di Naoise Dolan
Blu Atlantide, settembre 2023
Traduzione di Claudia Durastanti
pp. 272
€ 18 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)
Le voci più interessanti della letteratura contemporanea, in particolare quelle femminili, oggi arrivano dall’Irlanda. Al punto che ha suscitato non poche perplessità l'esclusione dalla celebre lista di Granta dei «best young British novelist» di alcuni nomi apprezzati da pubblico e critica. Certo non è una novità la rilevanza della narrativa irlandese nel panorama internazionale, ma ciò che intendo è una generazione precisa di scrittrici che sta raccontando, spesso svincolate dalla tradizione che l’ha preceduta e con un certo grado di sperimentazione, la società contemporanea in cui è immersa. Lo fa, molto spesso, in narrazioni che intrecciano ironia e crudeltà, calandosi perfettamente nella società odierna – raccontando tanto lo spazio urbano quanto l’Irlanda rurale – fra contraddizioni e complessità; scandaglia le relazioni, le identità di genere, si interroga sugli strascichi del patriarcato e le differenze di classe, dando forma a una narrazione del contemporaneo particolarmente aderente alla realtà.
Sally Rooney, Anna Burns, Eimear McBride, Anne Griffin, sono solo alcuni dei nomi che compongono questo mosaico di narrazioni, eredi – tra le altre – di Edna O’Brien e Catherine Dunne. A questa particolare sensibilità letteraria spesso incentrata sulle complesse dinamiche delle relazioni, il discorso sull’identità, il precariato tanto del lavoro quanto dei sentimenti, il desiderio e la sessualità femminile, appartiene anche Naoise Dolan, che ha esordito nel 2020 con Tempi eccitanti, in Italia pubblicato da Atlantide nella traduzione di Claudia Durastanti. E che torna con un nuovo romanzo, stessa casa editrice e traduttrice, stavolta ambientato tra Londra e Dublino.
La coppia felice è un romanzo generazionale, perfettamente centrato nel raccontare i Millennials, le relazioni, le dinamiche di genere e una certa tendenza all’eteronormatività. Non un romanzo imperfetto, ma sicuramente apprezzabile. Parto come al solito da qui, da ciò che a mio avviso è meno riuscito: concepito come romanzo corale in cui a capitoli di varia lunghezza si alterna il punto di vista dei personaggi, protagonisti o meno della storia, non sempre riesce però a caratterizzare in modo netto la voce o il punto di vista scelto; una costruzione interessante che dove si fa più riuscita (nell’uso in un capitolo della prima persona, nello sguardo peculiare di alcuni personaggi sulla storia) contribuisce in modo notevole alla generale qualità del romanzo, altrove se ne avverte una certa inesperienza. Sorvolati alcuni cliché (la scena finale con il cigno, per dirne uno su tutti) sono certi dialoghi un po’ artificiosi a penalizzare questa seconda prova di Dolan, in buona misura sempre la parte più complessa da rendere di ogni narrazione, anche per l’autore più esperto. Eppure, nonostante le debolezze, è un romanzo notevole, in cui la voce di Durastanti si fonde in modo ideale a quella dell’autrice e attraverso Luke e Celine, quasi trentenni che stanno per sposarsi, leggiamo moltissimo della società in cui viviamo.
Proprio l’assoluta contemporaneità de La coppia felice è, a mio parere, la forza del romanzo, tanto da un punto di vista tematico che strutturale. In capitoli di lunghezza variabile quindi, si alternano il punto di vista di Luke, Celine e delle persone che gravitano intorno alla loro orbita, a partire dai rispettivi ex Archie e Maria, ma anche la sorella minore di lei, Phoebe, gli amici, alcuni parenti; una narrazione intervallata da chat, messaggi, liste, il ritmo via via più teso e l’arco temporale condensato a una manciata di mesi, poi giorni, infine ore e attimi. Ma è un romanzo molto contemporaneo a partire soprattutto dall’indagine dei rapporti e dalla naturalezza delle dinamiche di genere: quasi tutti i personaggi sono queer e Dolan efficacemente sceglie di non farne un manifesto politico, ma un dettaglio della narrazione come potrebbe essere il colore dei capelli, il veganesimo o il profumo preferito. È la società odierna, e l’identità sessuale non dovrebbe essere più nemmeno argomento di discussione.
