di Marin Montagut
fotografie di Pierre Musellec
illustrazioni di Marin Montagut
testi di Laura Fronty
traduzione di Annalisa Comes
L’ippocampo, 2023
€ 29,90 (cartaceo)
Se avete la ventura di conoscerne qualcuno, avrete già appurato che esistono collezionisti patologici – e poco importa che si tratti di tappi di penne in purissima plastica o di stilografiche Montblanc da svariati zeri – che somigliano alla quintessenza dei sette peccati capitali all inclusive. Con un’espressione da perpetua borsa nera tatuata sul viso, si aggirano per aste pubbliche o private, mostre di “brillanti promesse, soliti stronzi o venerati maestri” (cit.), mercatini delle pulci e, ovviamente, magioni dei propri consimili, ben equipaggiati dei denari d’occorrenza (sempre q.b.) e dei sette viziacci (sempre ad libitum): avari (trattano sempre al ribasso dando a credere il rialzo), golosi (la loro fame di ulteriori cose è insaziabile), accidiosi (hanno “stanze delle meraviglie” così in disordine da somigliare ai depositi dei più occulti ricettatori), invidiosi (bramano l’altrui possesso in quanto altrui), iracondi (guai se la trattativa fallisce), superbi (come la loro Wunderkammer, nessuna mai), finanche lussuriosi (perché quello con il bendiddio ammonticchiato è un rapporto edonistico anzichenò). È dunque una vita infernale quella che si consuma in certi popolatissimi e vertiginosi gironi: una vita brulicante e caotica piena di chiasso e furore, accorta speculazione e subdola sprezzatura, i cui viveurs, come i cinici di Oscar Wilde, finiscono spesso con il conoscere il prezzo di ogni cosa e il valore di nessuna.
Niente di tutto questo sembra riguardare – o ce ne illudiamo ben volentieri sospendendo l’incredulità come a teatro e cominciando ad ammosciare di rimando le nostre erre – le Collezioni straordinarie al centro dell’ultimo libro di Marin Montagut, da poco pubblicato nella sua versione italiana dalla casa editrice L’ippocampo. Dopo averci portato Sotto i tetti di Parigi (2018) con Ines de la Fressange e avere condiviso con noi i suoi Ricordi della Ville Lumière raccontandocene Botteghe e atelier di una volta (2021), ecco che l’illustratore e designer, ideatore e creatore di oggetti decorativi, proprietario e gestore di una boutique al 48 di rue Madame vicino al Jardin du Luxembourg e animatore della trasmissione “Maps” ci conduce in un nuovo pellegrinaggio destinato a suscitare tutta la nostra più laica adorazione. Stavolta si va per “collezioni”, ovvero laddove chi più ne ha trovato/ereditato più ne ha custodito/accumulato. Patito com’è di architettura e cultura materiale, questo parigino dedans (sebbene nativo di Tolosa) si conferma ancora una volta la guida e l’intermediario migliore: gli basta bussare ai portoni giusti ed ecco spalancarsi davanti ai suoi e ai nostri occhi alcuni tra i cabinets de curiosités più bizzarri, sentimentali, forniti, poetici, stravaganti, pretestuosi e consultati di Francia. Straordinari, per l’appunto e come da titolo, di quella straordinarietà che deriva dall’età, dalla quantità, dalla varietà e dalla specificità dei beni così ben conservati.
Come già nel volume precedente, l’autore apre nuovamente le danze eleggendosi “primo tra cotanto senno collezionistico”, e dopo aver ricordato l’origine della sua passione e vocazione per “gli oggetti decorativi di ogni genere” – quelli del suo privato e quelli che crea e vende nella sua attività commerciale – prende sottobraccio il lettore per farlo volteggiare senza tregua tra boiseries e mobili da bottega, vimini e ceramiche provenzali, arte popolare e curiosità, calchi in gesso e sculture, cappelli, spazzole e colori, sedie, mobili e manufatti vari, libri, dipinti e oggetti d’arte, souvenirs d’altri tempi e carabattole assortite, manichini e altre simili amenità. E se da una parte è forte l’impressione che Montagut stia semplicemente riprendendo il discorso laddove lo aveva interrotto, e che dunque questo secondo ballo consista in una mera variazione dei passi già eseguiti una prima volta, dall’altra è impossibile che il “cuore rigattiere” dei lettori più sensibili al fascino dell’usato e del vissuto, nonché dei più predisposti a credere animato ciò che è inanimato, non batta di meraviglia al giro di ogni pagina: perché per quanto ben scritte – ovvero ispirate, ammirate, invitanti – le introduzioni alle varie collezioni non potrebbero mai raggiungere la carica evocativa e suggestiva di cui godono in virtù delle fotografie scattate nei singoli ambienti, in cui anche il più microscopico dettaglio sembra fregiarsi della più grandiosa delle biografie. Forte del senso di calma indotto dalla ripetizione dell’uguale e del simile – un meccanismo di risposta all’horror vacui che è dei matti e degli ossessi, e i collezionisti puri sono campioni di follia e di coazione a ripetere – la colonna visiva di questo volume è il paradiso di ogni intelligenza fantasiosa, capace di incantarsi e intuire storie incredibili di fronte a dozzine e dozzine di cagnolini in ceramica, tavolozze da pittore incrostate di pigmento secco, belle e brutte statuine, quadretti e cornici, icone, ex voto e barattoli da farmacia.
Come per effetto di un riuscito gioco di specchi, Collezioni straordinarie è un lavoro che finisce col rappresentare a propria volta, e a perfezione, il suo stesso argomento: terzo di una serie di successo – con cui condivide anche la copertina apribile e trasformabile in un manifesto moodboard decorato con illustrazioni dell’autore – racconta di un culto che può ben riguardare anche i libri, come ogni bibliofilo sa bene, ed è fin troppo ovvio che chiunque abbia letto e apprezzato Sotto i tetti di Parigi o Botteghe e atelier di una volta non vorrà lasciare vuoto proprio quel posto sulla mensola. Certo, ora come ora non si tratterà di una collezione particolarmente originale dato che tutti i volumi sono reperibili nella grande distribuzione e non c’è affatto bisogno di ricorrere al mercato antiquario. Ma poco importa: la storia, sempre quella del collezionismo, dimostra che a distanza di tempo anche gli oggetti e i manufatti seriali possono diventare ambiti e preziosi come le produzioni e le tirature limitate. A Marin Montagut (per i libri come per gli oggetti) va l’augurio di questo fanatismo profano, ma soprattutto il ringraziamento per averci ricordato che un esemplare solo può giungerci dal caso, un secondo a esso affine è ormai una nostra scelta e un terzo arrivo non è già più un incomodo: e voi, di che collezionismo siete?
Cecilia Mariani