Quanto mi piacciono le pareti della prigione, vecchia pelle conciata dalla sporcizia e dalla sofferenza, con quell’odore di cresolo che aleggia dappertutto, anche nelle cucine, per disinfettare il tempo che marcisce. […] e io che ero il padrone di 30 fornelli, 20 acquai,, 12 frigoriferi per la carne, 18 sguatteri, 1600 ventri, io che ero il riso malizioso delle stive della grande nave immobile, il mio regno se ne va in fumo, a ventuno mesi dalla pensione, a causa di una chiacchierata in tivù! (p. 190)
[…] dalla finestra della camera da letto oppure dal solaio, da cui si accede al tetto, la vista è assicurata sul lato sud della fortezza che è ancora sotto il controllo dei rivoltosi. Ma non ho concesso nessun commento spontaneo. Hanno scattato le fotografie mentre due carcerati eseguivano una sorta di spogliarello spassoso, appollaiati su un monumentale comignolo di mattoni, poi sono andati via eccitati e contenti del loro bottino di immagini. Invece, quando all’inizio del pomeriggio i telecronisti sono venuti a bussare alla mia porta, chiedendomi di poter filmare dal solaio, sia di giorno che di notte, contando d’insediarvi una regia e un corrispondente in pianta stabile, ho preteso 150 sterline ogni ventiquattr’ore, e che si togliessero di torno fra le 23 e le 9 del mattino, perché non sopporto che degli sconosciuti se ne stiano al di sopra della mia testa mentre dormo. (p. 18)
Henri non è solo un capocuoco che sa sfruttare le occasioni per arricchirsi o mettersi in buona luce nella piccola cittadina in cui abita, ma è anche un dongiovanni incallito che colleziona donne piacenti (e compiacenti) anche se non più giovani: Louise, Elizabeth, Jane, Mary. Gli incontri sessuali sono talvolta davvero rocamboleschi, raccontati da lui in modo impeccabile, spassoso e a volte esilarante.
Ci stiamo avvicinando al cielo, mamma, oh Louise, Louise! Ci avviciniamo, talmente aggrovigliati, intrecciati, mescolati, amalgamanti, e io disciolto nell’intimo della tua carne, oh Louise! […] Ma ecco che nell’aria prorompe una musica da non far più sentire il battito del sangue nelle tempie, l’urto dei nostri denti né i nostri bisbigli eccitati, ed ecco che una luce bianca, accecante, invade il salotto e paralizza il nostro amplesso.«La Valchiria», si stupisce Louise sgranando gli occhioni verdi, la «la Valchiria!». (p.11)
Henri ha però anche un animo poetico e ancora infantile: è legatissimo a sua madre, di cui ricorda i detti, certe sue uscite, e Shakespeare, di cui è fine estimatore e collezionista delle diverse edizioni delle sue opere, anche quelle meno conosciute. Il libro di Lang denuncia il periodo di recessione economica dell’epoca thatcheriana, che la Poll Tax contribuì solo ad acuire: nella fiction dell’opera i disordini sociali raggiungono l’escalation con le azioni di polizia che tengono in realtà sotto assedio un intero quartiere, non soltanto l’edificio della prigione. Nei giardini dei liberi cittadini cadono pezzi di tegole, di mura, calcinacci, diventa difficile e pericoloso anche uscire di casa: gli appassionati di giardinaggio, tra cui Henri, trovano la situazione insostenibile. La possibilità offertagli dalle interviste televisive è troppo succosa per essere rifiutata dal nostro aitante sessantenne che, nutrendo il suo ego sconfinato, si fa scappare qualche parola di troppo sulla situazione delle carceri di Strangeways, con le conseguenze che il lettore scoprirà verso il finale.
Luc Lang stavolta ha scritto un romanzo che tocca diversi generi tra cui il drammatico, il pulp, il giallo sociale: c’è da evidenziare il fatto che, nonostante il suo carattere ibrido, l’autore sia riuscito a conferire all’opera un equilibrio narrativo e compositivo magistrale. Scene drammatiche e violente vengono alleggerite da risoluzioni comiche, anche se moralmente deplorevoli: le donne amate da Henri, in un modo o nell’altro spariscono o muoiono in circostanze misteriose. Così come sono misteriosi i casi di malessere gastrico accusati dai malcapitati marinai prima e poi dai prigionieri di Strangeways, tutti “nutriti” dal nostro narratore burlone, che non si è mai fatto incastrare e questi omicidi impuniti insieme a certe situazioni comico-violente e alla mania di tenere i capelli sempre in ordine, mi hanno ricordato tantissimo Patrick Bateman di American Psycho.
Marianna Inserra