Rappresentata per la prima volta nel 1668, L'avaro è una commedia che ha un legame evidentissimo con l'opera plautina: dal modello dell'Aulularia, infatti, Molière riprende tanto, eppure trova un modo tutto suo per portare in scena la sua epoca, con le sue ossessioni e qualche colpo di scena decisamente degno di un grande scrittore di teatro. Andiamo a vedere cosa rende quest'opera ancora molto piacevole.
«MA IL GUAIO, IN TUTTO QUESTO, È CHE VOSTRO PADRE È VOSTRO PADRE».
L'avaro del titolo, Arpagone, ha due figli: Elisa e Cleante. Rimasto vedovo, non fa che pensare ad accumulare denaro, senza mai rendere noto ai figli quale sia il reale ammontare dei suoi averi, soprattutto perché Cleante, prodigo e godereccio com'è, si spenderebbe tutto quanto addosso. Il ritornello della vita del protagonista è: guadagnare, lamentarsi per avere poco denaro e diffidare di tutti. La commedia si anima a partire da un doppio innamoramento: Elisa è innamorata di Valerio, mentre Cleante ama Mariana. In entrambi i casi, è difficile, se non impossibile affrontare l'argomento del matrimonio con Arpagone, perché manca l'elemento fondamentale per pensare a un matrimonio: non l'amore, ma i soldi.
«S'È MAI VISTA UNA FIGLIA PARLARE A QUESTO MODO A SUO PADRE?». «E SI È MAI VISTO UN PADRE MARITARE A QUESTO MODO SUA FIGLIA?».
Certamente Elisa è più combattiva rispetto al fratello: sa che non può andare incontro a un matrimonio felice senza il placet di suo padre, ma fa di tutto per rifiutare l'idea di Arpagone di farle sposare quella sera stessa un uomo molto più vecchio, Anselmo, giusto perché è disinteressato alla dote. Il padrone di casa, d'altra parte, non sa che Valerio, pur di stare vicino a Elisa e trovare il modo migliore per sposarla, si è fatto assumere come dipendente: ecco perché riverisce in tutto e per tutto Arpagone. Anzi, quando il padrone di casa chiede il suo giudizio sulle nozze di Elisa con Anselmo, Valerio non si oppone strenuamente come ci si aspetterebbe. Prova a ribattere con furbizia alle argomentazioni dell'avaro, ma è difficile, perché a ogni rimostranza del ragazzo, Arpagone risponde con un “senza dote”, che dovrebbe sbaragliare - in un ritornello ossessivo, che suscita via via il riso del pubblico - qualsiasi possibile resistenza da parte di Elisa.
«TUTTO È RACCHIUSO IN QUESTO "SENZA DOTE"».
Che fare? Di sicuro Molière non crea personaggi rinunciatari. Semmai Valerio dovrà usare un po' di furbizia, proprio come fa Cleante, fin dal principio. Il ragazzo sa che il padre non vorrà mai fargli sposare Mariana, perché priva di denari e, orfana di padre, campa a stento insieme a sua madre. Ciò che però non può sapere è che, per un gioco della sorte come ne accadono spesso nelle commedie comiche, il padre ha proprio pensato di sposarsi con... Mariana! Come vuole la tradizione di Plauto, il padre di famiglia è spesso un prepotente che vuole far propria la giovane di cui è innamorato il figlio. Padre e figlio si trovano così a essere rivali in amore, ma sappiamo bene che questa contrapposizione vede solitamente trionfare i giovani.
«VI DIRÒ, PADRE MIO: MI AFFIDO AL GIOCO; E POICHÈ SONO FORTUNATO, MI METTO ADDOSSO TUTTO IL DENARO CHE VINCO».
Cleante, d'altra parte, è proprio un personaggio opposto al padre: quando viene a sapere che Mariana potrebbe diventare la sua futura matrigna, non si perde d'animo e pensa di usare l'astuzia, colpendo il padre proprio su quanto ha di più caro. Meglio non rivelare come, ma il denaro rappresenta anche in questo caso un elemento determinante per risolvere la questione in un lieto fine, come ci si aspetta da ogni commedia.
... DOVUNQUE CI SI PRENDE GIOCO DI VOI
Anche i personaggi secondari contribuiscono fortemente allo scioglimento della vicenda, spesso prendendosi gioco dei padroni: ne sono esempi il mediatore Mastro Simone e la faccendiera Frosina, entrambi impegnati a favorire le nozze dei due ragazzi, ai danni del padre avaro. A loro potremmo aggiungere i servitori, fin dai tempi più antichi incaricati di provocare l'ilarità degli spettatori, e tra loro è particolarmente memorabile Mastro Giacomo, al tempo stesso cuoco e cocchiere di Arpagone, perché non sia mai che il capofamiglia non cerchi di risparmiare su qualsiasi cosa!
AGNIZIONI, EQUIVOCI E COLPI DI SCENA AL SERVIZIO DELL'IRONIA
Le scoperte e gli imprevisti sono due degli escamotage narrativi più forti nella commedia: Molière, omaggiando la tradizione e innovandola con qualche trovata originale, riesce a tirare fuori i giusti assi dalla propria manica (già piena di esperienza), per cui alla fine i dissidi familiari si possono ricomporre, in vista di un lieto fine. Un lieto fine che, manco a dirlo, non vede cambiamenti nel personaggio di Arpagone, destinato a restare irrecuperabile nella sua avarizia. Eppure è proprio lui a essere il personaggio di maggior spessore: diventano memorabili i suoi rovelli esagerati, i tentativi di guadagno o di risparmio, le mille scuse per non pagare, che suscitano risa da parte del pubblico. In fondo, tali comportamenti sono specchio di un'aridità e di un egoismo spiccati, senza possibilità di redenzione. Né Molière avrebbe voluto altrimenti.
GMGhioni
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