Una vedova ricchissima trova nel sesso con sconosciuti la chiave per ritrovare il marito: "Amor costante", il nuovo romanzo di Manuel Vilas


 

Amor costante
di Manuel Vilas
Guanda, settembre 2023

Traduzione di Bruno Arpaia

pp. 336
€ 19 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)

Per Marce, perché l'aveva visto nel corpo di un altro. Era magia, La magia esiste. L'amore può tutto. Amor costante, al di là della morte era il sonetto più celebre della lingua spagnola (p. 39)
Manuel Vilas, autore spagnolo di cui Guanda ha già pubblicato molti romanzi, torna in libreria con un testo che riprende alcune tematiche care: i sentimenti passionali, l'hotel hopping - il saltare tra un albergo e l'altro, senza programmi, senza un itinerario preciso, un po' come si fa nel caso dell'island hopping tra le isole greche (tematica cardine del suo romanzo La gioia, all'improvviso) -, lo sfasamento tra ciò che una persona sente e ciò che dimostra, nonché la costruzione di una storia d'amore che sembra indistruttibile.
La protagonista stavolta è Irene, una donna di cinquant'anni vedova: il marito, Marcelo, per metà italiano e per metà spagnolo, muore per un cancro al colon, e lei si ritrova sola, ricchissima e colma di una lussuria che non sa come incanalare. O forse sì.
Il dubbio dura pochissimo: una prima gita a Malaga le spalanca le porte della comprensione. 
Aveva goduto e nel godimento aveva visto suo marito riemergere dai morti. (p. 34)
Irene va a letto con Julio, un bell'uomo poco più giovane, che si innamora subito di lei e di quella sua aura quasi divina. Julio le parla del suo lavoro, che consiste nell'esplorare il Mar Mediterraneo e scovare luoghi che possano essere piccoli paradisi per i turisti. Irene rimane affascinata, così decide di seguire quelle orme e parte a bordo di un bolide per cercare il suo personale paradiso affacciato sul mare.
Il Mediterraneo sarà il filo conduttore di tutta la narrazione: Irene non se ne separerà mai.
Da Malaga comincerà il suo viaggio lungo la costa della Spagna, fino alla Francia e all'Italia e in ogni hotel in cui si fermerà ad alloggiare andrà a letto con qualcuno, uomini o donne non fa differenza; ciò che importa a Irene è rivedere suo marito. Sì, perché nell'orgasmo Irene squarcia la membrana che separa i vivi dai morti e riesce e rivedere Marcelo.
Lui sembra compiaciuto, in vita è stato un uomo estremamente passionale, la loro coppia scatenava le invidie di tutti: vent'anni sposati e mai un cedimento, mai una lite, solo sesso sfrenato e affetto profondo.
La narrazione infatti procede a saltelli tra passato e presente, alternando il racconto del viaggio di Irene alla precedente vita matrimoniale con Marcelo, con una manciata di leitmotiv che tornano in continuazione: l'importanza del denaro, l'importanza del tempo - Irene è ossessionata dagli orologi - l'importante del mare e del vento e della memoria.
E come fare in modo che parli, che le dica dov'è, se sta bene, cosa sta facendo, e cosa deve fare lei, che le dica come sopravvivere, cosa fare con quell'immensa solitudine, quella disperazione in cui vive. E soprattutto: che la tocchi, che la guardi, che la baci lui e non altri, che le mangi lui la carne, e che lei possa mangiare il suo corpo, che torni il matrimonio perfetto [...]. (p. 229)
Sul finale il castello di carta di Irene crolla, con un colpo di scena inaspettato.

Per quanto riguarda la scrittura, posso dire che è funzionale al carattere della protagonista (se questo sia stato intenzionale o se sia proprio lo stile dell'autore, lo ignoro): presenta moltissime ripetizioni, a volte troppe, domande retoriche, elucubrazioni mentali serrate, una spiccata vena melensa che io, personalmente, non apprezzo molto per questione di gusti. Potrebbe però piacere a chi ama le storie d'amore infallibili, indistruttibili, talmente perfette da essere credibili solo nei libri.
Studiando un poco il lavoro dell'autore, ho capito che è una sua peculiarità, sia in termini di stile che di tematiche, dunque se vi sono piaciuti i suoi precedenti romanzi, penso a I baci o Amor o In tutto c'è stata bellezza, vi piacerà anche questo.
Per chi non l'ha mai letto e si domanda come capire se faccia o meno al caso suo, posso suggerire che lo stile di Vilas assomiglia un po' al nostro Franco Arminio o, nella sua accezione solamente romantico-sognante, a Nicholas Sparks. Vilas però, almeno in questo romanzo, ci aggiunge una nota onirica e anche, sorpresa, del sadomasochismo.

Deborah D'Addetta