La festa dei morti
di Emma Dante
la Nave di Teseo O, dicembre 2023
Illustrazioni di Maria Cristina Costa
pp. 144
€ 22 (cartaceo)
€ 22 (cartaceo)
€ 11,99 (e-book)
Emma Dante, drammaturga e regista palermitana, da molto tempo studia e lavora sul testo di Giambattista Basile, Lo cunto de li cunti, per i suoi spettacoli teatrali, aggiornando, reinterpretando e rendendo più contemporanei il linguaggio originale e le tematiche del cosiddetto "racconto dei racconti".
Lo cunto de li cunti è una raccolta di cinquanta fiabe scritte in dialetto napoletano e raccontate da dieci narratrici in cinque giorni (ecco perché è conosciuto anche come Pentamerone).
Emma Dante ne sceglie tre tra le più belle, La scortecata, Pupo di zucchero, Re Chicchinella, e le rinomina, le parafrasa, le ammorbidisce, rendendo le storie ancora più divertenti, irriverenti e profonde.
La scortecata è la storia di due sorelle molto anziane: la prima volta che le ho conosciute è stato tramite il film Il racconto dei racconti di Matteo Garrone, adattamento cinematografico del testo di Basile. Il terzo episodio, chiamato appunto Le due vecchie, metteva in scena proprio la storia del racconto numero dieci della prima giornata, La vecchia scortecata, ovvero la storia di due povere vecchie chiuse dentro a una stamberga; della voce di una di loro si innamorerà il Re, ma come fare per presentarsi al suo cospetto? Il Re crede che la vecchia sia una fanciulla bella e vergine. Inizia così tutta una serie di drammi e sotterfugi per risolvere la situazione.
Pupo di zucchero invece mette in scena una rivisitazione di Smalto Splendente, il terzo racconto della quinta giornata de Lo cunto de li cunti: nella versione di Emma Dante, che ne ha fatto anche uno spettacolo teatrale (come anche per gli altri due racconti del testo), il protagonista è un vecchio che impasta un pupo di zucchero con una pagnotta che non vuole lievitare e nel frattempo tutti i suoi parenti morti, la mamma francese, la zia, il papà marinaio, rivivono attraverso i suoi ricordi. Qui, in questo racconto, si incrociano meglio l'appartenenza dell'autrice alla terra siciliana e l'importanza delle anime dei morti, le cosiddette "anime pezzentelle", celebrate a Napoli.
Il terzo e ultimo racconto, Re Chicchinella, prende sicuramente spunto dalla favola di Esopo, La gallina dalle uova d'oro, e reinterpreta la storia di Re Carlo D'Angiò tormentato da una gallina dalle uova d'oro incastrata nel suo regale deretano. Il Re si rifiuta di mangiare perché così la corte non avrà alcun uovo, metafora dell'ingordigia e dell'avarizia di parenti e amici che non pensano al benessere del Re ma solo a ingozzarlo per costringere la gallina a covare tesori.
Le illustrazioni di Maria Cristina Costa sono straordinarie.
Le tre favole, scritte totalmente in dialetto napoletano, fanno ridere, commuovere, riflettere. Nonostante alcuni passaggi siano più macchinosi per via di alcune parole in disuso o un poco più complicate da tradurre, il flusso è scorrevole, e si coglie perfettamente la morale dietro ognuna di esse.
Come dicevo, tutte e tre le favole reinterpretate da Emma Dante sono diventate anche spettacoli teatrali.
Lo consiglio a chi ama Basile, il teatro e le favole divertenti con una fortissima irriverenza.
Deborah D'Addetta