Ma, appunto, il romanzo di Dolan è saldamente ancorato alla contemporaneità e quindi, seppur in modo sottile per non distogliere l’attenzione dal fulcro della narrazione, non mancano riflessioni sull’eteronormatività di cui ancora la realtà è intrisa. Come in questo passaggio, fugace eppure potentissimo:
La mattina dopo la sua festa di fidanzamento, in macchina con lo zio, per un attimo Celine McGaw si chiede perché stia per sposare un uomo, ma non arriva a metterlo in dubbio. Non è una stupida. L’avevano istruita fin troppo bene. (p. 68)
E infatti Celine sceglie di sposare Luke. O, almeno, questi sono i loro piani all’inizio del romanzo, all’indomani della proposta: perché dopotutto, ci ricorda uno dei personaggi, è questa la società in cui viviamo, come dimostra anche il numero di romanzi in cui una donna sposa un uomo e non un'altra donna. Ma il matrimonio è ancora lo step finale per la felicità di una coppia e la realizzazione personale? È la domanda che si rincorre lungo tutta la storia e della quale Dolan sceglie, saggiamente, di non fornire una risposta univoca ma semplicemente di mostrare gli effetti sui suoi personaggi, tormentati dalle proprie insicurezze e fragilità, la mancanza di parole, le cose che decidono consapevolmente di ignorare. Luke e Celine sono una coppia di quasi trentenni come ce ne sono molte altre: una frequentazione nata senza particolari pretese e non esclusiva, la scelta più o meno condivisa di trasformarla in qualcosa di serio; insieme da tre anni, una casa, una gatta. Sposarsi, quindi, pare la scelta più logica. Ma è davvero una coppia felice? E, ancora, che cos’è in fondo una coppia felice?
Alla festa di fidanzamento iniziano a formarsi evidenti le crepe sulla facciata e tutto quello che fino a quel punto si è scelto di ignorare, di tacere, pare sul punto di implodere. Dopotutto se si decide di invitare al matrimonio i rispettivi ex, di cui uno passato al ruolo di migliore amico, difficile aspettarsi che le cose possano andare lisce. C’erano molti modi in cui Dolan poteva scegliere di raccontare questa storia di infedeltà e segreti, dell’incapacità di esprimere i sentimenti e di comprendersi, perfino con sé stessi. Sceglie di farlo con una naturalezza sorprendente, la narrazione quasi del tutto priva di artifici – fatta eccezione, come si diceva, per qualche dialogo non proprio riuscito – quasi sempre scansando il rischio di stereotipizzazione dei personaggi. E, ancora, scandagliare una relazione concentrando lo sguardo su un punto di vista particolare, un centro nevralgico da cui inevitabilmente si irradia tutto il resto e si intreccia anche alle esperienze e alla sensibilità del lettore. A partire da quello che scegliamo di non vedere, di ignorare:
«No, non lo vorrei sapere» […] «Non c’è sempre bisogno della storia completa» (p. 220)
Non se la «storia completa» mette in pericolo l’ordine costituito, la vita che abbiamo scelto. E quindi Celine ignora la sparizione di Luke durante la festa di fidanzamento, come sceglie di ignorare che sia proprio lui che intravede la mattina dopo in aeroporto quando invece le aveva detto di essere altrove. Similmente a ciò che fa Luke, decidendo di soffocare le proprie paure, tenendo a debita distanza le persone ed evitando di scegliere davvero, come lo accusa apertamente Archie. Ecco, Archie, il migliore amico, innamorato di Luke anche se sono passati dieci anni dalla loro relazione. Delle distanze tra le persone che amiamo, dell’incapacità di comunicare e comprendersi è intriso tutto il romanzo: ognuna di queste coppie vive o ha vissuto la distanza che si genera per l’incapacità di comprendersi, le parole a voce alta che sono ben diverse da ciò che pensiamo.
Se lui riusciva a credere a quello, se aveva l’immaginazione necessaria per vedere Celine per com’era fatta, allora era già tanto. Lei non voleva niente; quasi niente; voleva solo essere conosciuta. (p. 50)
Essere visti per quello che si è davvero, essere conosciuti. È ciò che vorrebbe Celine da Luke, è ciò che vogliono tutti.
Ma quel certo grado di incomunicabilità e di comprensione è un enigma che affascina da sempre la letteratura e l’epifania arriva proprio qui, con Celine:
Tutti abbiamo sentito di avere qualcosa di incontenibile e impossibile da capire per gli altri. Ecco perché servono le persone, al plurale: in modo che, messe insieme, capiscano tutto di te. (p. 50)
Un punto di vista forse non molto rassicurante ma dopotutto non è il compito della letteratura scardinare un po' delle nostre convinzioni e metterci scomodi?
Celine e Luke, al pari degli altri, sono personaggi con cui non entriamo in piena empatia, li amiamo e detestiamo spesso in egual misura, ma sono fatti di carne e sangue e di sentimenti complessi; non è nemmeno necessario riconoscerci in loro, quasi mai a mio avviso lo è, il libro parla lo stesso di noi, uomini e donne della crisi, di un’educazione sentimentale fallevole quando non del tutto mancante. Da quel centro nevralgico, dicevamo, si irradiano poi altri spunti e suggestioni, tra cui il già accennato discorso sull’eteronormatività, cui tendiamo a non fare caso ma che permea la società.
