Quando i diavoli si svegliano dèi
di Jón Kalman Stefánsson
Iperborea, 13 settembre 2023
Traduzione di Silvia Cosimini
pp. 250 (con testo originale a fronte)
€ 17,00 (cartaceo)
€9,99 (eBook)
Guardo fuori dalla finestravedo la sera tramutarsi in mattinovedo l’autore boreale tramutarsi in albaguardo fuorie spero di essere esauditoda chiattraversa attento la strada conil futuro sulle gracili spalle. (p. 31)
Ogni volta che Stefánsson torna a scrivere versi, ha una carica evocativa sempre nuova. L’autore ha scritto numerosi romanzi che hanno riscosso sempre successo in patria e all’estero, ma il suo primo grande amore è stata la poesia. Quando i diavoli si svegliano dèi è una riconferma del suo valore letterario, perché quando si legge una sua poesia ci si rende conto di quanto evocativa, profonda, emozionante possa essere anche la quotidianità, quella nuda e cruda, quella più prosaica e necessaria.
Lungi dal cercare il locus amoenus dei bei paesaggi che colmano l’anima di bellezza, l’ispirazione poetica sgorga da una anonima stanza di un appartamento al terzo piano a Reykjavík, da cui si può ammirare il cielo, i fiordi lontani, ma si è sommersi dai rumori della realtà condominiale: la tosse del vicino che «tossisce per mezz’ora, quaranta minuti, / si raschia la gola, ha tanta notte dentro» (p. 9), i rumori del camion della nettezza urbana, le voci provenienti dal televisore dell’appartamento vicino. Il mare che troviamo nella raccolta non rappresenta più l’infinito, la bellezza e la forza devastatrice della natura, ma agonizzanti distese di plastica e discariche a cielo aperto. La denuncia dei danni causati dall’inquinamento in questa raccolta non passa in sordina:
Gli esseri umani sono come i waterscaricano le cose che non vogliono ammettereche vogliono dimenticaree tutto insieme finisce nel marequella massa scura grande come la Via Latteae azzurra, con i pesci vivi,con i marinai annegatiil mare che è più ampio della storia dell’uomoche ora è afflitto da seri problemi digestivi -il medico dice che l’unica curaè un nuovo genere umano. (p. 125)
Nel libro tornano temi come l’amore, la sofferenza dopo l’abbandono, l’affetto e la dolce presenza degli animali domestici, soprattutto quella dei cani, compagni fedeli, che non giudicano, dei saggi che non parlano la lingua umana, pur dimostrando di comprenderla. La loro presenza scandisce con dolcezza e calore i riti della quotidianità del poeta: «perché lo sguardo di certi cani/ lenisce la solitudine, asciuga le lacrime/i cani asciugano il pianto […]» (p. 37)
I versi di Stefánsson sono freschi, immediati, immaginifici e caratterizzati dalla assenza quasi totale di punteggiatura: i titoli fanno parte integrante del testo stesso, tanto che le poesie spesso iniziano con congiunzioni e connettivi logici che legano il corpo del testo al titolo in maniera indissolubile. Nonostante la raffinatezza, si tratta di poesie accessibili a tutti, poiché sanno comunicare con grande impatto.
Trova spazio nelle poesie anche la musica, che scandisce le giornate del poeta e anche quelle dei suoi vicini. Si citano le band che hanno fatto la storia della musica pop e non solo: i Beatles, gli Abba, Nina Simone e la sua canzone The other woman.
Leggo del sedicesimo secoloe aspetto che salga gorgogliando il caffèmentre Nina Simone canta dell’altradonna. È novembre,è mattina e il buiofuori come una cinta montuosaLei canta dell’altra donnache si addormenta piangendomentre il buio diventa una cinta montuosanel suo petto. (p. 87)
Gli occhi del poeta guardano con compassione episodi truci della storia contemporanea: i naufragi dei migranti presso le coste italiane, gli attentati del terrorismo internazionale, l’intolleranza etnica e religiosa.
Ci vorrebbe un nuovo genere umano.
Le politiche ambientaliste sono state tardive e insufficienti, le azioni degli Stati volte a garantire la pace e la dignità umana sono paralizzate. Il pensiero va ai bambini con gli occhi spalancati sul mondo, lo zaino sulle spalle e il futuro che tornano più volte nelle poesie di Stefánsson. Il binomio vita-morte coinvolge nel suo vortice tante tematiche di notevole importanza: il poeta si fa portavoce dei disagi, delle ansie, dell’incomunicabilità dei nuovi tempi. Chiuso in una piccola stanza vede e sente il mondo brulicare attorno a sé, ma affida alla poesia tutto ciò che vuole dire ai vivi e… anche ai morti. Nell’al di là, infatti, sembra che la poesia sia particolarmente attesa e apprezzata, perché la sua voce è quella più adatta all’eternità.
La poesiaè l’unico testo che i mortiriescono a leggere, l’unico che arrivadi là, e per questoi poetisono le celebrità dell’eterno, lascia perderele stelle del cinema, lascia perdere i potenti,i leader, i campioni sportivi,il loro ascendente si ferma alla mortedove i poeti hanno appena iniziato […]. (p.143)
Marianna Inserra
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