di James Farl Powers
Fazi, 2023
Traduzione di Fabio Pedone
€ 20,00 (cartaceo)
€ 9,99 (e-book)
«Ma in tutta franchezza, signor Cosgrove, penso che stiamo esagerando sul piano della povertà» (p. 15),
dice senza infingimenti padre d'Urban, al secolo Harvey Roche. Questa convinzione lo spinge a cercare donazioni per la Chiesa in campi di golf e cocktail esclusivi e suscita l'ira del suo superiore, che lo trasferisce in una parrocchia decisamente glamour, in campagna. Ma anche in quella parrocchia decrepita del Minnesota, la retorica vincente di padre d'Urban avrà la meglio e seguono avventure tragicomiche di un personaggio che è una maschera della commercializzazione non solo del cattolicesimo, ma dell'America e dell'Occidente, in un nichilismo di valori, accettato con allegra rassegnazione.
Tuttavia, la vendetta divina arriva in modo inaspettato e comico: dapprima è una pallina da golf che lo colpisce in testa:
Vide monsignor Renton spuntare fuori dal circolo e gli fece un cenno di saluto, tenendo d'occhio soltanto quello spicchio di cielo da cui si aspettava di ver apparire la pallina di padre Feld, perciò non riuscì ad accorgersi di quella che arrivava da destra e che lo prese in testa. (p. 289).
Portato all'ospedale privo di sensi, ricevette perfino l'estrema unzione dal cappellano, ma la sua avventura terrena era ancora destinata a una mirabolante peripezia, ossia il tentativo di seduzione subito dalla giovane Sally, che non prende affatto bene il rifiuto di padre Urban e lo colpisce con un tacco 12. Al termine di questa ennesima disavventura, che gli fa anche perdere il collarino, il nostro, con emicranie e molto ammaccato, non rinuncia a dire la propria per allestire uno stand competitivo alla Fiera delle Vocazioni.
“Irriverente, dissacrante, raffinato”, recita la quarta di copertina nelle illustri recensioni di Donna Tartt, Anthony Burgess e Flannery O'Connor. La scrittura di Powers è ineccepibilmente elegante - e gli valse per questo libro nel 1962 il National Book Award, dove sbaragliò perfino Nabokov - tuttavia questa riflessione un po' picaresca un po' esistenziale forse ha qualcosa di datato nella trama della sua critica o, a mio personalissimo gusto, risente nella rappresentazione di quella stessa superficialità che va a denunciare.
Deborah Donato