A questo serve il corpo - Viaggio nell'arte attraverso i corpi delle donne
di Roberta Scorranese
Bompiani, settembre 2023
pp. 192
€ 19 (cartaceo)
€ 11,99 (ebook)
Mi sono divertita molto a leggere questo saggio di Roberta Scorranese per Bompiani Overlook, mi sono divertita e ho imparato molto. Sono sempre stata appassionata d'arte fin da bambina, e la fascinazione maggiore che scaturisce dall'ammirare un dipinto è, per me, la riflessione che ne segue. Molto spesso mi sono soffermata a lungo davanti a questo o quel quadro, ho provato a darne una mia interpretazione, senza mai studiarli troppo prima, senza prepararmi in anticipo proprio per concedermi il lusso della sorpresa. O, chissà, di una improvvisa sindrome di Stendhal.
In apertura ho detto "un saggio", ma forse è scorretto metterla in questi termini: il testo è certamente una disquisizione sul modo in cui il corpo della donna è stato rappresentato, guardato, visto e trasposto su tela, o in una scultura, ma è anche - alternando capitoli dedicati ognuno a una specifica opera d'arte a brevi racconti di fiction - una raccolta di storie di fantasia che, ugualmente, mettono al centro della narrazione il corpo femminile.
L'intento dell'autrice è, come dice lei stessa nella prefazione, rendere omaggio al miracolo di ossa, sensibilità e pelle che è il corpo in generale, e qui nello specifico quello che sostiene la donna.
Dunque i capitoli d'analisi: ci aiuta a seguire le parole un inserto centrale in cui sono raggruppate tutte le riproduzione delle opere citate, e ne troviamo davvero della natura più diversa. Picasso, Chagall, Frida Kahlo, Guido Reni, Caravaggio, Velázquez, Modigliani, Renoir e i loro capolavori si aprono a noi per raccontarci come la donna e la sua espressione fisica nello spazio sia stata catturata e tradotta in arte.
Anche le tematiche sono le più disparate: ad esempio, La Maddalena penitente di Caravaggio viene presa a modello per una donna stanca, in procinto di addormentarsi, associando la sua arrendevolezza all'ignorare volontariamente lo sguardo altrui (un nodo, questo, centrale in tutto il testo, quello di guardare/essere guardati).
Donna che piange di Picasso si muove all'opposto: Dora Maar, musa e "schiava" del genio spagnolo riassume tutte le donne che sono state relegate nella funzione di modelle, semplici corpi a servizio di. Il corpo felice (capitolo bellissimo) de La Baigneuse blonde di Renoir esorcizza le solite narrazioni sui conflitti del corpo, domandandosi: "esistono corpi felici?", e con questo non chiedendosi se esistano corpi perfetti, ma scelti, portati con orgoglio, in pace.
E ancora, la perfezione della schiena bianca della Venere Rokeby di Diego Velázquez, brutalmente colpita proprio alla schiena da una suffragetta nel 1914, sinonimo della bellezza divina che si guarda allo specchio (altro leitmotiv del saggio, il guardarsi allo specchio per escludere gli altri e anche per accentuare una vanità, spesso, attribuita e non sentita).
Oppure Rousse (La Toilette) di Toulouse-Lautrec, uno dei miei dipinti preferiti di sempre, che entra in un postribolo, nella stanza di una donna di piacere che noi guardiamo di spalle, senza la possibilità di capire chi sia, cosa faccia, che viso abbia, e dunque una negazione, una sospensione nel giudizio.
Il discorso prosegue quasi naturalmente nei racconti di fiction che hanno per titolo i nomi delle loro protagoniste, racconti che potrebbero quasi essere assaggi di veri e propri romanzi: madri, donne giovani, donne anziane, belle, brutte, magre, grasse, sposate, single, che affrontano la vita attraverso il peso e il non-peso del proprio corpo. Anche qui, le tematiche sono molte: obesità, anoressia, maternità, lutto, passione, immobilità, sesso, stupro, omosessualità.
Una sorta di prestito reciproco tra arte e scrittura, che sembra sempre così naturale agli occhi di chi ama l'una e l'altra.
Il titolo ci domanda a cosa serve il corpo: l'autrice risponde attraverso gli artisti, ma soprattutto le donne che li hanno ispirati, preceduti, soggiogati, attraverso le loro muse, madri, mogli, amanti, semplici sconosciute. Il corpo come portatore di simboli, correnti artistiche, strappi e intere costellazioni di pensieri, che non è mai solamente un ammasso di carne, muscoli e sangue, ma spazio denso spesso odiato, più raramente amato o accettato.
A me è piaciuto molto questo saggio, soprattutto il modo in cui è scritto: una prosa lucida, colta, elegantissima. I racconti stessi sono pillole che si ingoiano in un attimo e se ne vorrebbe di più, tant'è che alcuni dei miei preferiti (Adelina, Cordelia, Monique) mi hanno fatto desiderare più pagine. Mi sono spesso chiesta leggendo: perché l'autrice non ne ha fatto un romanzo lunghissimo?
Ne consiglio la lettura a tutti gli appassionati di arte, ma anche a chi cerca un modo per decodificare come lo sguardo - quasi sempre maschile - abbia rappresentato la donna e il suo corpo nella propria corrente artistica. Un viaggio davvero interessantissimo, da cui si impara molto.
Deborah D'Addetta