Una riflessione che si lega anche al patriarcato e che pone le ambizioni di Luke e Celine su due piani diversi: entrambi giovani professionisti del proprio settore, manager di un'azienda tech lui, pianista dall’orecchio assoluto lei, vivono immersi in un mondo che giudica negativamente la dedizione di una donna al proprio lavoro. Non importa il talento, non importa la passione: se sei una donna – e ovviamente devi essere eterosessuale perché il resto sono solo sperimentazioni di gioventù – alla fine ciò che davvero ti deve interessare è sposarti, non mettere in ombra il tuo compagno, sostenerlo e non aspettarti che lui faccia lo stesso con te. Forse sto un po’ estremizzando, ma non è poi tanto distante da certe dinamiche della realtà ed esperienze che se non direttamente abbiamo comunque sentito dai racconti di donne vicine a noi. Celine è una pianista talentuosa, ma un po’ come la protagonista di Lezioni di chimica – di cui tra l’altro è appena stata tratta una bella serie tv con Brie Larson che ne è anche la produttrice – la sua passione e la cura che ne consegue sono viste come eccentricità e in modo più o meno velato il talento femminile viene minimizzato. Dolan osserva questo fenomeno e, ancora una volta, ce lo riporta senza forzature ma immettendolo in un quotidiano tutto considerato normale, accettabile. Proprio per questo ancora più potente a mio parere e, quindi, in un certo senso disturbante. La spiegazione stessa che Luke fornisce di che cosa sia il talento, in riferimento a Celine, conferma questa sensazione:
Ecco cosa intendo per avere talento. Tutti vogliono un applauso, ma non tutti vogliono sobbarcarsi il processo dall’inizio alla fine. Per me il talento è qualcosa che hai dentro e che non dipende da te. E tu non puoi decidere se amare il pianoforte oppure no. Quindi per talento intendo… beh, l’amore. (Luke, p. 36)
Disturbante, appunto, l’accostamento di talento e amore, come se una donna dovesse sempre essere ricondotta alla sfera della cura, degli affetti, della casa in qualche modo. Celine, che invece durante un weekend romantico a Parigi non può fare a meno di esercitarsi al pianoforte, finendo per innervosire Luke che come uomo si aspettava di essere il centro dell’universo su cui la donna riversa tutte le sue attenzioni. Ho trovato quella scena di una bellezza unica, come la scena che in qualche modo ne chiude il cerchio, quasi alla fine del libro.
Questi elementi-temi periferici si irradiano dal centro ma non sono meno importanti. Il centro, appunto, è composto dalle dinamiche di una relazione tra due individui e un certo grado di incomunicabilità che tra loro intercorre, i sentimenti complicati dalle personali insicurezze e fragilità, dal passato, dai segreti, dalla distanza tra ciò che sogniamo e ciò che è il quotidiano. L'infelicità che nasce anche dalla distanza tra l’idea che abbiamo di una relazione e quello che invece è nella realtà, quasi sempre diverso dal suo ideale. E ben rappresentata dalla tensione tra Archie e Luke, le infinite possibilità che rappresenta una storia inespressa, non vissuta nel quotidiano.
Infine, sono soprattutto le cose che non diciamo a noi stessi, Celine e Luke per primi, a complicare tutto il resto, la manipolazione della realtà che viviamo per meglio adattarla all’ideale di illusoria perfezione che decidiamo di mostrare.
Il romanzo di Dolan sarà quindi pure imperfetto a tratti, ma è anche una rappresentazione molto efficace delle relazioni e di certe dinamiche e storture di cui è intrisa la società contemporanea. Nella quale l’happy ending forse sarà diverso da quello convenzionale che ci si potrebbe aspettare.
Chiudo con un’ultima nota: ho detto più volte in questo pezzo quanto La coppia felice sia un romanzo contemporaneo per come rappresenta la realtà dei Millennials, ma lo fa, fortunatamente, mediante un linguaggio tutt’altro che scialbo, come invece scelgono di fare troppe narrazioni attuali di questo tipo in un appiattimento intellettuale che pare una deriva difficile da arrestare. E forse sì, talvolta i dialoghi risultano artificiosi, ma quello che abbiamo tra le mani è un romanzo dalla struttura narrativa pensata, che fa uso puntuale delle parole rese dall’ottima traduzione di Durastanti – perfetta per storie di questa natura. Non un linguaggio aulico, ma nemmeno una scrittura da post sui social che, ahimè, imperversa tra gli scaffali delle librerie.
La letteratura irlandese contemporanea è donna, quindi, proseguimento ideale di una lunga, ricca tradizione.
Debora Lambruschini