Di piante, amicizia, amore e "bischerate": "La compagnia del gelso", di Franco Faggiani

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La compagnia del gelso
di Franco Faggiani
Aboca, 2023

pp. 148
€ 15,00 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)


Nevio Campolongo, classe 1921, "anno di nascita del Partito comunista italiano e del Partito nazionale fascista, dipende da che parte la si vuole guardare" (p. 8), è un vecchietto terribile, di quelli che non stanno fermi manco se li leghi. Passa le giornate, nella sua campagna marchigiana, alla guida di una vecchissima Panda e di un manipolo di altri vecchietti, terribili quanto lui, che si ritrovano, all'ombra dei gelsi, per condividere un po' di riposo, qualche piccolo lavoretto, un buon goccio di vino e soprattutto tante chiacchiere.

È questa la compagnia del gelso che dà il titolo al libro ed è la banda di arzilli nonnetti nella quale si ritrova coinvolto il protagonista del romanzo, tutt'altro che anziano, "lu fricu", il giovanotto come lo chiamano i nuovi amici. Pier Maria Croz, 38 anni, docente alla facoltà di Scienze forestali, da poco trasferitosi nelle Marche da Milano, è il protagonista, e io narrante, de La compagnia del gelso, l'ultimo romanzo del giornalista e scrittore Franco Faggiani. Che, negli ultimi anni, a dire il vero, ha sfoderato un vero e proprio talento per la narrazione (all'attivo una serie di titoli di successo, già recensiti in queste pagine), da accanito "cercatore di storie".
L'incontro, o per meglio dire lo scontro, tra Nevio e Pier Maria è di quelli che non si dimenticano: una sera, cercando di posteggiare la mitica Panda color pistacchio, l'arzillo vecchietto è andato in confusione e ha centrato il professore che, in bicicletta, stava varcando, a sua volta, il cancello di casa propria, identico a quello di Nevio (anche perché il prof è in affitto proprio in una villetta di proprietà del vecchietto). 
Parte da questo incidente la narrazione di Faggiani che, in una sorta di divertissement letterario (alla lettura si nota quanto l'autore si stia divertendo nel proporre contrattempi e "bischerate" della compagnia in là con gli anni, ma ancora tanto attaccata alla vita), ci conduce alla scoperta di interessanti conoscenze botaniche e arboree. Una narrazione che rispecchia apertamente lo scopo dell'attività editoriale di Aboca, healthcare company che si occupa di salute, benessere e bellezza attraverso la produzione e la commercializzazione di prodotti naturali. Seguendo l'asset principale, Aboca ha dato vita a una collana di libri, Il bosco degli scrittori (chi ha visitato l'ultimo Salone del Libro di Torino ricorderà la ricostruzione di un vero boschetto in Fiera nel quale avvenivano le presentazioni), che ha per protagonisti secondari piante e alberi. In questo romanzo, ça va sans dire, questo ruolo spetta al gelso. Attraverso le vicende del professor Croz, della sua strampalata compagnia di vecchietti e della fascinosa figlia di Nevio, Fosca, tutti personaggi "ruspanti", verosimili e solidi, Faggiani ricostruisce la vita botanica del gelso e l'importanza dell'allevamento dei bachi da seta, il cui nutrimento era costituito esclusivamente dalle tenere foglie dei gelsi, nell'Italia del Novecento. Attraverso, da un lato, la competenza prescientifica di Nevio, derivata dall'aver passato un'intera vita a coltivare gelsi, e dall'altro grazie al rigore invece prettamente scientifico fornito da un testo avidamente consultato dal professore, il lettore apprende moltissimo della vita del gelso, "lu porcu", come lo definisce Nevio.
Il maiale. Il gelso spesso mi viene da chiamarlo così perché anche di lui non si butta mai niente. Nemmeno di quello che non si vede, come le radici. Tanto pe' dì: con lo sciroppo delle more te rifai la vocca, perché ci fai li gargarismi, che so' una mano santa per le gengive, i denti e la gola. Co' le radici secche e poi tritate se fa la purga. Così te sistemi l'entrata e l'uscita de lo magnà". Fissò severo le nostre facce in attesa che ridessimo per il finale della sua spiegazione. (p. 16)
Il racconto decolla allorché la Panda di Nevio, in seguito all'incidente, ha bisogno di essere riparata. Una parola... i pezzi di ricambio non si trovano più, se non da qualche sfasciacarrozze che possiede vecchi Pandini in attesa di essere distrutti. Chi meglio del prof, con la sua jeep, può scorrazzare la compagnia dei vecchietti in lungo e in largo per tutte le Marche alla ricerca del nuovo motore? Questo peregrinare, condito sapidamente dalle battute degli amici avanti con gli anni e da qualche avventura da raccontare, porta il lettore a guardare con occhio nuovo e curiosità intensa alla natura e agli spettacoli che ci regala.
All'interno di un romanzo breve, leggero e divertente, si intrecciano comunque tematiche profonde, il rapporto genitori anziani/figli, l'amore (ebbene sì, l'aitante trentottenne si innamorerà), l'amicizia, la spontaneità, la gioiosa allegrezza che rende la vita meno pesante. Rappresentando un mondo rurale dove il tempo è scandito dalla natura, l'autore ci tiene a far risaltare la naturalità vitale che si riflette anche nei rapporti umani improntati alla genuinità, alla semplicità di una stretta di mano e all'empatia.
Nonostante sia un libro, per così dire, "a tema", scritto allo scopo di raccontare una storia a partire da un albero, tutti i temi cari a Faggiani s'impongono con plastica naturalezza e l'ambientazione montana, o collinare, che lo scrittore ben conosce, grazie ai suoi cammini chilometrici, rende il romanzo un viaggio da percorrere.
Reso ancor più vivido da qualche toccata e fuga nel dialetto marchigiano, familiare a Faggiani per via dell'origine dei nonni materni, lo stile del romanzo è ironico, divertito e divertente e trae linfa vitale dai dialoghi reali e coloriti che, in una sorta di contrappunto ritmico, scandiscono l'andatura del romanzo, che a tratti si fa nostalgico e, in un certo senso, elegiaco con quel tono di rimpianto di chi ha conosciuto nell'infanzia un certo mondo e desidera riportarlo in vita attraverso la scrittura.

Sabrina Miglio