Il Polacco
di J.M. Coetzee
Einaudi, agosto 2023
Traduzione di Maria Baiocchi
pp. 128
€ 17 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Il polacco è un romanzo che condensa in poche pagine grandi temi e tanti riferimenti culturali, quasi un compendio di letteratura e musica, ma anche un omaggio alle parole, alla cultura letteraria della tradizione, a partire da Dante e infine agli uomini e alle donne, che spesso non si incontrano con le parole, ma solo dopo, quando è ormai tardi.
Witold è un pianista polacco, ha settant’anni quando incontra Beatriz, a Barcellona. Lei è lì per sostituire la sua solita accompagnatrice spagnola, Margarita, e da subito, mentre il suo lavoro le impone di comportarsi in maniera gentile, trova in lui qualcosa di arido. Non le piace come interpreta Chopin: lo vorrebbe più passionale, più giovane, più indulgente con la sua musica. Inaspettatamente, quello che per Beatriz è un incontro insignificante, per Witold Walczykiewicz, che ha un nome "con troppe w e z", e quindi sarà semplicemente “Il Polacco”, è una rivelazione. L’uomo le dichiara subito il suo amore, insiste per rivederla, vuole addirittura che lei viva con lui, che lasci tutto e lo segua in tournée. Beatriz ne è sconvolta, non trova lusinghiere le sue parole, rabbrividisce all’idea che un uomo così anziano e così “cadaverico” possa pensare di avere speranze. Lei è una donna dell’alta borghesia, con figli adulti e un marito con cui vive serenamente e di sicuro è ancora piacente.
Nonostante tutto, ci sarà un incontro, lei si renderà accessibile e lui continuerà a pensarla, seppur da lontano, fino al giorno della sua morte, quattro anni dopo. Di quella morte, Beatriz saprà solo in seguito e riceverà dal polacco un dono, che le farà comprendere quanto lui l’abbia amata, quanto poco spazio lei abbia voluto concedere a quell’amore e quanto, attraverso qualcosa che la donna scoprirà leggendo ciò che Witold le ha lasciato, ora che non può più conoscerlo, Beatriz voglia concedersi di farlo. Allo stesso tempo scoprirà quanto bisogno in fondo abbia ancora di lui, delle sue parole non comprese, della sua lingua così arida, del suo essere così vecchio, antico, lontano e profondamente vicino a lei.
Ancora una volta Coetzee torna sui temi cari alla sua produzione, ovvero l’incomunicabilità, lo sguardo psicologico sui personaggi, la lingua. L’aridità e il predominio dell’inglese sono un mezzo per denunciare l'appiattimento dei sentimenti, dal momento che l'inglese è una lingua di tutti e di nessuno, è una lingua che a volte allontana, non essendo di nessuno dei protagonisti di questo romanzo, pur essendo l’unico tramite per provare a conoscersi. Sembra che il lettore possa trovare, in questo breve romanzo, anche la vita e le difficoltà dello stesso autore, che ha scritto quest’opera in inglese e ha voluto pubblicarla in spagnolo.
Il mondo in cui abitiamo non è lo stesso in cui riusciamo a sentirci noi stessi, parabola ed epopea della vita dello stesso autore, nato in Sud Africa a Cape Town, con gli studi svolti in America e una vita, da quasi un ventennio in Australia e che non si è mai riconosciuto come il portavoce delle politiche di integrazione sudafricane; se non è facile capire noi stessi, non lo è nemmeno per i due protagonisti, estranei allo stesso autore che li ha generati, se è vero che nel presentarli in incipit, ci dice
“Da dove vengono l’alto pianista polacco e l’elegante donna che cammina scivolando leggera, la moglie del banchiere che occupa i suoi giorni dedicandosi ad opere buone? Hanno bussato alla porta tutto l’anno, chiedendo di entrare oppure essere liquidati e lasciati in pace. Adesso, finalmente, è giunto il loro momento?” (p. 8)
Ed è tutto lì ciò che dovremmo sapere di questi due, di come si muoveranno sulla scena, di come si proporranno tra le pagine. Eppure non basta. La storia è divisa in sei parti e in piccoli paragrafi numerati, che ci restituiscono, in terza persona, la visione degli avvenimenti dal punto di vista femminile. Le citazioni che riguardano Chopin sono numerose, anche i riferimenti alla storia con Georges Sand, che in realtà provò insistentemente a corteggiare Chopin e ad indurlo ad amarla; inoltre entrambi si ritrovarono per una breve fuga d’amore a Minorca, come succede nel libro ai due protagonisti. Si cita anche la certosa di Valldemossa, dove Chopin compose tante opere, tra cui “la goccia d’acqua” e la figlia di Witold non tratterà Beatriz rispettosamente, quasi sospettando della relazione tra il padre e lei (anche per Chopin e Sand fu la figlia il motivo per cui i due si lasciarono). Insomma sono tanti i riferimenti musicali, mentre per quelli letterari, insistentemente si fa riferimento a Dante e Beatrice, pur se questo sembra solo un modo per sviare il lettore e comunque per restituire la figura di una Beatrice scettica e per niente lusingata dalle attenzioni del suo poeta.
L’amore non corrisposto e le aspettative che abbiamo su questo sentimento sono l’altro nucleo tematico a cui Coetzee fa riferimento, perché l’incomunicabilità della lingua è anche, a un livello più alto, incomprensione del sentire, e se il sentir più nobile è l’amore, perché l’amato non ci ama come vorremmo o, come in questo caso, perché non ci sentiamo appassionati da chi ci ama con tanta forza? Beatriz non vuole essere amata dal vecchio maestro, vuole dimenticarlo e il suo sentimento si sublima solo dopo il rifiuto, che è fisico, la notte in cui lo caccia dal suo letto dopo un amplesso che è stato solo un concedersi, ed è un rifiuto totale dopo la morte del pianista.
Ma proprio a un livello più alto - potremmo pensare ad un livello spirituale - avviene infine la vicinanza, quando non servono spiegazioni, quando il limite invalicabile è stato superato, ecco che i due si concedono spiritualmente all’idea che l’altro preservava solo in memoria, così Beatriz riesce infine ad accogliere quell’amore, a dedicargli un pensiero, a viverlo, a suo modo, nel suo tempo, nella su lingua, rispondendo con delle parole in prosa a delle poesie di Witold.
Con ironia, spietata crudezza e inconsueto modo di raccontarci i sentimenti o ciò che li ispira, Coetzee dona al lettore un romanzo acuto, minimo, potente e modernissimo. Un dialogo sull’amore che è scettico, che non possiamo comprendere razionalmente, come la musica, e che infine ci conquista, se troviamo la dimensione giusta per viverlo, anche in maniera asimmetrica.
Samantha Viva
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