanto spesso accade nel caso di collane “di compendio”, non si esibisce in pezzi facili e di sicura riuscita, preferendo cimentarsi in numeri inediti, sconosciuti o mai abbastanza ricordati. Proprio per questo, ovvero non essendo prospettive originali su figure iconiche ma, più propriamente, incipit d’autore su personalità che vale la pena conoscere o conoscere meglio, queste tre nuove uscite sono l’occasione perfetta per dare il via ad approfondimenti ulteriori da condurre anche sulla scia dei suggerimenti bibliografici posti in coda alle pubblicazioni: l’auspicio, ancora una volta, è che all’oilà! gioioso e sorpreso da cui la collana prende il nome faccia seguito una confidenza entusiasta, nel giusto riconoscimento di valore che spetta, in questo caso, alle tre protagoniste dell'illustrazione, del design, dell’architettura, della grafica e dell'impegno civile, e, come in un coro di buon auspicio, a tutte le altre che prossimamente arriveranno.
Cecilia Mariani