Il profumo delle foreste
di Dominique Roques
Feltrinelli, 7 novembre 2023
Traduzione di Lucia Visonà
pp. 192
€ 19,00 (cartaceo)
€ 11,99 (eBook)
Come per gli animali e gli oceani, anche le foreste mettono in luce le contraddizioni della nostra civiltà che giustifica la deforestazione adducendo la necessità di nutrire, trasportare e scaldare otto miliardi di esseri umani. Cinquemila anni dopo l’invenzione delle asce, non siamo ancora riusciti a risolvere tale paradosso. Da una parte siamo consapevoli del declino di questo insostituibile serbatoio di vita, dall’altro continuiamo insaziabili a richiedere legname e terre da coltivare. (p. 15)
Avete mai sentito parlare di alberi alti centinaia di metri, con un fusto che può arrivare a superare i sette metri di diametro? E di alberi all’apparenza ordinari, ma che nascondono al proprio interno un tesoro colorato di sfumature blu che neppure il più bel mare dei tropici riesce a eguagliare? Per non parlare del loro profumo: chi riesce, se non un esperto sourceur, ossia un cercatore di essenze, a concretizzare con le giuste parole, in modo pieno, il meraviglioso aroma che ogni albero è in grado di sprigionare?
Chi ha avuto la fortuna di vivere in aree rurali sicuramente ha del verde che colora il patrimonio dei suoi ricordi più vividi e cari: la presenza di un albero. Non è tuttavia scontato avere la natura all’orizzonte della propria vita quotidiana, poiché i più vivono nel caos delle città, dove spesso l’unico spazio verde è quello angusto e artificiale di un parco.
Il racconto di Roques è proprio quello di chi ha avuto il privilegio di vivere, respirare il verde degli alberi e il profumo dei boschi nelle varie stagioni, a diverse latitudini.
Figlio di un taglialegna, di un «ingegnere del legno» (p. 109) - è con questo termine che ama ricordare suo padre - anche Dominique Roques, oggi uno dei più importanti cercatori di essenze e fragranze per le migliori case di profumi, ha seguito le orme del padre legando la sua vita a quella degli alberi, creature di straordinaria bellezza, ma di uguale fragilità.
Per alcuni anni mi sono occupato dell’approvvigionamento di ogni sorta di legname per alimentare impianti di riscaldamento ovunque in Francia. Segatura, cortecce, sterpaglie, scarti delle segherie, tutto poteva essere utile. […] È stata la fornitura di aghi di pino per un impianto di riscaldamento a Bordeaux a favorire il mio incontro con gli oli essenziali. Nella foresta di Landes, alcuni pionieri dello sviluppo sostenibile avevano iniziato, ispirandosi ai produttori di essenze di conifere del Québec, a distillare aghi di pino marittimo e di ginepro. […] L’idea di estrarre il profumo della foresta dava di colpo un senso a ciò che avevo scoperto e amato in tutti quegli anni passati nei boschi, così decisi di lavorare con loro. Lasciai la motosega per scoprire i mestieri legati alla produzione di essenze, poi sono diventato cacciatore di estratti naturali per la profumeria. (pp. 45-46)
In questo libro l’autore ci prende per mano e ci accompagna in un viaggio fatto di ricordi, di profumi resinosi, di oli essenziali e di colori, ma soprattutto di ineguagliabile passione verso la natura e gli alberi, questi meravigliosi esseri viventi che uniscono il cielo alla terra in un legame che si perde nella notte dei tempi. E anche la storia dei primi passi verso la deforestazione, nonostante l’iniziale impatto ambientale ancora quasi nullo, si perde nelle nebbie del passato remoto.
L’approccio aggressivo dell’uomo con l’albero affonda letteralmente le proprie radici nel racconto in lingua sumerica scritto a caratteri cuneiformi, l’Epopea di Gilgamesh, una delle più antiche testimonianze di letteratura della storia dell’umanità: Gilgamesh, re di Uruk, dopo aver ucciso Humbaba, guardiano della foresta dei cedri millenari, inizia ad abbattere gli alberi più imponenti. Roques ricorda che il regno di Uruk si colloca nell’età del bronzo, quando vennero costruite le prime asce e distrutta la pacifica convivenza uomo-foresta, un equilibrio delicato, ma fino ad allora protetto. Seguendo i principali eventi che hanno segnato la storia del progresso tecnologico umano, l’autore ci fa notare quanto sia stata determinante la presenza degli alberi per la produzione del legno e del carbone vegetale, poi della gomma naturale, oltre che di resine, tannino, oli essenziali per uso profumiero o farmacologico. Le foreste sono miniere di tesori che abbiamo considerato erroneamente inesauribili a partire proprio dall’età del bronzo. Nel corso di questo viaggio avventuroso e arricchente Roques, con un entusiasmo che si sente palpitare dalle pagine e con una voce che getta un incantesimo sul lettore, ci racconterà della sua esperienza durante diversi viaggi in variegate aree del pianeta alla ricerca di specie arboree miracolose e straordinarie e terrà fede alla parola data all’inizio: un modo per stabilire un equilibrio e la pace tra l’uomo e la natura c’è e qualche Stato illuminato si è già mosso nella direzione giusta, ma è necessario ancora il contributo di tutti.
