Feltrinelli, 14 novembre 2023
Era entrata nella sua vita la notte della Mezquita. Viciuzza vagava per il quartiere incapace di orientarsi, lei l’aveva accompagnata a casa. Da quel momento era iniziata la loro amicizia. Rosalia era una ragazza bellissima, con lunghi capelli che splendevano come fili d’oro, la pelle bianca, trasparente che nemmeno il marmo delle statue, gli occhi turchesi. Arrivava preceduta da una scia iridescente e da un intenso profumo di rosa. (p. 23)
I suoi confratelli erano passati da un atteggiamento francamente ostile a una manifesta indifferenza. Lo ignoravano apertamente, evitavano di rivolgergli la parola. Gli pareva di essere diventato trasparente. Calunnie e isolamento sono le armi preferite dai palermitani per uccidere senza spargimento di sangue. (p. 87)
Eccoci qua”, urlò allegramente.“Shhh, non svegliare la bambina,” la zittì Mano sinistra.L’altra portò entrambe le mani alla bocca per tapparla, sorrideva divertita. Erano così diverse. L’una ridanciana, e con un esasperante ottimismo che rasentava la negazione della realtà, l’altra riservata e con un senso tragico della vita; avevano in comune solo l’affetto per la bambina. (p. 75)
I piatti tipici della tradizione palermitana, i detti, la saggezza della gente umile così come negli altri libri di Torregrossa, non potevano mancare in un libro che è il ritorno della scrittrice a due anni da Il contrario (Feltrinelli, 2021): santa Rosalia, col profumo delle rose che l’accompagna nelle apparizioni, è simbolo di Palermo e della forza delle donne. È lei che accorre invocata dalle povere vittime di violenza, dalle madri in crisi, dalle vedove, sbaragliando le ben quattro sante che pure per tanto tempo proteggevano la città: Santa Cristina, Santa Ninfa, Santa Oliva e Sant’Agata (che passerà poi a Catania). La narrazione è in terza persona e Torregrossa, voce narrante complice insieme a santa Rosalia dei piccoli miracoli in favore di Viciuzza, lascia trapelare compassionevole empatia nei confronti delle donne più sfortunate della storia.
I personaggi, tenendo conto della brevità del romanzo, vengono comunque ben caratterizzati con pochi colpi di penna: Viciuzza, accolta dalla celebre pittrice, fiorirà scoprendo la propria femminilità; la stessa Sofonisba è ritratta nella sua magrezza e nell’immensa bontà d’animo tutta riversa sulle due povere creature che accoglie; padre Cascini corre qui e là nonostante il terribile problema renale che gli blocca a volte i movimenti. Su tutti loro aleggia la misteriosa ragazza che aiuta i poveri, che appare all’improvviso e rende la vista ai ciechi, i neonati alle loro madri disperate e consiglia le donne sole.
“Ma perché proprio Rosalia?” Chiese l’arcivescovo all’improvviso. Le sante e le Madonne abbondavano e lui non riusciva a darsi una spiegazione dell’attaccamento che le donne di Palermo mostravano per la Santuzza. “Perché ha scelto lei come vivere la sua vita e a noi parla di libertà. […] Si è opposta al matrimonio con Baldovino, ha vissuto come voleva, perciò la amiamo, perché è un esempio, una speranza. Pure per noi prima o poi le cose dovranno cambiare. (p. 220)
Marianna Inserra