di Giovanni Comisso
La Nave di Teseo, novembre 2023
Nota di Nicola De Cilia
Testi di Oreste del Buono, Giuseppe Prezzolini, Giuliano Gramigna, Filiberto Mazzoleni
Era un giovane selvatico, durante la guerra si era rifugiato nei boschi dove passava da una casa all'altra, chiedendo da dormire nel fienile e ottenendo qualcosa da mangiare in cambio delle storie che sapeva raccontare alla sera nella stalla. Si sapeva rendere simpatico con gli indovinelli, con i giochi di prestigio fatti con le carte e nessuno gli rifiutava l'ospitalità. (p. 44)
Tra le due guerre, nel paesino di Avien nel trevigiano, torna l'energico e intransigente don Fulvio, che si prefigge di riportare sulla retta via gli abitanti che, nel corso degli anni della guerra, avevano abbandonato la fede. Il suo bussare di casa in casa e richiamare le anime alla messa non fa però breccia in tutti: a osteggiare la sua crociata personale c'è Cribol, il cui soprannome deriva dall'unione tra Cristo e Diavolo, quasi una bestemmia che il ragazzo esclama con forza quando perde al gioco. Anche davanti a espliciti solleciti da parte di don Fulvio, Cribol rifiuta di avvicinarsi alla Chiesa:
Sapeva che uomini molto più importanti di lui, imperatori, filosofi, uomini politici e di scienza dopo anni e atti di inimicizia con la Chiesa erano giunti a un determinato limite per crollare e si erano inchinati. Per lui non era ancora giunto quel momento e lo pregava di non insistere e di saperlo comprendere. Egli era un uomo libero e non poteva subire la volontà degli altri. (p. 74)
Allora Don Fulvio si mette in testa che quel ragazzo, capace di sopravvivere grazie a espedienti e alla sua scaltrezza, sia una sorta di incarnazione del demonio, come gli testimonierebbe il suo aspetto fisico, a cominciare dalla gamba anchilosata che lo costringe a zoppicare («Certi momenti se pensava che il demonio potesse avere un volto, quel volto doveva essere come quello di Cribol con lo sguardo quasi ardente e roteante», p. 61).
Più che un diavolo, a noi lettori Cribol appare come un satiro, mosso dai suoi istinti, da una notevole fame sessuale e da un legame molto stretto con la natura, che ha un ruolo importante all'interno della vicenda. A renderlo invece dannatamente umano c'è anzitutto il suo desiderio di arricchirsi, che lo porta a volersi mettere con Isabella, una giovane donna molto intraprendente, un'imprenditrice in erba, capace di far fiorire la sua osteria e di rientrare molto in fretta delle spese affrontate. La loro è una specie di associazione d'affari per costruirsi un piccolo impero borghese: Cribol trova un modo per rendersi indispensabile e presto capisce che non gli basta avere un tetto sopra la testa per sé e per sua sorella Marta, diventata braccio destro di Isabella.
Sono altri i desideri che lo spingono a corteggiare a dir poco esplicitamente e a sedurre una contadina adolescente, tenendo tutto nascosto a Isabella e a Marta («Come sapeva ingannare quella gente al gioco delle carte, così la avrebbe ingannata in quello di una sua vita segreta», p. 84). Oppure a scappare nella campagna e nel bosco, dove si intrattiene con una bellissima zingara in una capanna, in cambio di cibo. Eppure la sorte sembra farsi beffe di Cribol, che viene colpito dall'impotenza sessuale, forse conseguenza del suo diabete. Disposto a tutto per recuperare la sua virilità, fondamentale per uno spirito libero e sensuale come lui, Cribol crede persino al rimedio stravagante propostogli da un pastore: acquisire del seme umano di giovani prestanti, direttamente alla fonte.
Tra un inganno e un adescamento, Cribol cerca di conseguire il suo obiettivo, ma da lontano, dalla propria finestra, don Fulvio controlla con un cannocchiale i movimenti di quel satana ai suoi occhi deforme nel corpo e ancor più nello spirito. Se possiamo solo immaginare quali saranno le conseguenze di questa scoperta, dall'altro noi lettori sorridiamo, perché nessuno in questo breve romanzo è davvero innocente. Forse solo Isabella si salva davvero, perché nei momenti più difficili per Cribol, la donna scoprirà di provare una forma d'amore per lui, l'amore che viene generato dalla pietà.
Non ha invece pietà Comisso verso i suoi personaggi, per cui immagina un'evoluzione degli eventi stravagante, con colpi di teatro che potrebbero suonare come punizione o rivalsa, se solo esistesse una morale all'interno dell'opera. Occorre però tenersi lontani dalla tentazione di vedere in Cribol un romanzo in cui Bene e Male si contrappongono nettamente: è più la commistione dei due, talvolta non marcatamente dichiarata né riconoscibile, a rendere godibile ancora oggi quest'opera insolita, originale, dal respiro simile a quello di un mito, ma con tutta la sobria narrazione a cui Comisso ha abituato i lettori.
Ultimo romanzo, pubblicato da Longanesi dopo aver persino consultato un avvocato, Cribol è stato a lungo considerato un romanzo breve dalla «materia assai difficile e scabrosa» (come sostiene Prezzolini in un articolo apparso sul «Resto del Carlino» del 6 maggio 1964 e riproposto nell'appendice critica di questa edizione). Molti rivedono nel protagonista una proiezione di istanze e pulsioni dell'autore. Difficile a dirsi. In ogni caso si può leggere questa storia anche solo per curiosità stilistica, perché Comisso sceglie di non scrivere dialoghi né di soffermarsi a lungo sui dettagli. Anzi, la prima parte ha un'asciuttezza sintattica al limite della correttezza, dal momento che viene levato tutto ciò che non appare fondamentale alla struttura frasale. Anche la punteggiatura segue più lo stile di Comisso che le regole della grammatica, mentre il lessico fa proprie parole della classicità frammiste ad altre - la maggior parte - tratte dalla lingua dell'uso.
Pur non essendo certo il primo titolo che consiglierei di leggere per scoprire l'autore, Cribol è una prova che assomiglia più allo stile di Comisso che a quanto andava di moda nel mercato editoriale degli anni Sessanta. Ed è forse con questo spirito che ci si può immergere con giocosa ironia in questa nuova edizione, provvista di pagine critiche interessanti, alcune di oggi e altre a ridosso dell'uscita, nel 1964.
GMGhioni