Boscaiolo e cercatore di profumi, questi due percorsi così divergenti sono diventati per me complementari, accompagnando il mio viaggio nelle foreste e permettendomi di osservare da vicino il destino degli alberi. Ho imparato che è possibile abbattere gli alberi e allo stesso tempo voler proteggere e salvare le foreste, essere boscaioli responsabili e impegnarsi a ripiantare gli alberi. Nel corso degli anni ho anche scoperto che il profumo è un filo conduttore nella storia delle foreste. (p. 49)
A volte si tratta di un profumo leggero e delicato, come quello dei faggi delle foreste temperate o delle sequoie dei tropici, a volte è intenso come l’oud asiatico, un’essenza molto apprezzata in profumeria, frutto dell’Aquilaria. L’albero è una creatura generosissima, come si evince da questa lettura, vivo o abbattuto, lascia sempre la sua essenza e ogni sua parte presenta diversi utilizzi per l’essere umano, sempre bisognoso di risorse naturali.
L’albero da cui comincia il viaggio, vero simbolo della foresta primordiale e delle essenze vegetali, è il maestoso cedro del Libano, che, avverte Roques, non va assolutamente confuso con altre specie di cedri disseminate in altri luoghi della terra: il cedro libanese ha un profumo più intenso, inconfondibile e caratteristico. A causa della versatilità e resistenza del suo legno, utilizzato in antichità anche per sostenere i templi e santuari e per costruire imbarcazioni e mobili degni di un faraone, oltre che del suo meraviglioso aroma, il cedro è stato l’albero con cui è iniziata l’epoca del disboscamento nella storia dell’umanità. Dell’immensa foresta di cedri che si estendeva fino alla Siria, attualmente è rimasto qualche sparuto esemplare sulla catena montuosa del Tauro, in Turchia. «Oggi in Libano resta meno del due percento della foresta primaria» (p. 54) e bisogna anche stare attenti alla datazione dei cedri superstiti, dal momento che, spesso, quelle più remote vengono contestate, poiché considerate identitarie e non scientifiche. Tenendo conto delle qualità straordinarie del cedro del Libano si spiega come mai quella foresta millenaria sia stata depredata con tanta aggressività:
Alla bellezza particolare si aggiungono una longevità incredibile e un legno leggero, facile da lavorare, pressoché imputrescibile. Il cedro è capace di sfidare il tempo perché ricco di resina e composti aromatici, elementi che gli conferiscono un profumo intenso e seducente. Signore della foresta, in grado di raggiungere oltre quarantacinque metri di altezza, regna sulle altre piante. (p. 56)
Dal Libano il viaggio prosegue, accompagnato da ricordi interessanti, raccontati con maestria, verso le aree europee ricoperte dai faggi: in queste pagine l’autore ci racconta l’affascinante storia dei
carbonai, della produzione del carbone vegetale, delle selve di faggi, sentinelle delle foreste, offrendoci anche qualche interessante spunto letterario in merito a questi alberi, come
Un re senza distrazioni di Jean Giono. Ci sposteremo ai tropici ad ammirare le colossali sequoie dell’Humboldt Redwoods State Park della California, scopriremo il coloratissimo
guaiaco del
palo santo nella grande riserva paraguayana di Chaco «
una foresta primaria secca, un mosaico di boschi, savane, paludi». (p. 143)
Il palo santo esternamente sembra un albero ordinario, ma dentro offre un tesoro spettacolare:
[…] un legno incredibile, di una densità unica, di un blu intenso sotto la corteccia grigia, impregnato di un profumo inebriante, caldo, sontuosamente legnoso. Costretta a durissime condizioni di vita, la natura del Chaco ha inventato una pianta meravigliosa in cui si concentra il frutto della resistenza di questa foresta. (p. 166)
L’opera si conclude con una riflessione su come arginare il fenomeno della deforestazione, proteggere in maniera sicura e consapevole i polmoni dell’umanità, i loro tesori, la loro biodiversità, ricordandoci però che i tempi di ripresa della natura, confrontati ai nostri, legati all’istantaneo e all’immediato, hanno a che vedere con l’eternità.
In questo libro ho voluto raccontare la storia degli alberi e di come vengono sfruttati, condividere il ricordo dell’incontro con alcune foreste eccezionali, evocare la fragilità di questi ecosistemi e l’urgenza di agire. Voglio sottolineare anche che è necessario credere a una possibile riconciliazione tra alberi e uomini. (p. 15)
Marianna Inserra