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Ripensare a tutta la propria vita durante le mille quarantene: Eduardo Cicelyn racconta la sua esperienza in un memoir

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Quarantena napoletana
di Eduardo Cicelyn
Neri Pozza, ottobre 2023

pp. 304
€ 16,50 (cartaceo)
€ 7,99 (e-book)

Alla terribile potenza del virus sul mio scooter nero vedo opporsi la forza serena di una natura che sopravvive di cultura e bellezza, piena di contraddizioni, dove tutto è già contamina-to. Con una musica anni Settanta negli auricolari nascosti sotto al casco io, sessantenne a rischio, vago nella città deserta per ricordare che la vita è qualcosa che si desidera far accadere e mai quello che si cerca di non far accadere. Ché poi, prima o poi, alla fine succede comunque. (p. 49)

Eduardo Cicelyn, classe 1959, oggi editorialista de Il Corriere del Mezzogiorno ed ex direttore del Madre, il museo d'arte contemporanea di Napoli, scrive per Biblioteca Neri Pozza questa lunga testimonianza della sua vita durante la pandemia. Si tratta di un testo ibrido, illustrato dai disegni di Francesco Clemente, pittore e disegnatore che, assieme ad altri artisti del calibro di Mimmo Paladino, è uno dei protagonisti della Transavanguardia italiana, movimento teorizzato dal critico d'arte Bonito Oliva intorno al 1970.
Testo ibrido perché tocca vari generi: il memoir, la cronaca, il romanzo autobiografico, l'esposizione giornalistica. Cicelyn ricostruisce per filo e per segno tutte le tappe della pandemia, dai primi contagi ai giorni attuali, raccontandoci le sue personalissime quarantene, non solo quelle riferite al Covid-19.

La vedovanza era stata la mia quarantena sentimentale. Avrei avuto bisogno d'accoglienza e di sostegno per l'inettitudine evidente, una complicità silenziosa ma forte con cui gestire l'intimità che non mi riusciva di creare con naturalezza. Entrambi cercavamo rifugio nel posto sbagliato. Più tentavo di condurla dalla mia parte, più Monica recalcitrava. Se non protestava e si opponeva, allora si addormentava. (p. 73)

Quarantene sentimentali, sociali, mediche, quarantene dai sentimenti, dagli affetti. Cicelyn ce le descrive tutte, facendo anche sorridere quando racconta di aver subito una tirata d'orecchi e un divieto a lasciare casa per due settimane per aver osato salire sul suo scooter e andarsene a zonzo per la città, ignorando ogni obbligo, ogni proibizione, ogni buon senso, e poi scrivendo delle sue "escursioni" su un giornale.
Il suo racconto fa sorridere ora, certo, che il Covid è (più o meno) un'emergenza meno grave, ma all'epoca dei fatti per l'autore deve essere stato un grande atto di ribellione.

Eppure non mi riesce di sentirmi in colpa per una cosa da niente, un piccolo passatempo da sessantenne malandrino. Questo è il punto. Sono uno che rimugina pensieri. Se capisco qualcosa, è sempre in ritardo. In fon-do, della mia vita so o credo di sapere tut-to, ma solo del prima e del dopo. Mi manca sempre il durante. È quel che accade mentre accade il punto morto di un'esistenza da romanzo incompiuto. Come i cattivi viaggiatori che anelano il ritorno per poter raccontare a qualcuno le loro esperienze, mi sono reso conto sin dai primi giorni di coscienza che la mia funziona in differita. (p. 77)

La scusa della quarantena diventa occasione per ripensare a tutta la sua vita: alla moglie scomparsa, alle sue amanti, alla sua carriera, alle amicizie, al ruolo di un uomo in una società allo sbando. La città ne risulta posta in secondo piano: se il titolo recita Quarantena napoletana di Napoli non si fa la solita città-macchietta, non si percorrono le sue strade osservandone ogni dettaglio; piuttosto appare come un lungo nastro sfocato, che scorre veloce davanti agli occhi di un uomo in motorino.
Il testo è scorrevole, anche divertente in certe parti, e i disegni di Clemente sono bellissimi.
Lo consiglio a chi, durante la pandemia, si è sentito solo, per leggere e sentirsi meno solo.

Deborah D'Addetta